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La bugia e l’ipocrisia sono due cose diverse. La bugia, nel bambino, è considerata parte del suo processo evolutivo. Attraverso la bugia il bambino costruisce un proprio spazio segreto, che si riempie di sentimenti o emozioni che ha paura di mostrare. La manifestazione della malizia nel bambino che mente genera una specie di benevola meraviglia, di quando si scopre il mondo immaginario che è riuscito a creare dietro la bugia.

L’ipocrisia è l’atteggiamento di una persona che volontariamente finge di possedere ideali, principi, sentimenti che in realtà non possiede. Essa si manifesta quando la persona tenta di ingannare altre persone con tali affermazioni. In questo caso l’inganno è adulto, perchè ha perduto ogni innocenza.

Nella vicenda del fallito golpe del calcio europeo siamo al cospetto di attori che non sono semplicemente bugiardi, ma ipocriti. Gente che dichiara di difendere principi e ideali di purezza e sportività, quando in realtà sta difendendo i propri lauti guadagni. Tale Alexander Ceferin, presidente dell’Uefa, nel 2020, in piena epidemia mondiale da Covid, si è aumentato lo stipendio di 450.000 euro. Adesso si mette in saccoccia 2,2 milioni di euro l’anno, senza premi perchè, in pandemia, è immorale percepire premi (prima gigantesca manifestazione di ipocrisia: trasformo un compenso variabile in fisso facendo finta di seguire un principio morale). Ceferin infama l’ex amico Andrea Agnelli, presidente della Juventus e coautore del tentato “colpo di stato” della Superlega Europea, dicendo cose enormi: tipo che siccome Agnelli spegne il telefono per non farsi trovare mentre prepara la dichiarazione secessionista dei 12 club fondatori del golpe, il suo comportamento è peggiore di quello dei criminali di guerra che Ceferin si è trovato a difendere nella sua carriera di avvocato (complimenti). Ceferin è a capo di un organismo che introduce la regola del fair play finanziario, e poi permette a Manchester City, Paris Saint Germain ed altri di spendere l’inimmaginabile per creare squadre invincibili (che comunque non vincono sempre, perchè l’imponderabile nel calcio continua ad esistere, malgrado tutto e malgrado l’Uefa). Sempre Uefa è precisamente l’organismo che ha, di fatto, creato una Superlega di ricchi e potenti che detengono il monopolio del calcio professionistico, pagando cifre indecenti per ingaggiare i migliori allenatori e giocatori (non crederete mica che i migliori calciatori del mondo vengano a giocare in Europa perchè ha i migliori monumenti, vero?).
Poi succede l’imponderabile, stavolta un imprevisto planetario, non sportivo: il mondo è costretto a fermarsi a causa di una moderna peste chiamata Covid-19. Fine degli incassi da pubblico allo stadio, perchè gli spalti devono rimanere vuoti, per ragioni sanitarie. Fine di buona parte dell’indotto da merchandising, perchè la battaglia sportiva è meno attraente senza un’arena di tifosi urlanti. Riduzione dell’appeal televisivo, che inevitabilmente porta ad una contrazione dei guadagni da incasso dei diritti televisivi, della pubblicità e delle sponsorizzazioni. Le 12 società secessioniste non fanno altro che cercare di massimizzare i profitti di un circo che spende tanto, ma non incassa, secondo loro, abbastanza per quelle che sarebbero le sue potenzialità (e soprattutto non incassa abbastanza per ripianare i soldi già spesi). La NFL (lega nordamericana di football, quella del Superbowl) ha firmato nuovi accordi sui diritti tv con Cbs, Nbc, Fox, Espn e Amazon per un valore complessivo di 110 miliardi di dollari. La NBA (basket statunitense) fattura 8 miliardi l’anno.

La Champions League nel triennio 2018-2021 ha fatto entrare nelle casse dell’Uefa 1,5 miliardi di euro, pari a 1,8 miliardi di dollari. Il calcio in termini di spettatori ha il triplo dei numeri dell’NFL e il doppio dell’NBA. Ma i diritti tv e gli introiti da pubblicità rendono molto meno. Inoltre l’UEFA retrocede ai club una quota dei ricavi ben lontana dal totale.  Non capisco cosa ci sia di strano, dentro questa logica drogata, se le società che producono lo spettacolo più visto al mondo decidono di mettersi in proprio. La stranezza casomai è che non ci abbiano pensato prima. Adesso è diventato inevitabile non solo pensarlo, ma farlo, dal loro punto di vista, perchè la pandemia ha distrutto i bilanci dal lato delle entrate, e i prossimi introiti servirebbero anzitutto a ripianare debiti destinati altrimenti a diventare inesigibili. In questa situazione, l’appoggio finanziario di JP Morgan al progetto Superlega rivela più di tante chiacchiere.

