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di Federica Mammina

Discipline molto antiche, impregnate di mistero, segretezza e oscurità, che sebbene oggi la prevalente opinione pubblica reputi come strumenti di speculazione, mantengono, pare immutato, il loro fascino. Sono “Astrologia, magia, esoterismo ed alchimia nella Ferrara degli Estensi ai tempi di Ludovico Ariosto”: questo il titolo della conferenza che si è tenuta sabato 4 marzo, in una Sala della Musica del Complesso di San Paolo al completo. Argomenti come questo esercitano ancora oggi una forte attrattiva sull’uomo, sebbene quegli stessi aspetti che seducono possano in alcuni casi, come un’arma a doppio taglio, spaventare e quindi respingere.

Ed è infatti subito Mario Martelli, Presidente del Collegio Circoscrizionale dei Maestri Venerabili dell’Emilia Romagna del Grande Oriente d’Italia, gli organizzatori dell’evento, a fugare ogni dubbio nella sua introduzione: “astrologia, magia, esoterismo ed alchimia altro non erano che le forme di scienza dell’epoca, senza dimenticare che uno dei grandi alchimisti fu Isaac Newton, ancora prima di dedicarsi allo studio della gravità per cui è ricordato”. L’invito è quindi quello ad abbandonare il preconcetto che nell’immaginario collettivo si accompagna a questi quattro ambiti, per farsi accompagnare nella scoperta del rilievo che queste scienze avevano ai tempi di Ariosto, all’influsso che esercitavano e alla curiosità che solleticavano in personalità inimmaginabili.

La conferenza prende spunto dalla mostra appena conclusa al Palazzo Diamanti dal titolo “Orlando Furioso 500 anni: cosa vedeva Ludovico Ariosto quando chiudeva gli occhi”, per cercare di immaginare cosa potesse vedere Ariosto, non solo ad occhi chiusi aggiungiamo in questo caso, in una realtà permeata di astrologia, magia, esoterismo ed alchimia. Di carattere letterario è il primo intervento, di Andrea Vitali, medievista e storico del simbolismo, considerato una delle massime autorità per la storia dei tarocchi, che svela significativi e generalmente poco approfonditi riferimenti ai tarocchi e ad aspetti esoterici contenuti nelle opere di Ariosto. La commedia ‘La Cassaria’ ad esempio, nella seconda stesura in versi del 1528, detiene un significativo primato perché contiene, non già un semplice riferimento ai tarocchi, ma piuttosto il primo riferimento letterario in assoluto. Ma se in quest’opera il riferimento è generico, nelle ‘Satire’ si fa riferimento addirittura ad una specifica carta dei tarocchi, quella della ruota della fortuna, che simboleggia la vita dell’uomo e la sua imprevedibilità: Ariosto infatti nell’opera illustra la sua personale idea della ruota della fortuna, dove l’uomo che si gloria, quello in cima alla ruota, è raffigurato con le sembianze di un asino.

Data la vastità e ricchezza dell’opera più famosa di Ariosto, l’Orlando Furioso, ad un occhio inesperto sfuggirebbe certamente anche la presenza dell’esoterismo, ed è così che a conclusione di questo excursus letterario, Vitali ci palesa come l’anello, che consente a Ruggiero di vedere Alcina nelle sue vere sembianze, sia un chiaro simbolo esoterico. La ricerca nelle opere di Ariosto di riferimenti alle quattro discipline continua, ed è Claudio Cannistrà, specializzato in Bibliografia Astrologica antica e Tecniche Astrogeografiche, come l’Astrocartografia e lo Spazio Locale, ad individuare due precisi richiami astrologici ancora una volta nell’Orlando Furioso: il riferimento alla pietra dalla particolare luminosità di cui era composta la tomba di Merlino (canto III), e l’anello che grazie ad una particolare gemma incastonata rendeva invisibili se stretto fra le labbra, mediante il quale Angelica era riuscita a scappare. La pietra quindi come simbolo astrologico, che acquisisce il suo potere grazie soprattutto all’accurata selezione del fabbro nel momento in cui viene incastonata. Spiega infatti Cannistrà dell’esistenza di una specifica branca dell’astrologia, detta elezione (da electionis ovvero scelta), che indica il momento migliore, perché in armonia con l’influsso delle stelle, per iniziare una determinata attività.

