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Cronista di nera

La strada asfaltata divenne più stretta e piena di curve. L’auto procedeva piano, nella nebbia di novembre. “Siamo quasi arrivati”, borbottò il fotografo. Lui scorse a malapena il cartello indicatore della frazione di R., un minuscolo centro con un bar ancora aperto, poche case e tanta campagna, a fianco del Po.
Era uno scialbo pomeriggio, imbruniva rapidamente e non si vedeva in giro nessuno. “Dobbiamo andare fuori dal paese, cinque – sei chilometri” mormorò il fotografo che aveva estratto dalla borsa due macchine per tenerle pronte. Proseguirono fino a quando notarono un assembramento davanti ad una casa, un’auto dei carabinieri e un’ambulanza. Quel che cercavano era lì.
Scesero e lui riconobbe il maresciallo dei carabinieri, comandante della stazione di R. e gli andò incontro. “Brutta cosa – disse costui – un ex insegnante in pensione ha ammazzato sua nipote con un revolver, un ferrovecchio di piccolo calibro che però ha funzionato. Era morbosamente geloso; la nipote, rimasta orfana di entrambi i genitori, era cresciuta in casa con lui e con la zia”.
Mentre parlava, il maresciallo era entrato in casa dirigendosi nel retro, in uno stanzino male illuminato, una specie di cantina, tipica di certe case coloniche. In terra, parzialmente coperte da un lenzuolo, dietro un divano, spuntavano le gambe del cadavere.
Presto si seppero i nomi e l’età dell’assassino e della vittima. Curiosando qua e là, mentre il fotografo scattava a raffica, sentì un vicino che parlava in dialetto con il maresciallo: la ragazza, appena diciottenne, voleva andarsene di casa, desiderava farsi una vita propria e lo zio l’aveva uccisa. Poi si era costituito, confessando tutto.
Come la ragazza avesse convissuto con gli zii sino ad allora nessuno lo disse. “Materia per un articolo adatto a far balenare una storiaccia davanti ai lettori. Forse il vecchio la insidiava …” pensò lui. In redazione lo aspettavano: lungo pezzo con tanti particolari, fotografia della casa, della morta e dell’assassino per farci sopra qualche titolone in cronaca l’indomani e vendere più copie del giornale.
Raccolte qua e là alcune testimonianze – poche frasi -, scattate le foto, recuperate quelle dei due protagonisti da un parente e salutato il maresciallo, uscì con il fotografo appresso.
Una volta in auto pensò: adesso cosa racconto su questa storia squallida? Una storia che ne ripeteva altre simili, lette, viste e sentite tante volte…
No, non gli piaceva fare il cronista di nera. Non gli era mai piaciuto da quando aveva cominciato a lavorare al giornale. Trovava deprimente tutto, persino chiedere ai familiari le foto delle vittime di omicidio per pubblicarle. Lo infastidiva la morbosità che suscitavano certi delitti commessi negli ambienti di povera gente.
Il fotografo, solitamente ciarliero, taceva; forse aveva intuito il suo malessere. Dopo aver percorso qualche chilometro si fermarono in paese, davanti al piccolo bar. Entrarono, lui chiese un whisky e lo mandò giù tutto d’un fiato. Una bomba, per un quasi astemio.
La nebbia adesso era più fitta e uscendo sentì il freddo penetrargli nelle ossa. Queste sono vicende da buco del culo del mondo e noi le scriviamo, si disse salendo in macchina per ripartire.

(Da Tre sguardi in uno, Bologna, Pendragon, 2015)

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Franco Stefani

Franco Stefani, giornalista professionista, è nato e vive a Cento. Ha lavorato all’Unità per circa dieci anni, poi ha diretto il mensile “Agricoltura” della Regione Emilia-Romagna per altri 21 anni. Ha scritto e scrive anche poesie, racconti ed è coautore di un paio di saggi storici.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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