La spettacolarizzazione spinta all’eccesso che sta dietro a questa idea persegue lo scopo di perpetuare la folle macchina degli ingaggi faraonici. Lo scopo, candidamente dichiarato (e qui Florentino Perez è molto meno ipocrita di Ceferin), è anche quello di poter continuare a dare 12 milioni di euro a Pep Guardiola, 16 milioni a Jurgen Klopp, 31 milioni a Cristiano Ronaldo. Quando sento Klopp dichiarare che non si fa una cosa del genere “contro i tifosi”, o Guardiola affermare: “lo sport non è sport quando non c’è un rapporto fra sforzo e ricompensa: tutti pensano a loro stessi”, francamente mi viene la nausea. Tutti pensano a loro stessi? Certo, e i primi sono loro. Fossero intellettualmente onesti, dovrebbero avere la decenza di tacere, perché questo putsch mira a tutelare anche le loro tasche, dalle quali tracimano milioni di sterline, euro, o franchi svizzeri. Invece si ergono a paladini del “calcio pulito”, competitivo, nel quale conta solo il merito sportivo.

La fiera mondiale dell’ipocrisia. Ce ne fosse uno, di questi paladini del calcio pulito, che dichiari di essere disposto a diminuire il proprio ingaggio, come sta succedendo a qualunque persona normale con uno stipendio normale in tempi di Covid. La scelta di una maggiore sobrietà sarebbe l’unico modo per conferire un briciolo di credibilità a certi discorsi ammantati di purezza. Invece, col piffero: molto meglio tuonare contro gli ammutinati e salvarsi coscienza e portafoglio.
Non vi bastano gli esempi citati? Sapete cosa guadagna Diego Simeone per allenare l’Atletico Madrid? 22 milioni netti. Sapete cosa ha dichiarato? “Considero il dietro-front e le scuse dell’Atletico Madrid dei grandi gesti. Il presidente ci ha spiegato i propri dubbi, credo che alla fine abbia fatto bene, sia nei nostri confronti che davanti ai tifosi”. Peccato che Florentino Perez, presidente del Real Madrid, abbia appena ricordato che tutte le 12 società non si sono accordate al bar dopo una sangria di troppo, ma hanno firmato un regolare contratto per aderire alla Superlega. Peccato che Joan Laporta, presidente del Barcellona, abbia appena dichiarato che “la Superlega esiste ancora”, e che “è assolutamente una necessità”. Sono i presidenti delle due società che fatturano più ricavi al mondo, e hanno assoluto bisogno di rientrare per non fallire. Come la mettiamo?

La cosa più maleodorante è il continuo richiamo al “rispetto per i tifosi”. Se i tifosi, così innamorati della tradizione (la gloriosa Coppa dei Campioni cui accedeva solo la vincitrice del campionato) e del merito da gettarsi a capofitto su una Champions League che imbarca la seconda, la terza e la quarta classificata del campionato nazionale, volessero davvero farsi rispettare, dovrebbero smettere di spendere fortune per il calcio. Smettere di abbonarsi, smettere di sottoscrivere pacchetti satellitari o streaming, smettere di pagare cifre scellerate per un biglietto.
Ma i tifosi non lo faranno, esattamente come è successo per il passaggio dalla Coppa alla Champions. Perchè i tifosi si sono trasformati in clienti, consumatori, e la loro è una dipendenza, esattamente come il tossico dipende dal suo spacciatore. E quando sei dipendente da una cosa, sei disposto a tutto per averla. Florentino Perez, Joan Laporta, Andrea Agnelli e gli altri secessionisti (ora pentiti per finta), lo sanno benissimo. Quello che vogliono fare è sostituire il loro cartello a quello di Ceferin, che non rende abbastanza. Prendere direttamente in mano la gestione dello spaccio, e controllare il territorio senza intermediari.

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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