Ma qual è il legame tra questo specifico carattere dell’astrologia e la Ferrara del tempo di Ariosto? Lo spiega il cuore dell’intervento dal titolo “Ferrara astrologica. Pellegrino Prisciani, Luca Gaurico e l’oroscopo di fondazione”: la data di fondazione della città di Ferrara infatti venne scelta con una elezione, ovvero con una carta astrale che consentì di porre la città sotto gli ascendenti migliori per quelle che erano le caratteristiche della città cui si voleva dare maggiore sviluppo, così come poi avvenne anche per l’Addizione Erculea, l’opera di ampliamento della città che ebbe luogo tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento. Ciò che oggi risulterebbe impensabile, era all’epoca sentito come necessario, ed in quanto tale avvenne per molte città, non soltanto italiane, come attestato da Luca Gaurico che, in un suo trattato, riporta numerosi oroscopi di fondazione. Ma non deve stupire che eventi così significativi fossero affidati all’influsso delle stelle, perché nel XV e XVI secolo, l’astrologia così come la magia, le scienze esoteriche e l’alchimia, erano patrimonio comune di ogni corte o, più in generale, di ogni luogo in cui si esercitava il governo e si diffondeva la cultura.

A Ferrara ad esempio, Borso d’Este era solito governare con l’ausilio dell’astrologo di corte, Pellegrino Prisciani, ed a testimonianza di come lo studio dei movimenti delle stelle, dei pianeti e il loro influsso sulla vita degli uomini e sulle decisioni, erano costantemente impiegati nella vita quotidiana, si può ricordare l’influsso che il Prisciani stesso ebbe sul ciclo di affreschi di Palazzo Schifanoia, vero e proprio manifesto politico del Duca, in cui l’esaltazione del buon governo di Borso d’Este viene riprodotta attraverso un corredo simbolico ed esoterico. Figura importante nelle corti dell’epoca, così come per gli Estensi, è allora il mago che, come racconta Claudio Bonvecchio, Grande Oratore del Grande Oriente d’Italia, diventa a tutti gli effetti il consigliere del regnante: non da intendersi come un dotto, un erudito, ma piuttosto come una persona che sostiene il regnante in tutte le sue scelte e attività, e che grazie al suo padroneggiare magia, astrologia e le altre discipline, lo può anche curare, può aiutarlo nell’interpretare gli eventi, fino a giungere alla possibilità di intervenire nelle cose umane e divine per mutarne il corso. È così che anche Ariosto, avvolto da una società che riconosceva appieno l’ascendente di queste discipline, pur prendendone le distanze su un piano strettamente personale, non si sottrae dall’assicurare loro un significativo ruolo nelle sue opere.

Di più ampio respiro, l’intervento conclusivo di Marco Rocchi, laureato in Scienze Biologiche e in Filosofia, da anni interessato ai temi di esoterismo e alchimia, dal titolo “L’eredità di maghi, astrologi e alchimisti nella rivoluzione scientifica”. L’intento è quello di capire quale sia il lascito dell’epoca precedente alla rivoluzione scientifica, e se e quanto della mentalità antecedente sia rinvenibile nei grandi esponenti di questa rivoluzione. La rivoluzione scientifica segna un ribaltamento del metodo utilizzato per conoscere il mondo: non più il metodo logico-deduttivo per il quale si parte da premesse date (le massime aristoteliche e la Bibbia) per giungere, attraverso un ragionamento logico, a conclusioni vere, ma il confronto con la realtà, ritenuto prima della rivoluzione quasi offensivo, perché falsato dall’uso dei sensi che sono per definizione fallaci. Già qui una rivelazione importante: i moderni scienziati infatti questo metodo di conoscenza attraverso la sperimentazione e il confronto con la realtà lo hanno assorbito proprio da quei maghi che nei secoli a venire verranno emarginati e infine esclusi dalla cerchia delle scienze. Non più quindi una cesura netta, ma quasi un passaggio di consegne, dove i padri della scienza moderna rappresentano piuttosto gli ultimi esponenti delle antiche discipline.

Così il riflettore si punta su un Keplero, che non nascondendo la natura teologica più che scientifica della sua opera, indossa la veste di astrologo; accompagnato da un Galileo che, pur ponendo le basi della scienza moderna, ha sempre come punto di riferimento Dio che non può che aver creato cose perfette e regolari; seguiti da un inedito Newton alchemico, come emerge inequivocabilmente da innumerevoli suoi manoscritti, e per nulla deista come normalmente descritto. Non solo magia, astrologia, esoterismo e alchimia quindi in questo convegno che, nel mosaico di iniziative proposte a celebrazione di Ludovico Ariosto, spicca innegabilmente per l’atipicità del tema, ma anche letteratura, storia e scienza che si mescolano come per magia secondo una formula che incanta e soddisfa la platea.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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