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Buffa mette in scena lo sport “che porta speranza dove nessun altro arriva”

Tempo di lettura: 4 minuti

Acrobazie narrative che vanno – letteralmente – dalla terra alla Luna, quelle di Federico Buffa, cronista-storyteller che mercoledì 13 novembre 2019 ha intrattenuto una platea affollata di pubblico al Teatro Nuovo di Ferrara. “Il rigore che non c’era” è l’ultimo spettacolo teatrale del giornalista-narratore, tanto amato da chi segue le reti sportive di Sky. La narrazione prende l’avvio da vicende calcistiche romanzesche per poi diventare affresco storico, poetico, musicale. “Il rigore che non c’era” è qualcosa di più di un dettaglio sportivo. È piuttosto quell’evento, magari improvviso, che va a cambiare la storia di una partita; e, ampliando lo sguardo fin fuori dagli spalti, può essere anche quel fatto o quell’incontro, quasi sempre imprevisto e poco prevedibile, che cambia la storia di una vita.

Federico Buffa in scena con Marco Caronna ne “Il rigore che non c’era” (foto Luca Pasqualini)

Lo spettacolo di Buffa si apre con il racconto letterario di Osvaldo Soriano“Il rigore più lungo del mondo”. Il rigore è quello fischiato da Herminio Silva a favore della piccola squadra della Patagonia – l’Estrella Polar – che contende il titolo, l’ultima giornata di campionato, al glorioso Deportivo Belgrano.

Federico Buffa in una scena de “Il rigore che non c’era” (foto Luca Pasqualini)

Buffa comincia lo spettacolo così, con la palla bianca di cuoio appoggiata in un dischetto di luce al centro del palco, per andare a finire la narrazione salendo in cima al cielo, su quell’altra immensa palla chiara, che alla fine illumina lo schermo della sala. Perché il pallone e l’astro rotondi condividono la ricorrenza del cinquantenario di un anno cruciale: il 1969, che è quello dello sbarco sulla Luna, ma anche del millesimo gol segnato da Pelè.

E sulla Luna ci si arriva con un pezzo di storia dopo l’altro, con il supporto pure di musica e canzoni, da “La pianta del tè” di Ivano Fossati [clicca sul titolo per ascoltarla] a “Come è bella la luna” di Giorgio Conte [clicca sul titolo per ascoltarla]. Ad interpretare i brani ci sono Marco Caronna, che è anche regista, insieme con Alessandro Nidi al pianoforte e l’attrice-cantante Jvonne Giò.

Federico Buffa
Alessandro Nidi con Federico Buffa
Jvonne Giò nello spettacolo di Federico Buffa “Il rigore che non c’era” (foto Luca Pasqualini)

Le storie mettono insieme l’irruenza anticonformista di un capo di Stato come Winston Churchill, che testardamente decide di non firmare il patto di non belligeranza con la Germania nazista, fino alla consegna agli americani da parte dell’ingegnere Wernher Von Braun, una delle figure principali nello sviluppo della missilistica nella Germania nazista, che diventa poi risorsa strategica negli Stati Uniti, dove è ritenuto il capostipite del programma spaziale americano.

Jvonne Giò nello spettacolo di Federico Buffa “Il rigore che non c’era” (foto Luca Pasqualini)

Le acrobazie di narrazione epica di Buffa non dimenticano Nelson Mandela, che dopo gli anni di prigionia suggella l’unità del Sudafrica seguendo in tribuna la vittoria della Coppa del Mondo di Rugby nella storica finale di Johannesburg. Diventato presidente dello Stato sudafricano, al termine della partita è lui, nero, che scende in campo con la maglia verde della squadra per ricevere il trofeo dalle mani di François Pienaar, il capitano bianco degli Springbocks. Perché comunque, come Buffa fa notare citando le parole di Mandela, il bello è quando “lo sport porta speranza dove nessun altro arriva”.

Fotoservizio di Luca Pasqualini

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, MN 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, BO 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici UniFe, Mimesis, MI 2017). Ha curato mostra e catalogo “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”.


PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)