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Vite di carta. Come Bambini giocano i Grandi della Terra

Ho letto un racconto bellissimo, Certe case (vari stadi di dissoluzione) di Claire Vaye Watkins, giovane scrittrice californiana. L’ho letto pensandolo fino in fondo e intanto ho ripercorso un po’ rapsodicamente la narrativa che conosco su questo enorme tema, il tema della dissoluzione oggi.

Watkins racconta dal di dentro la storia di due sorelle e dei loro genitori fragili, il padre scomparso presto, la madre malata e incapace di vivere. Ogni casa è descritta attraverso i dettagli del disordine, della povertà.

Segni di degrado ovunque, mentre la voce narrante e la sorella crescono e non si sa come riescono a seguire un regolare percorso scolastico, fino al college e all’università. Soprattutto, si vogliono bene e amano la loro madre nel bene e nel male, anche quando la malattia di Lyme, non ancora diagnosticata, la fa soffrire e la spinge a comportarsi come una pazza.

racconti di due americhe antologia john freemanÈ questa l’America, oggi? Cerco più avanti nella stessa magnifica antologia curata da John Freeman, Racconti di due Americhe, un altro testo che dipinga il paese e trovo Felice dello scomparso Brad Watson.

Breve e intenso, il racconto smentisce il senso del titolo quando ci immette nella discriminazione razziale in Mississippi in una fase del Novecento non meglio precisata, forse alla metà del secolo o poco dopo, durante l’infanzia del narratore.

Anche lui ne parla da un punto interno alla vicenda, attraverso gli occhi del bambino incredulo che è stato. Incredulo davanti alla “donna nera” che lavorava in casa sua per uno stipendio irrisorio – forse Felice è il suo nome – e che dopo molti anni di servizio viene licenziata in seguito a un banale sospetto e senza diritto di difesa.

“Vivevamo in mondi distinti e separati, all’epoca. Cosa vera soprattutto per i neri da una parte e i bianchi della classe media e anche medio-bassa dall’altra. Ma che in realtà valeva per tutti i neri e tutti i bianchi”.

Non so se nella narrativa italiana ci sia una raccolta analoga di contributi così lucidi sul nostro presente. Conosco antologie assemblate sul tema della fuga, sulle ferite che la vita ci ha inferto. Mi sembrano ambiti più personali, individuali.

Mentre nei Racconti sono trentasei tra i più importanti narratori americani a tracciare il quadro della loro nazione, tra discriminazioni economiche, sociali, di genere e di razza. E con “la famelicità con cui la finanza depreda i più poveri”.

“L’America è spezzata. Non c’è bisogno di dati statistici per rendersene conto. Basta avere occhi e orecchie e ascoltare i racconti che si sentono in giro. Girando per le vie di una qualunque città americana è palese che il patto con i cittadini è stato infranto“.

Le parole che usa Freeman nella Introduzione sono uno schiaffo. Riportano a noi e al nostro paese, e a tutte le esperienze collettive che hanno marcato il nostro tessuto sociale negli ultimi decenni. Guidate spesso da una insufficiente visione politica, divisive.

amatissima toni morrison 1988Mi torna in mente il libro di Toni Morrison, che ho letto lo scorso mese di maggio, Amatissima.

Un libro fuori dell’ordinario, vincitore del Premio Pulitzer nel 1988, dove le protagoniste femminili sono donne di colore che ruotano attorno alla figura di Sethe, una ex schiava che alla metà dell’Ottocento acquista la  libertà con la fuga e nella propria casa ripercorre la vita tragica di prima e ne vive una nuova tra realismo e magia, tra la vita e la morte.

La sua storia di sopraffazione e di orrore si legge sulle cicatrici che ancora le disegnano il corpo e si fa paradigma per i sessanta milioni di africani morti nel periodo del commercio degli schiavi d’America.

La vita nuova ruota attorno a Beloved, la più amata tra i figli che ha dato al mondo Sethe, quella a cui ha tolto la vita per salvarla dalla condizione di schiava quand’era ancora molto piccola. Beloved viene dall’altrove con addosso un paio di scarpe nuove e un amore sconfinato da restituire a sua madre.

Passo in rassegna alcuni Tg ascoltati in questi giorni sul gigantismo, sugli incontri bilaterali o a numeri più alti che uniscono i Grandi della Terra per affrontare i problemi che affliggono il pianeta o parti di esso.

Se ascoltando il Tg vengo a sapere che Joe Biden ha concluso con “Dio salvi la regina” il discorso che ha  tenuto in questi giorni in Connecticut alla convention anti-armi. Se la diga fatta saltare a Kakhova, uno tsunami che ha allagato l’Ucraina, sembra non trovare un responsabile e dai Tg arrivano notizie di rimpalli tra i due paesi, quello di Putin e quello di Zelensky.

Se per analogia mi vengono in mente i bambini che giocano, credo di avere almeno un paio di motivi. Il primo è che i piccoli credono di fare cose molto serie, giocando. Il secondo, che sono del tutto prevedibili nel movente che li spinge a partecipare, cioè vincere.

L’analogia però finisce qui. Guardo questi ‘Grandi della Terra’ che giocano a fare i bambini e penso che non c’è innocenza nelle loro movenze. E c’è una prevedibilità nei comportamenti che la loro esperienza di vita rende inemendabile. 

Gioco a mia volta con le lettere: tolgo a Grandi la G maiuscola, come loro con totale mancanza di rispetto hanno tolto la T alla terra . Penso che lascerò la L alla Letteratura, verso la quale mantengo una speranza non ancora appassita.

Nota bibliografica:

  • Toni Morrison, Amatissima, Frassinelli, 1988 (traduzione di Giuseppe Natale)
  • Claire Vaye Watkins, Certe case (vari stadi di dissoluzione), in Racconti di due Americhe, a cura di John Freeman, Mondadori 2022 (traduzione di Federica Aceto)
  • Brad Watson, Felice, in Racconti di due Americhe, cit.

Per leggere gli altri articoli di Vite di carta la rubrica quindicinale di Roberta Barbieri clicca sul nome della rubrica o il nome dell’autrice

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Roberta Barbieri

Dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Filologia Moderna all’Università di Bologna ha insegnato nel suo liceo, l’Ariosto di Ferrara, per oltre trent’anni. Con passione e per la passione verso la letteratura e la lettura. Le ha concepite come strumento per condividere l’Immaginario con gli studenti e con i colleghi, come modo di fare scuola. E ora? Ora prova anche a scrivere

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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