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Dal buio alla luce, è un viaggio di emozioni quello che offre la mostra dedicata a “Gaetano Previati. Tra simbolismo e futurismo”, in corso nel Castello estense di Ferrara fino al 7 giugno 2020. L’esposizione di un un’ottantina di opere del pittore ferrarese (1852-1920), schizzi e documenti consente di partire dalle atmosfere fumose, scure e allucinate che rievocano il clima della poesia maledettista per arrivare fino alle visioni ampie e solari, dove la luce spazza via il decadentismo romantico e apre i quadri a un’atmosfera piena d’aria e chiarore.
Sala dopo sala, si percorre il cammino di un grande interprete dell’evoluzione artistica che contraddistingue la fine del 1800 e l’inizio del ‘900, attento a rendere stati d’animo e atmosfere in uno stile tutto personale. Grazie all’uso sapiente della tecnica del divisionismo, traghettata in Italia dall’avvento dell’Impressionismo, Previati assorbe le nuove tendenze artistiche che contraddistinguono il periodo storico in cui vive e le fa sue riuscendo anche ad anticipare quella ricerca di dinamismo, movimento e voglia di uscire dal limite imposto dal quadro che porterà poi alla nascita del Futurismo. Non è un caso, infatti, che la sua arte venga tanto apprezzata dal giovane Umberto Boccioni (1882-1916), esponente di spicco del movimento futurista.

“La ferrovia del Pacifico” di Gaetano Previati, 1914-16

Nato Ferrara il 31 agosto 1852 e morto in Liguria (a Lavagna) il 21 giugno 1920, Previati ventenne si trasferisce a Milano per studiare all’Accademia di belle arti di Brera e qui conosce e frequenta gli ambienti della Scapigliatura, che imprimono nel suo stile un carattere di anticonformismo e ribellione, non estraneo inizialmente anche all’attrazione per la trasgressione e al fascino per l’irregolarità e la perdizione. Il colore nero e le terre scure dominano la tavolozza giovanile di Previati, che realizza opere già molto caratterizzate da un segno originale e dalla capacità di avvolgere lo scenario in un involucro suggestivo e, in questa fase, più fosco. Ecco allora le tele con le trasgressive “Fumatrici di oppio” dipinte dall’artista trentenne (1887), ma anche una “Prima comunione” (1884) assolutamente fuori dai canoni, dove la partecipazione delle ragazzine che si accostano per la prima volta al sacramento eucaristico prende toni esoterici di iniziazione.

“Fumatrice di oppio” di Gaetano Previati, bozzetto, 1887
“Hashish o Fumatrici di oppio”, olio su tela, Galleria di arte moderna di Piacenza, 1887

Il cambiamento di rotta e di toni avviene nella piena maturità, a 37 anni, quando Previati dipinge il quadro “Nel prato” (1889-90), non a caso inizialmente intitolato “Pace”. In una lettera, spedita al fratello proprio durante l’esecuzione di questo olio su tela, è lui stesso a dichiarare: “È il mio primo tentativo della tecnica nuova della spezzatura del colore, una tecnica che dà l’impressione di una maggiore intensità di luce”. In scena – come lui stesso spiega in quella lettera – ci sono “una mamma con due bambini su un praticello smaltato di fresca verzura. Nella composizione c’è qualche tendenza al giapponesismo e un sentimento di quiete e di semplicità che mi pare giustifichi il titolo: Pace”.

“Nel Prato (o Pace)” di Gaetano Previati, 1889-90

L’opera ha molte affinità con la “Promenade” che Claude Monet ha dipinto (1875) e con le successive versioni di “Donna con parasole” che l’artista impressionista francese dipinge oltralpe quasi negli stessi anni (1886). Scena analoga si ritrova anche nell’olio su tavola “Tra le spighe di grano” (1873) di Giuseppe De Nittis che addirittura precede Monet, e che si può vedere nella mostra dedicata a De Nittis [clicca sul link per leggere la recensione della mostra ai Diamanti] in questo stesso periodo a Ferrara fino al 13 aprile 2020 a Palazzo dei Diamanti.

