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Ti ringrazio di avere accettato questa intervista sulla situazione politica e le prospettive future della città, non era scontato considerando il tuo ruolo attuale e quello passato…
Posso provare a parlare della situazione politica in genere, se vuoi, ma non parlerei del futuro politico di Ferrara – mi risponde Gaetano Sateriale, sindaco della città fra il 1999 e il 2009 e ora dirigente nazionale Cgil -. Primo perché non sono aggiornato (non leggo più i giornali locali per ordine del medico…), secondo perché non voglio fare la parte del reduce.

I reduci non piacciono neppure a me, però mi interessa molto capire che ne pensi di quel che succede nella città in cui abiti e sul rischio che l’anno prossimo alle elezioni comunali vinca la Lega.
Ma la Lega ha già vinto in Italia: io penso che quel che è accaduto a Ferrara alle politiche sia l’onda lunga di quello che è successo nel Paese. Ci saranno anche delle specificità locali ma quella che abbiamo visto a Siena e a Pisa (per altri versi a Imola) è un’onda di piena che parte altrove e arriva ovunque, se non si costruiscono dei solidi frangiflutti.

E da dove nasce quest’onda?
Dal fatto che la sinistra in Italia non ha dato nessuna risposta ai tanti problemi delle persone in carne ed ossa. In politica, come in fisica, il vuoto non dura a lungo. O per convinzione o per protesta i cittadini hanno votato per quelli che sentivano più vicini ai loro problemi, quelli che parlavano la loro lingua. Il Pd è stato percepito come estraneo o sordo alle esigenze sociali. Non c’è da stupirsene: anche io l’ho percepito così, pur avendolo votato. Estraneo e quasi infastidito dalle questioni reali, propenso solo a parlare di sé e delle cose fantastiche che avevano fatto i Governi retti dal Pd e di quanto era cool il suo gruppo dirigente: “Dai, batti il cinque!”…

Quali sono i principali problemi a cui il Pd a tuo avviso non ha dato risposta?
La crescita delle disuguaglianze economiche e di condizioni di vita, i problemi degli anziani, l’incremento della povertà, la riduzione della spesa sanitaria (e della qualità del sistema sanitario). E poi il lavoro: la disoccupazione giovanile e la precarizzazione, l’aumento dell’età lavorativa per accedere alla pensione, la crescita dell’incertezza, l’aumento degli scoraggiati… il declino delle competenze man mano che avanza l’innovazione: l’emigrazione dei nostri giovani. L’assenza di qualsiasi politica di integrazione (che significa lavoro e scolarizzazione per i migranti) e di sicurezza. L’abbandono delle aree interne del Paese, la scarsa manutenzione del territorio, l’insufficienza delle infrastrutture persino stradali e ferroviarie, il degrado delle periferie… Preferirei fermarmi.

Dici niente! E perché il Pd non si è occupato di questi temi: sottovalutazione o incapacità di decidere?
Per un delirio di autosufficienza del gruppo dirigente che si è identificato con le funzioni di governo (a tutti i livelli): ha distrutto le radici territoriali del partito e chiuso il dialogo con le organizzazioni sociali. Perché quando uno dice che ciò che conta sono i voti e non gli iscritti ha già rinunciato a qualche milione di voti. Come si costruisce il consenso? Coi Tweet? Bel capolavoro di democrazia, così non prendi nemmeno i voti dei tuoi simpatizzanti…

I renziani diranno che hai un pregiudizio nei confronti dell’ex segretario
Perché “pre”? Un post giudizio… Me l’hanno presentato in Piazza della Signoria anni fa alcuni amici del Comune di Firenze… Tre minuti sufficienti a cogliere la sua velocità di pensiero, l’eloquio ancora più veloce del pensiero e l’assenza di scrupoli. Una persona cui non presteresti volentieri la bicicletta, perché non te la restituirà mai così com’era…

Un ritratto rassicurante!
Ha lo spirito del giocatore. Ma in politica non puoi raddoppiare sempre la posta perché non rischi solo del tuo.

E’ tutta colpa sua, quindi? E la maggioranza silenziosa e acquiescente interna al partito?
No infatti: prima di tutto la colpa è di chi ha consentito, o per eccesso di sicurezza o per calcolo sbagliato, che arrivasse fin lì uno che non ha le radici e la cultura per dirigere un partito composito e un Paese complesso: non basta essere smart a casa propria o in tv per essere dei leader nazionali affidabili.

