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“A 28 anni ho avuto un’emorragia celebrale, sono stata in coma farmacologico per una decina di giorni senza che ci fosse per me alcuna certezza: l’altalena oscillava fra la morte e il ritorno alla vita, col rischio però di risvegliarsi ed essere ridotta a uno stato vegetale. O avere, invece, una possibilità di recupero…”. Elisa Baldrati, oggi giovane e felicissima mamma, racconta la sua storia, fatta di sofferenza e angoscia, ma risolta in una straordinaria rinascita.

Tu, quando è accaduto, hai avuto consapevolezza di questo rischio o solo in seguito hai compreso la situazione?
L’ho saputo in seguito. Non sapevo neanche cos’era un ictus. Ne avevo sentito parlare, ma lo associavo ad un “qualcosa” che può venire a persone anziane. Entrata nel mondo degli ‘ictati’ ho scoperto che l’età è sempre più bassa purtroppo.
Cosa hai provato in quel momento?
Shock, terrore! Dopo aver sentito come una scossa in testa, la mia gamba destra non si muoveva più. Mio marito mi ha portato subito al Pronto soccorso di Argenta e la diagnosi è stata immediatamente chiara: da lì è iniziata una corsa contro il tempo per raggiungere Cona. Sinceramente, dopo essere salita in macchina non mi ricordo più niente… Non ricordo nemmeno di essere arrivata a Cona, né di essere entrata all’ospedale, anche se poi mi hanno detto che sono sempre stata sveglia fino a quando non mi hanno messo in coma farmacologico.
Per fortuna la sorte ti è stata amica. Ma cosa è successo dopo?
Dopo un mesetto in ospedale mi hanno portato in un centro riabilitativo e da lì è incominciata la mia rinascita… I primo momenti però furono terribili. Tutta la parte destra del mio corpo era inerte, sia il braccio sia la gamba. Speravo fosse un incubo dal quale mi sarei risvegliata! Piano piano, dopo avere incominciato la riabilitazione, ho iniziato a muovere gli arti: prima un po’ la gamba e poi un po’ il braccio… Così dal letto sono passata alla sedia a rotelle, dalla sedia al bastone, finché un giorno ho incominciato a stare sulle mie gambe senza ausili.
Che sensazione hai provato in quei momenti?
Il pianto era il mio sfogo, la mia famiglia e il mio ragazzo erano la mia forza.
E poi?
Quando sono uscita dalla riabilitazione ero felicissima, ma immediatamente mi sono scontrata con la realtà… Nulla era più come prima e la mia vita non sarebbe stata più la stessa. Non ero più autonoma. Dopo diversi mesi di depressione, però, ho incominciato a vedere un po’ di luce, grazie al conforto delle mie amiche e all’amore del mio compagno … Così gli ho chiesto di diventare mio marito e dopo un anno ci siamo sposati. Ero felicissima… Robi mi accettava anche ‘la mia nuova me’. La nostra sorte era unita.
E da qui inizia la tua vera rinascita, giusto?
Sì. Un anno dopo il matrimonio pensammo di adottare un bambino: adottare, perché era impensabile che dopo un ictus potessi affrontare una gravidanza, i rischi erano troppi alti. Ma un bel giorno durante una visita di routine nel reparto di angiologia di Bologna, chiesi un parere allo dottoressa che mi aveva in cura e lei, con mia grande e piacevole sorpresa, mi risposte: “beh, perché no?!?”. Ovviamente mi fece presenti tutti i rischi che io e il bimbo potevamo correre, ma la decisione era nostra. Otto mesi e mezzo dopo nacque Dafne. Durante la gravidanza ero super-monitorata, soprattutto per la coagulazione del sangue, la causa del mio ictus. Tutto andò e continua ad andare bene: per Dafne, che ora ha tre anni e mezzo ed è una bimba meravigliosa, piena di voglia di giocare e di crescere, e per me…
Una cosa straordinaria…
Dopo aver vissuto l’inferno a 28 anni, ora che ne ho 35 posso dire che grazie alla mia famiglia, a mio marito, alle mie amiche e ad un’insospettata forza di volontà che ho trovato in me, sono riuscita a sopravvivere, a credere ai miracoli e a scoprire che esistono davvero. La mia esistenza e la vita di mia figlia sono i miei miracoli.
Cosa ti senti di dire a chi, direttamente o di riflesso, ha vissuto o sta vivendo drammi analoghi al tuo?
Vorrei tanto che chi ha avuto problemi come i miei, o attraversa percorsi di sofferenza o vive condizioni di disabilità, riesca sempre a credere a quell’insospettabile forza di volontà che risiede in noi e che ci viene in soccorso quando tutto sembra perduto. Ma questo accade solo se non ci arrendiamo, se non smettiamo di lottare, di voler vivere. Ci vuole tanta tanta forza di volontà. Certo, da sola non basta, non sempre le storie possono avere un lieto epilogo come è stato per me. Io per questo mi sento fortunata. Ma dico anche che senza la volontà di opporsi al male difficilmente il male si supera.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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