“Tra le spighe di grano” di Giuseppe De Nittis, 1873, in mostra a Palazzo dei Diamanti di Ferrara fino al 13 aprile 2020

“Il colore sulla tela dipinta da Previati – fa notare la curatrice della mostra ferrarese Chiara Vorrasi – è disposto a trattini in modo che produca maggiore luminosità e anche il riferimento al Giapponismo, che è elemento fondamentale per l’Impressionismo, dimostra la consapevolezza del nuovo clima artistico in cui si cala. Attraverso il divisionismo e l’intensificazione luminosa, l’artista individua la possibilità di interagire con l’emotività dello spettatore”. Il traguardo a cui Previati arriva è quello di “acquisire e fare sua la cifra distintiva di una pennellata capace di evocare un sentimento, uno stato d’animo o delle visioni trascendenti”.

La tela “Nel prato” esposta nella mostra ferrarese dedicata a Gaetano Previati (foto GioM)

Significativa in questo senso l’opera “L’assunzione” (1903), esposta nella stessa sala del castello riservata al tema della ‘Suggestione luminosa’: qui la luminescenza sulla tela è ottenuta grazie a una pittura divisionista che riesce a trasmettere una sensazione illuminante con una valenza di forte spiritualità.

“L’assunzione” di Gaetano Previati, 1903, Museo dell Ottocento – Ferrara

Tanta luce ancora in una tela di grandissime dimensioni come “Armonia” (1908) nella sala delle opere dedicate a ‘L’ispirazione musicale’: un olio su tela di oltre 1 metro e mezzo di altezza per più di 4 metri e mezzo di lunghezza, dove la luce imprime un ritmo circolare che si diffonde per tutta l’opera, assimilandola all’onda sonora.

La tela “Armonia” nell’esposizione ferrarese dedicata a Gaetano Previati (foto GioM)

“Luce e musica – spiega la curatrice – sono per l’artista forme vitali che permeano il creato; il colore viene usato come accordo e la linea come melodia. La sua idea è quella di trasmettere una sintesi di tutte le arti con le quali avvolgere lo spettatore”. Vicina a quest’opera è esposta la tela dedicata a “Paolo e Francesca” (1909): oltre due metri e mezzo di altezza per quasi altrettanti di larghezza con una forma d’onda che attraversa tutto il quadro avvolgendo i personaggi in un movimento vorticoso che può far pensare a una danza. “La passione – spiega la Vorrasi – produce un dinamismo potente e dinamico e la stortura verticale fa procedere il vortice all’infinito. Previati qui lavora a fluidificare le forme e a dare densità allo sfondo. Annulla la separazione tra soggetto e sfondo come accademia  in certe opere di Munch e in ‘Acqua mossa’ di Klimt”.

“Paolo e Francesca” di Gaetano Previati, 1909

Un altro elemento che Previati fa suo e che è da ricondurre all’arte giapponese è quello della composizione asimmetrica, innovativa rispetto ai canoni della tradizione accademica, e legato proprio all’arte orientale. Significativo in questo senso un disegno come “Discesa nel Maelström” (1888-90) che illustra l’omonimo racconto di Edgar Allan Poe.

“Discesa nel Maelström” di Gaetano Previati, carboncino su carta, 1888-90

Il taglio inusuale rievoca il motivo dinamico e spiraloide della “Grande onda” di Hokusai e restituisce la sensazione di terrore che coinvolge il protagonista risucchiato verso il basso.

“Ugo dona una rosa a Parisina”, 1901, matita su cartoncino (Bper)
“Il ritorno dalla caccia”, 1901, matita su cartoncino (Bper)
“Morte di Parisina”, 1901, matita su cartoncino (Bper)

Molto interessanti anche i disegni dedicati alla straziante vicenda di Ugo e Parisina, realizzati a matita nera su cartoncino (1901). “Non sono illustrazioni – fa notare la Vorrasi – ma scene concepite per essere proiettate a corredo dell’ascolto della musica e dei testi di un melologo dedicato a questo celebre e tragico amore con testi di Domenico Tumiati e musiche di Vittore Veneziani. Proprio alle musiche di Veneziani sarà dedicato un concerto in programma venerdì 27 marzo 2020 dalle 18 alle 20 in Castello a cura del Conservatorio”.

“Tra simbolismo e futurismo . Gaetano Previati”, Castello Estense, largo Castello 1, Ferrara – dal 9 febbraio al 7 giugno 2020, ore 9.30-17.30 con ultimo ingresso alle 16.45, chiuso il lunedì

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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