Sono cose che dicono anche quelli di Liberi e uguali.
Ma sono proprio loro che, con tutto il rispetto, si sono fatti portar via il Pd da sotto il sedere! E poi cosa fanno, dopo aver taciuto su tutte le questioni più controverse, dal jobs act al referendum costituzionale? Escono, senza dare battaglia, per garantirsi qualche scranno in Parlamento? No: troppo facile così. I vecchi dirigenti storici (sia comunisti che democristiani) sarebbero inorriditi da tanta “insostenibile leggerezza dell’agire”…

Questo vale anche per le componenti che sono rimaste dentro il Pd all’opposizione?
Secondo me, sì: all’opposizione di cosa poi? e perché a giorni alterni? non si è mai capito…

Tornando a Ferrara, mica la dai per persa?
No, perché le elezioni politiche non sono la stessa cosa delle amministrative locali. A livello nazionale può prevalere il voto di protesta. A livello locale conta di più la credibilità dei candidati. Quindi dipende da chi schiera chi: niente è già deciso. Ma ovunque in Italia, anche a Ferrara, c’è un consenso da conquistare non più solo da mantenere.

Quindi pensi che se il Pd trova un buon candidato possa ancora farcela a governare la città?
Anche da noi vale l’onda nazionale. Io purtroppo penso che il candidato del Pd, chiunque sia, farà molta fatica a vincere perché su di lui peserà il desencanto ormai generale verso quel partito e il suo gruppo dirigente.

Mi pare che nella risposta precedente tu ti sia contraddetto: hai sostenuto che quelle locali sono elezioni diverse e poi hai concluso che anche qui vale il voto di protesta…
Sono diverse se le costruisci marcando le differenze. Intendo dire che devi dare una risposta ai problemi delle città che vanno al voto con un programma che assuma i bisogni dei cittadini e con un candidato affidabile, che risponda a loro, non a un partito. Se il Pd continuerà a dire come era stato bravo quando era al governo allora sì che abbiamo già perso.

Voteresti più volentieri per una lista civica indipendente mi pare di capire.
Da elettore? Sì la preferirei: non a prescindere, ovvio. Dipende anche da quel che accadrà al governo in carica (e se il Pd uscirà dal coma profondo in cui versa). Ma una lista civica che assuma i problemi della città e dei suoi cittadini e se ne faccia carico con un candidato nuovo e credibile, fuori dalla politica, penso che sarebbe, anche per Ferrara, un buon segno di discontinuità senza essere un salto nel buio.

Una lista di sinistra, immagino.
Sono di sinistra e credo nei valori della sinistra: solidarietà, uguaglianza di condizioni e diritti, coesione sociale, integrazione… ma adesso bisogna rispondere alle emergenze: la sicurezza, la salute, il lavoro, un futuro per i giovani e per gli anziani, una comunità che non si chiuda in se stessa e si dia una prospettiva condivisa… Per far questo penso sarebbe più efficace una coalizione tra forze politiche progressiste e società civile, associazioni, mondo cattolico e laico, sindacati e imprese… certo, con dentro la sinistra, ma non solo di sinistra.

Hai parlato di emergenze, includi anche la sicurezza fra queste? Sai bene che molti ancora insistono nel dire che stando ai numeri si tratta più di percezione che di realtà…
Sono ragionamenti validi in un seminario all’università. Quando amministri non puoi fare sociologia o psicanalisi: se una cosa è percepita come emergenza dalla maggioranza dei cittadini deve essere un’emergenza anche per te. Devi trovare le soluzioni più giuste, più eque, più efficaci ma non negare i problemi. Abbiamo già perso le politiche con questo modo di pensare, vogliamo continuare?

E sul programma? Quali sono secondo te le priorità per la Ferrara del futuro?
Guarda, ormai le priorità sono le stesse per l’Europa, per l’Italia, per Ferrara e le altre città. Non esiste più un mondo separato. Prendi l’agenda per lo sviluppo sostenibile dell’Onu e dell’Asvis, lì dentro c’è tutto quello che serve a rendere più civile un Paese e le sue città: dal lavoro dignitoso, ai servizi, alla salute, alla sicurezza. Si tratta di articolare, adattare, localizzare quegli obiettivi, ma non esiste un “modello ferrarese di sviluppo economico e sociale” nella globalizzazione… La salamina, i cappellacci e il panpepato sono unici e insostituibili, ma non si costruisce il futuro della città chiudendosi nell’autarchia. Chi dice “America first” sbaglia ed è un pericolo per il mondo, chi dice “Italia first” (o “Ferrara first”) fa solo “ridere i polli”, come diceva mia nonna.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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