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Cicimbù – Zona Teatrale, laboratorio di sperimentazione educativa della Fondazione teatro comunale Claudio Abbado di Ferrara, è una realtà vivace e in continua crescita, che quest’anno festeggia i dieci anni dalla nascita. Durante il laboratorio, i partecipanti sperimentano, attraverso giochi individuali e di gruppo, l’espressività del corpo, della voce, dello spazio, della luce e del colore. Grazie alle sue fondatrici, Cristina Gualandi, drammaturga e formatrice, e Lorenza Rizzatti, illustratrice di libri per bambini e formatrice, Cicimbù ogni anno coinvolge nelle sue attività un centinaio di famiglie (con ragazzi fra i 7 e i 18 anni), e, dopo aver partecipato a festival nazionali di Teatro dei ragazzi, oggi si propone di creare legami con realtà che svolgono attività simili alla sua, nella provincia e nella regione. Con questo obiettivo, il gruppo teatrale ha programmato l’evento “Teatro dritto e rovescio”, che si terrà domani (sabato 9) alle 17 al teatro Comunale, coinvolgendo altri 4 gruppi simili della città: oltre a due gruppi di Cicimbù (uno di 8 alunni delle scuole medie e uno di 9 alunni delle scuole superiori), vi sono il gruppo Teatro Cosquillas (misto di scuola elementare e medie, con 12 ragazzi) e il gruppo di 31 allievi del progetto Dante laboratorio, di Eugenio Sideri, del liceo sociale Carducci di Ferrara che ha un indirizzo dedicato a musica e spettacolo. Abbiamo chiesto a Cristina Gualandi come si svolgerà il pomeriggio di sabato. E ci ha incuriosito. A inizio anno è stato definito un tema sul quale i gruppi si sarebbero dovuti cimentare per creare, in maniera indipendente, una performance di 10-15 minuti. Il tema era quello del volto. Sabato pomeriggio, alle 14.30, a porte chiuse, i gruppi condivideranno i loro lavori, un’occasione per i ragazzi per conoscersi fra di loro e familiarizzare. Dopo lo scambio, verrà fatto entrare il pubblico. Interessante sarà la coda del progetto che prevede che i gruppi si esibiscano nelle scuole della città durante l’intervallo dalle lezioni, per condividere esperienze didattiche ed emozioni, e la pubblicazione di un quaderno che documenti l’educazione attraverso il teatro, in una rete allargata, oltre Ferrara.
Infatti, questo evento vuole dar vita a una rete di confronto e di scambio tra le molte realtà stabili di sperimentazione educativa che usano gli strumenti del teatro, nella regione Emilia Romagna, a partire dalla provincia di Ferrara. Perché, secondo i promotori, e’ necessario avere momenti di condivisione con chi si impegna sullo stesso terreno, per dare nuovi stimoli e nuova vitalità al lavoro teatrale ed educativo che viene svolto da questi gruppi, un lavoro importante che affianca le famiglie e la scuola, e che spesso rimane invisibile. Da vedere.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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