Skip to main content

Ormai è deciso. Si tratti delle sorti del mondo o di inneggiare al cinquantenario di Francesco Totti, la chiave magica che apre ogni porta è la lacrima. Lacrima salvifica, lacrima che monda, lacrima che sigla il trionfo. Quasi in disuso le lacrime per i reietti della terra. Quelle sono specialità di papa Francesco.

In una accaldata domenica ‘zappeggio’ svogliatamente la tv in attesa della quotidiana rinfrescante distribuzione di acqua (quindi della stessa sostanza delle lacrime) da erogare ai ‘ròsi’ (così la mia toscanissima allieva Elisa definisce i più usuali rosai)  e destino vuole che il telecomando s’impenni alla cronaca del ‘Paglio’. Soffro il calòr della domenica d’estate – vedi la canzone di Seba – ma rimango incantato dalla voce stentorea dell’annunciatore che in un maccheronico tentativo d’imitare un improbabile volgare padano del Quattrocento annuncia corse e palii. In questa lettura declamata la responsabilità di Andrea Camilleri nell’inventarsi una lingua simile al siciliano è palese.
Corrono i putti con lieve disturbo del vincitore e giù qualche lacrimuccia; corre la deliziosa putta sventolando la treccia e un caldo e riconoscente rivolo di lacrime la bagna; corre poi l’asina Cento lire – per me la vera star della giornata – cavalcata da una deliziosa fantina futura ingegnera, Valentina è il suo nome, che s’abbarbica al collo della sua adorata e orecchiuta  pet. Le lacrime sprizzano in ogni dove rinfrescando l’arsura del tardo pomeriggio.

Vado a rileggermi le parole di uno straordinario libro appena uscito per Feltrinelli che troneggia sul comodino tra Amos Oz e i racconti di Ester Kreitman Singer. Si chiama ‘Pets .Come gli animali domestici hanno invaso le nostre case e i nostri cuori’. L’autore, Guido Guerzoni, è il responsabile del progetto del Museo M9 di Mestre. Cinquantenne, due figli e una moglie. Scientificamente dimostra, come recita la quarta di copertina, che “Nessuno dei miei animali domestici sino a quando ho lasciato la casa dei miei genitori, ha mai ottenuto il permesso di viverci dentro, neppure i gatti e i cani. Ma trent’anni fa eravamo dei cavernicoli, oggi non li sfrattiamo nemmeno dai letti matrimoniali”. Meno pianto, invece, per la corsa nobile, quella dei cavalli sprezzanti e fieri che, nonostante un mossiere la cui unica formula nello stressante allineamento era la parola taumaturgica “calma”, galoppano facendo ricacciare indietro le lacrime. Soffoco la mia inevitabile contrarietà alla corsa dovuta non all’animalismo più malsano, ma a qualsiasi forma di sfruttamento delle bestie (lo so, lo so, ora ci si attacca al fatto che mangio carne ecc. ecc.), anche quelle della loro protezione come insegna Dudy. Tento di entusiasmarmi alla corsa: invano! Restano a farmi cacciare indietro una lacrimuccia le orecchie di Cento lire e la sorte che nelle guerre mondiali ebbero quei meravigliosi animali . Ma piango e di brutto la sera stessa a vedere ‘La legge del mercato’, vincitore a Cannes 2015 per il miglior interprete Vincent Lindon. Qui davvero le lacrime erano una necessità!

Poi vedere uno stadio intero inondato di lacrime, mentre singhiozza l’eroe abbarbicato ai suoi bambini mentre si offre, letteralmente si offre, al pianto di migliaia di persone è davvero uno spettacolo, un grande spettacolo.
Ma spettacolo resta.
Scommetto che per ragioni spettacolari pianga anche Donald Trump abbandonando per un momento il piglio sprezzante e burbero sotto la sua pop corn di capelli. E piangerà vedendo le parate militari anche Kim Jong-un cullandosi un missilino da passeggio.
Così il pianto perde la sua naturale connessione con il dolore e talvolta con la felicità. Resta come diceva la mia nonna illetterata uno ‘zfogo’.
Si può dunque credere ancora al pianto? Al pianto che scuote Giacomino nell’osservare la crudeltà della natura? Al pianto che sgorga dalle orbite vuote di Omero quando interroga i sepolcri come ce lo racconta Niccolò Ugo? Al pianto d Lucia o a quello più crudele della monaca di Monza nell’implacabile tensione morale di don Lisander?

Può dunque il pianto essere una testimonianza del male del mondo?
Io lo leggo solo nelle parole di un papa che si chiama Francesco.

tag:

Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it