Skip to main content

Rifletto sul tema del conflitto tra generazioni a partire da una infelice scorciatoia linguistica: rottamazione. Non varrebbe la pena di parlarne se questa non riflettesse una linea di azione che investe ogni mondo e istituzione, ben oltre la politica. Il conflitto tra generazioni è fisiologico, cambiano però i contenuti su cui tale conflitto si fonda, anche se assume sempre la veste di una differenza di visioni del mondo.
Negli anni Sessanta il conflitto aveva come oggetto la libertà contro l’autorità: libertà di scegliere il proprio corso di vita, di rompere i vincoli della tradizione e delle appartenenze. In una fase di espansione, di crescita dei consumi e del benessere di massa, quella generazione sentiva strette le gabbie della cultura del dopoguerra, le regole del costume e della morale corrente. Proponeva la ricerca di autenticità, comportamenti tra i sessi più paritari, il diritto di mettere in discussione istituzioni sacre come il matrimonio e la famiglia, di seguire le proprie vocazioni. Gli adulti rispondevano con inviti alla moderazione, ma vi erano, tra gli adulti, maestri venerati dai giovani, filosofi ascoltati (anche troppo talvolta) che, non a caso, hanno a volte assunto il ruolo di cattivi maestri. Il conflitto generazionale era avvertito prima di tutto sul piano privato (anche se il Sessantotto viene associato alla piazza) e si giocava in nome di una vita più libera e autentica.
Sul piano politico, anche allora la nuova generazione accusava quella precedente di avere tradito le speranze di un mondo nuovo, più giusto, e cercava nuovi modi per accelerare il corso della storia. Sul piano del lavoro, però, non vi era una rilevante divergenza di posizione tra generazioni. Gli adulti avevano un lavoro abbastanza garantito, erano immersi in un’innovazione che cambiava gradualmente le condizioni, automatizzava i processi, alleviando la fatica, migliorando i luoghi di lavoro e introducendo diritti. I giovani entravano in quel mondo senza troppa fatica, al termine di una scuola che era diventata più facile.
Qual è la differenza tra quel conflitto e quello attuale? La differenza sta nelle risorse che oggi, rispetto ad allora, sono in gioco. Vivevamo allora una fase di eccezionale crescita, i Paesi occidentali crescevano e, insieme ai tassi di occupazione, crescevano i salari e i consumi.
Se la torta non si può allargare, allora bisogna che si riduca il numero di persone chiamate al banchetto. Oggi, in questo tempo di risorse scarse, le nuove generazioni hanno fretta di liberare spazi, cercano di farsi posto: non c’è tempo di affiancare, ma si deve sostituire. Ogni persona matura, indipendentemente dalla qualità che esprime, occupa uno spazio e impedisce ad un giovane di essere occupato.
Tutto ciò ha fatto che sì che un termine come rottamazione sia diventato l’emblema dello scontro tra generazioni. Non è avvenuto solo in politica. I lavoratori maturi, in tutti i contesti, si sentono guardati con un’aria di attesa, più o meno paziente, con l’orologio in mano, più o meno come dal dottore si guarda l’orologio aspettando che arrivi più in fretta possibile il proprio turno.
Ma qual è il criterio di qualità per il ricambio generazionale? Il colore della camicia, la dimestichezza con Twitter, i centimetri di tacco? Mi si dirà che in politica una generazione compromessa deve essere sostituita con una che, in quanto giovane, non ha ancora fatto in tempo a sguazzare nella corruzione. Certo, se è così, non occorrerà molto tempo per imparare.
Il punto è che il clima di trepidante attesa con cui i più giovani guardano i più adulti affinché si tolgano dai piedi, investe anche ambiti in cui la corruzione non c’entra e su cui contano competenze, spessore culturale e perché no, esperienza.

Il brano intonato: Le sorelle Bandiera, Fatti più in là [clic per ascoltare]

Maura Franchi (Sociologa, Università di Parma)

Laureata in Sociologia e in Scienze dell’educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del prodotto tipico. I principali temi di ricerca riguardano: i mutamenti socio-culturali connessi alla rete e ai social network, le scelte e i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.
maura.franchi@gmail.com

tag:

Maura Franchi

È laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it