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Carwyn James e Doro Quaglio: Rovigo provincia del Galles nel rugby

Il rugby in Italia è molto sentito e praticato solo in alcune enclaves, circondate per il resto dalla ossessione nazionale per il gioco del calcio. Una di queste enclaves è la provincia di Rovigo. Il 24 giugno scorso, all’interno della Club House della società Frassinelle Rugby (il cui settore giovanile, che attira allievi da tutto il Polesine e da parte dell’Emilia, sta mietendo successi nelle manifestazioni di mezza Italia, e parliamo di un paese di 1.300 abitanti), l’ex giornalista della Gazzetta dello Sport ed ex rugbista Marco Pastonesi ha presentato il suo libro “Il leone e il corazziere”, dedicato a due figure carismatiche del rugby negli anni settanta: il gallese Carwyn James e il rodigino Isidoro Quaglio, detto Doro.

Introdotti dal Presidente del Frassinelle Rugby Raffaele Mora, Pastonesi e Angelo Morello, storico dirigente del Rovigo Rugby e amico di Carwyn James (del quale traduceva gli articoli dall’inglese: James scrisse di rugby per il Guardian e, in Italia, per il Carlino e il Gazzettino), hanno restituito in maniera palpabile l’atmosfera rugbistica polesana di quegli anni, in bilico tra pionierismo e professionismo.

Come è stato possibile che Carwyn James, rugbista ma soprattutto allenatore di grido, l’unico capace di battere con le sue selezioni gallesi – prima i British&Irish Lions, poi i Barbarians – i leggendari All Blacks in tournée in Europa, secondo molti addetti ai lavori “il miglior allenatore di rugby al mondo”, colui che declinò le avances della Federazione gallese perchè si rifiutava di farsi dare la formazione dal Comitato dei Selezionatori (i Big Five), abbia trascorso tre anni della sua carriera a Rovigo, con tutto il rispetto non esattamente il centro nevralgico del rugby mondiale?

Pastonesi prosaicamente lo dice: vicino a Rovigo c’erano Venezia, Padova. C’era l’arte. Per un letterato quale era James, venire in Italia voleva dire frequentare l’arte. Poi c’era anche il rugby, che però probabilmente non era stata la molla decisiva. Era qualcosa in più, il gancio che gli avrebbe permesso di vivere per qualche anno a stretto contatto con l’arte di cui il nostro paese abbonda. A Rovigo da coach (dove rimane dal 1977 al 1979) incrocia la strada della vita con Doro Quaglio (passato anche da Frassinelle), ancora giocatore, indigeno di ritorno dall’esperienza in Francia: una quercia coi baffi, una fisiognomica che incarna l’eroe classico del rugby.  Due tipi quasi opposti: intellettuale e delicato il primo, un gigante nodoso e ruvido il secondo. Entrambi dotati di un carisma superiore.

Mi resta impresso tra i tanti il racconto di un episodio: Carwyn James, che si tiene su a furia di gin tonic, a casa di Quaglio, che si tiene su a “ombre”. Stanno guardando in tv Francia – All Blacks. La Francia sta vincendo a pochi minuti dalla fine, e Carwyn consiglia prudenza, perchè negli ultimi minuti i neozelandesi possono ribaltare il risultato. Lo dice con una certa noncuranza, tanto è vero che poi se ne va in bagno (a scaricare i gin tonic, presumiamo) e torna a partita appena conclusa. Gli All Blacks hanno ribaltato il risultato negli ultimi minuti e hanno vinto la partita. “Visto, cosa ti avevo detto?” è la chiosa di James. Il resto lo racconta il libro.

 

 

 

 

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

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