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“Prendi i soldi e scappa”: è quello che nel Regno Unito potrebbero fare migliaia di lavoratori con la riforma delle pensioni appena varata dal governo Cameron. La riforma prevede che ciascun lavoratore con 55 anni di età possa ritirare tutto il montante dei contributi previdenziali da lui versati nella propria vita lavorativa. Un quarto della somma non è tassata, mentre tre quarti sono sottoposti a tassazione ordinaria. Il governo considera la misura come uno strumento importante per attivare la spesa delle famiglie, con l’auspicio che dia un ulteriore impulso alla crescita economica. Chi ritira tutti i propri contributi non avrà più diritto ad una pensione pubblica.
Qualche commentatore, anche in Italia, ha messo l’accento sulla libertà di scegliere di cominciare una nuova vita, magari in luoghi lontani dalla vita abituale. Ma, come è stato sottolineato anche in Gran Bretagna, i lavoratori che ritireranno tutti i propri contributi correranno seri rischi di trovarsi completamente senza risorse in età avanzata. Non tutti, infatti, spenderanno i contributi pensionistici per altri investimenti con cui mantenersi durante la vecchiaia, tanti potranno usarli per ragioni contingenti: per concedersi una vacanza di lusso o un premio speciale, per fare fronte ad una necessità immediata o per tentare un progetto che non necessariamente avrà successo.
Il caso ha ricevuto una certa attenzione anche nel nostro Paese, anche se le differenze dei sistemi previdenziali non suggeriscono, per fortuna, analogie praticabili. Nel sistema pensionistico inglese, una gran parte delle pensioni sono private e la norma del riscatto è già prevista.
Vale la pena argomentare le ragioni per cui una simile linea comporta alti rischi sociali, al di là del fatto che il sistema previdenziale dovrebbe essere tra le questioni stabilite secondo modelli di welfare condivisi e non affidati alle scelte dei singoli cittadini. La libertà di scelta non è sempre consigliata quando eventuali errori di valutazione, potrebbero gravare sulla comunità.
Ipotizziamo la soluzione estrema di un individuo che per bisogno o per improvvidenza non stipuli nessun piano pensionistico, oppure intraprenda un progetto che si rivela sbagliato, tale scelta graverebbe poi sulla collettività in quanto aumenterebbe il numero di persone in condizione di indigenza. A quel punto, basterà ricordare al singolo che, come prevede la legge inglese, era stato informato del fatto che non avrebbe avuto diritto ad altre risorse previdenziali?
E’ noto, gli individui non hanno una razionalità perfetta, non sono capaci di calcolare costi e benefici degli investimenti a lungo termine: il rischio che compiano scelte inopportune in questo caso è molto alto. Inoltre, nelle nostre decisioni le emozioni hanno sempre un ruolo importante e le emozioni agiscono nel presente e non favoriscono scelte proiettate nel futuro.
L’idea di rendere flessibili le uscite da un lavoro per poi avviarne un altro risponde invece ad una tendenza epocale, quella di riprogettare la propria vita secondo esigenze e desideri che possono mutare nel tempo. Allora, il sistema pensionistico dovrebbe tenere conto di una maggiore flessibilità desiderabile e non penalizzare il lavoro di coloro che, per le più varie ragioni, desiderano svolgere altre attività anche dopo avere raggiunto l’età della pensione. Si tratta di un elemento di libertà personale. Sostenere che ciò sarebbe in concorrenza con i giovani è, nei fatti, completamente privo di senso.

Maura Franchi – Laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi. Studia i mutamenti socio-culturali connessi alla rete e ai social network, le scelte e i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.
maura.franchi@gmail.com

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Maura Franchi

È laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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