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Ferrara film corto festival

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I racconti ci assomigliano molto. Come quelli di Carlo Tassi

Il genere racconto non gode in Italia di grande fortuna: vuoi mettere “il peso” di un romanzo di 600 pagine? Altrove, penso agli Stati Uniti o all’Argentina, i racconti sono invece merce prelibata, Un autore di racconti (solo di racconti) può raggiungere le vette delle classifiche e può diventare un “classico”. Gli esempi si sprecano: Poe, Carver, Hemingway, Borges, Cortazar… In Italia si arriva al punto di presentare una raccolta di racconti sotto la forma di romanzo. “Se questo è un uomo” di Primo Levi non è un romanzo, sono racconti in una medesima unità di tempo e di spazio. In realtà. un grandissimo autore come Primo Levi ha scritto solo racconti, la stessa cosa si può dire per Italo Calvino.

Ma la mia frequentazione e il mio amore per il genere racconto mi porterebbero lontano. Qui serve a dire che i racconti, anche i racconti di Carlo Tassi, vanno presi sul serio, letti e gustati fino in fondo.  Perché è in fondo, nel finale, che molto spesso si svela il meccanismo a orologeria che sta alla base di tanti racconti.

Carlo Tassi, che con troppa modestia ama definirsi “un architetto mancato”, scrive splendidi racconti, ma è anche uno straordinario disegnatore e illustratore. Ne fanno fede alcune immagini che illustrano questo articolo e che ho rubato dal suo archivio privato che mostra solo agli amici. Da anni Carlo è redattore ed apprezzato autore di Periscopio, sotto il suo nome potete trovare i suoi articoli, i suoi racconti, le sue vignette satiriche.

Carlo Tassi scrive quasi sempre racconti brevi. Sono, credo, i più difficili. Occorre unire la fantasia dell’invenzione con la costruzione di un meccanismo narrativo perfetto, dove l’incipit si apre su una scena che si riflette, e spesso si capovolge in un finale a sorpresa. Spiazzante.  I suoi sono racconti duri, cattivi, senza redenzione. Racconti notturni, onirici, come scaturiti dal sottosuolo della coscienza.

Per questa ragione – gliel’ ho detto anche a voce – il titolo del volumetto che raccoglie per la prima volta le sue prove narrative non mi trova d’accordo. Le sue sono tutt’altro che “carabattole”. Dietro c’è un grande lavoro sulla scrittura, con risultati sempre sorprendenti. Dalla lettura di questi racconti si esce un po’ diversi da come si è entrati, un po’ turbati, con qualche interrogativo in più sulla vita e la morte, e su se stessi.

Forse però, per dire di più e meglio sui racconti di Carlo Tassi, è bene lasciare la parola all’autore. Ho scelto un racconto che a me è particolarmente piaciuto. Lo trovate di seguito, appena dopo una divertente carrellata di animali fantastici usciti dalla sua penna.

