Skip to main content

Valérie Perrin (1967-….) [Qui] ha scritto un romanzo di grande qualità il cui titolo, Cambiare l’acqua ai fiori, mi ha fatto pensare a quelle atmosfere familiari che solo una donna sa ricostruire con leggerezza se racconta la quotidianità di casa fatta di gesti rassicuranti ma ripetitivi, e ci sa mettere  un pizzico di ironia.

cambiare l'acqua ai fioriLo sto leggendo in questi giorni e sto cambiando idea nella maniera più totale. È bello cambiare idea quando si passa da una presupposizione all’incontro diretto con un libro.

In realtà oltre a questo mi sto anche guardando dentro. Perché la voce narrante, che dice ‘io’ e racconta la propria esistenza, fa la guardiana di un cimitero nella provincia francese e ha una disarmante dimestichezza con i defunti.

Li chiama per nome e cognome e aggiunge ogni volta tra parentesi l’anno di nascita e quello di morte: si aggira per esempio lungo uno dei vialetti e si ferma a curare i fiori – ecco il titolo del libro – sulla tomba di Nadine Ribeau (1954-2007).

Pulisce le fotografie su tutte le tombe nei quattro settori che compongono il  cimitero e questo comporta alcune settimane di lavoro, in attesa di curare stagionalmente la fioritura delle diverse piante che le famiglie hanno scelto di piantare in memoria dei loro cari.

Dopo i temporali passa in rassegna le tombe per raddrizzare i vasi caduti e aggiustare i danni procurati dalle intemperie. Cura anche i suoi fiori nel giardino della piccola casa in cui vive da sola ai margini del camposanto e, se qualcuno glieli chiede, li vende e si impegna a curarli una volta sistemati sulla tomba. Apre e chiude ogni giorno il cancello di accesso.

Che vita è la sua? Sono arrivata a leggere le prime duecento pagine e mi sto facendo l’idea che sia una vita passabile, con tratti di serenità, stesi come una coltre sopra un dolore abissale che viene dal passato.

Certo, questa Violette Trenet, che è custode del cimitero di Brancion-en-Chalon in Borgogna, è attorniata da amici che le sono accanto ogni giorno, visto che lavorano come lei a contatto con i morti: sono i tre becchini che curano la manutenzione generale del cimitero, più i fratelli che gestiscono il servizio delle pompe funebri e il parroco del paese che celebra i funerali.

Poi ci sono gli animali, alcuni gatti venuti a vivere lì dopo avere seguito il feretro del proprio padrone e un cane, la affettuosa Eliane, che vi si è trasferita per lo stesso motivo e ora vive in casa di Violette.

Infine ci sono i vicini, con cui il libro incomincia. Le parole sono queste: “I miei vicini non temono niente. Non hanno preoccupazioni, non si innamorano, non si mangiano le unghie, non credono al caso, non fanno promesse né rumore, non hanno l’assistenza sanitaria, non piangono, non cercano le chiavi né gli occhiali né il telecomando né i figli né la felicità…” E via di seguito con la lista delle virtù o dei vizi fino alla conclusione: “ I miei vicini sono morti. L’unica differenza che c’è fra loro è il legno della bara: quercia, pino o mogano”.

Allegria, ho pensato. E invece non è il caso di fare battute facili. Se mi guardo dentro, quando alla domenica entro nel cimitero del mio paese per ‘dare un saluto ai miei’, mi viene facile scambiare due parole con…diciamo ‘i residenti’.

‘Vicini’ lo lascio a Violette. Sul tragitto per arrivare dai miei controllo se serve acqua ai vasi depositati davanti alle tombe e intanto rivolgo un pensiero a tutti. Mi sembra che sia una operazione che dà vita alle persone che tutti sono stati e mi incuriosisce riguardare le fotografie e le date.

Mi scatta immediato il calcolo: Nadine è vissuta per 53 anni. Ho fatto il conto anche leggendo i suoi dati nel libro. Il pezzo di tempo che spetta alla nostra vita è delimitato da due numeri: conosciamo il primo mentre non sappiamo del secondo, né dobbiamo saperlo.

Mettere in prospettiva le vite aiuta a pensarle con naturalità, nel loro inizio, come nella loro conclusione.
Fin dai tempi del Liceo lo studio delle letterature ha comportato la memorizzazione della biografia di ogni autore, a cominciare dalla data e dal luogo di nascita associato ai dati della morte.

Orazio, il grande poeta latino, appartiene al primo secolo avanti Cristo; sui testi letterari come su Wikipedia si legge Quinto Orazio Flacco (65-8 a.C.) [Qui] e via di seguito con la vita e le opere. Ma si legge anche Italo Calvino (1923-1985) [Qui]. Ho letto entrambi con passione, sapendo che sono appartenuti a epoche diverse, eppure sono entrambi ancora ‘vivi’ attraverso le loro opere.

Ancora vive in senso letterale quello che fu il compagno di banco di Calvino presso il Liceo Classico G.D.Cassini di Sanremo, mi riferisco a Eugenio Scalfari (1924-…) [Qui], del quale infatti riporto la sola data di nascita, mentre scuoto la testa sorpresa una volta di più dalla varietà dei destini, dalla loro durata così diversa.

Tutti risibili i segmenti delle nostre vite, se rapportati ai tempi lunghi della storia o alle ere geologiche. Il che mi rafforza l’idea di una legge vecchia quanto il mondo, che dovremmo educarci a considerare accettabile. La cultura classica, a cui mi sono formata, lo studio della letteratura, sono stati fino a qui dei facilitatori di accettabilità del destino. Tutto racchiuso in quel numero che non conosco e che si avvicina.

Giorni fa ho seguito in tv i funerali di stato di David Sassoli [Qui] e ho riflettuto sul suo secondo numero: il primo è come per me l’anno 1956. Siamo coetanei. Mi correggo, lo siamo stati.

Hic et nunc ascolto i discorsi di cordoglio che i mass media continuano a diramare: al netto dei rituali retorici e chiudendo occhi e orecchi sulla cronaca politica che in queste stesse ore e giorni è occupata dalla imminente elezione del Capo dello Stato, capisco che una figura come la sua potrà seguire il passo della storia.

Come giornalista ma soprattutto come politico e in qualità di Presidente del Parlamento Europeo dal  3 luglio 2019 all’11 gennaio 2022, credo che potrà rimanere ancora a lungo ‘in vita’.

Nota bibliografica:

  • Valérie Perrin, Cambiare l’acqua ai fiori, E/O, 2019 (traduzione di Alberto Bacci Testasecca)

Per leggere gli altri articoli e indizi letterari di Roberta Barbieri nella sua rubrica di Mercoledì, clicca [Qui]

tag:

Roberta Barbieri

Dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Filologia Moderna all’Università di Bologna ha insegnato nel suo liceo, l’Ariosto di Ferrara, per oltre trent’anni. Con passione e per la passione verso la letteratura e la lettura. Le ha concepite come strumento per condividere l’Immaginario con gli studenti e con i colleghi, come modo di fare scuola. E ora? Ora prova anche a scrivere

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it