Un caso di coscienza
racconto di Carlo Tassi

Il tizio è un’apoteosi di merda umana!
Capelli a spazzola biondo platino, pelle butterata e una cicatrice zigzagante tra guancia e mento, lobi anellati, collo taurino con uno scorcio di tatuaggio che corre giù sotto la maglia sudicia.
Mastica una gomma al sapor di fragola marcia e me la soffia addosso. Mi osserva sfacciato col suo feroce sguardo da ebete.
«Hai bisogno?» gli faccio.
Questo mi sorride aprendo una spelonca inguardabile con una sfilza di dentini color giallo canarino.
Mi si legge in faccia quanto mi fa schifo sto tizio, eppure ostento cortesia, falso come Giuda: «Non farti problemi, se hai bisogno dimmi»
Questo non parla e non smette di fissarmi e sorridere, con una ghigna da prendere a schiaffi e farci l’abbonamento. Così getto la maschera: «Beh, allora che vuoi che ti dica… Vaffanculo!»
Sono al limite, la trottola fotonica mi gira ormai senza controllo. Penso che se non me ne vado va a finire che lo meno, perciò alzo i tacchi e tolgo il disturbo. Tanto più che questo è un marcantonio di quasi due metri per oltre un quintale di ignoranza. Sì, meglio andare. Mi allontano dalla parte opposta quando sento una voce alle mie spalle.
«Scusa, non volevo farti incazzare»
Il tizio ha parlato finalmente!
Mi blocco e mi giro di nuovo verso di lui. La sua espressione è cambiata, ora sembra diverso, con uno sguardo tutt’altro che ebete.
Sembra che qualcosa l’abbia trasformato dandogli uno spessore che prima non aveva. O forse sono io stesso che, sentendo la sua voce, ho cambiato opinione.
Ora vedo due occhi profondi, animati da un certo non so che di pudore e incertezza che fino a un attimo prima non avrei mai sospettato. Persino quell’aspetto sgradevole fino all’insopportabile non è più tale.
Cosa sta succedendo?
«No scusa te per il vaffanculo… Ma se non vuoi che te lo ripeta mi devi dire perché sei venuto da me a fissarmi!» gli dico con una punta di rimorso.
«Beh, la verità è che non so come dirtelo»
«Dirmi cosa?»
«È difficile»
Lo guardo. La pressione mi si alza che ormai sistole e diastole sono in orbita scrotale. «Non capisco… Senti, fa lo stesso. Io me ne vado!»
«Non andare per favore!» sembra supplicare sul serio.
«Oh insomma, che cazzo vuoi?» Se non fosse così grosso gli avrei già sgrullato la faccia di schiaffi.
«Vorrei che parlassimo un po’» risponde calmo e controllato da far schifo.
«Ma di che cazzo vuoi parlare… io non ti conosco!»
«Oh… Sì che mi conosci!» insiste. Poi mi sorride di nuovo, stavolta senza aprire la fogna.
«Senti stronzo, se avessi già visto la tua faccia me la ricorderei… Fa così schifo che stanotte dovrò addormentarmi guardando il poster di Freddy Krueger per togliermela dalla mente e sperare di non avere incubi»
«In verità la vedi tutti i giorni, come adesso»
«Basta m’hai stufato!» trattengo il respiro e parto col cartone. Un ripieno di noccioline tostate a sangue per ricordarsi che se tiri la corda oltre l’orizzonte degli eventi poi questa si spezza.
Ma la manata va a sbattere contro un muro di vetro… Questo s’infrange in mille pezzi o forse più.
Mi guardo il pugno criccato di sangue, il mio sangue.
«Cazzo, lo specchio s’è rotto… Adesso sette anni di sfiga!» esclamo preso da improvviso buon umore.
Sorrido, ma è un sorriso incerto, non proprio convinto. I tagli sulla mano bruciano.

Capita, quando incontri la tua coscienza e non la riconosci.
Capita, quando questa ti parla e non la vuoi stare a sentire.

Ieri ho fatto un’altra cazzata, oggi me ne sto tranquillo e domani chissà.
La cicatrice mi fa prurito, forse domani pioverà.

 

 

 

Il volume di Carlo Tassi “Pensieri e altre carabattole” viene presentato oggi, 16 settembre alle ore 17, alla sala Agnelli della Biblioteca Ariostea. Dialogano con l’autore Sergio Gessi e Giorgia Mazzotti. Il libro è disponibile nelle migliori librerie di Ferrara.

 

Cover e illustrazioni nel testo sono di Carlo Tassi.

Per leggere gli articoli di Francesco Monini su Periscopio clicca sul nome dell’autore

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Francesco Monini

Nato a Ferrara, è innamorato del Sud (d’Italia e del Mondo) ma a Ferrara gli piace tornare. Giornalista, autore, infinito lettore. E’ stato tra i soci fondatori della cooperativa sociale “le pagine” di cui è stato presidente per tre lustri. Ha collaborato a Rocca, Linus, Cuore, il manifesto e molti altri giornali e riviste. E’ direttore responsabile di “madrugada”, trimestrale di incontri e racconti e del quotidiano online “Periscopio”. Ha tre figli di cui va ingenuamente fiero e di cui mostra le fotografie a chiunque incontra.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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