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Non ostenta la sua naturale e distinta eleganza, ma nemmeno la reprime, ora che non è costretta a farlo. Maisa Saleh è bellissima, e molto femminile: cascata di capelli neri, tubino e decolleté, un tocco di rossetto color ciliegia. Sale sul palco, emozionata e discreta, ma non per ricevere un premio come miglior attrice protagonista, come si potrebbe anche pensare vedendola. Maisa Saleh è una giovane giornalista siriana e questa mattina ha ricevuto, dalle mani del Sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani, il premio giornalistico Anna Politkovskaja, ormai alla nona edizione, concepito per sostenere il coraggio di giovani che nel mondo si sono distinti per le loro inchieste.

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la giornalista siriana mentre racconta al pubblico di Internazionale la sua storia

“La vincitrice dell’edizione 2014 del premio Anna Politkovskaja”, recita la motivazione del premio, “è l’attivista per la pace e giornalista televisiva siriana Maisa Saleh, che oggi è costretta a vivere in esilio a causa delle persecuzioni del governo di Bashar al Assad. Ha seguito così il destino di altri tre milioni di suoi connazionali che hanno dovuto abbandonare il loro paese.” Ha lavorato come corrispondente per la Orient news television, seguendo la guerra civile in Siria da Damasco. Nascondendo la sua identità, ha condotto un programma settimanale di interviste ai rivoluzionari, occupandosi anche della resistenza non violenta della popolazione civile. Nel 2013 è stata arrestata e trattenuta per sette mesi dal governo di Bashar al Assad.

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appello per la liberazione della sorella, catturata dall’Isis l’agosto scorso

Maisa Saleh ora ha trent’anni, prima della rivoluzione era infermiera a Damasco e non aveva la minima intenzione di diventare giornalista. Ma la dittatura era insostenibile, allora come adesso. “L’anno 2011 è stato l’occasione – dice – per noi giovani di iniziare a sapere e a capire cose terribili del regime, che nemmeno i nostri genitori ci avevano mai raccontato.” E continua: “Allora siamo sono scesi in piazza a manifestare in modo pacifico, per porre fine alla dittatura, per un ‘sogno rosa’, come lo definisce con trasognata dolcezza, per costruire una ‘Sūriya’ (perché ci parla in arabo e ripete spesso il nome del suo Paese) libera, democratica, in cui i diritti di ogni cittadino venissero rispettati. Pensavamo sarebbe stato facile.” Invece il gioco si è fatto duro, il governo ha reagito con repressioni e terribili massacri. E’ così che “ogni attivista si è dovuto trasformare in giornalista, e non solo, ha dovuto anche imparare a prestare i primi soccorsi, a imbracciare le armi per l’autodifesa”. Il governo aveva oscurato e vietato la libera informazione, quindi “siamo stati costretti a diventare giornalisti.”

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Maisa intervistata da Francesca Caferri di Repubblica

Maisa ora è esule in Turchia, ha deciso di proseguire con il giornalismo perché è portata e perché la rivoluzione deve continuare, anche ora che l’Isis ne sta offuscando lo svolgimento con i suoi orrori, al pari del regime di Assad. La cronista è riuscita ad ottenere il visto per l’Italia e ad essere presente ad Internazionale, anche grazie a Lorenzo Trombetta, corrispondente dal Medio Oriente per l’Ansa, che segue lo svolgimento della guerra in Siria fin dall’inizio. Intervenendo all’incontro “Il mondo deve sapere. Fare informazione nella Siria in guerra” (immediatamente successivo alla premiazione), Trombetta racconta come è avvenuta la scelta di Maisa: “A fine febbraio scorso abbiamo cominciato a scandagliare il fitto e variegato panorama dei giornalisti siriani. Non ci è stato facile individuare Maisa, intercettare quella zona di grigio tra il bianco e il nero, che desse la certezza di una certa obiettività. Poi abbiamo visto le 13 puntate realizzate e prodotte in proprio per l’Orient news television, che dimostrano una grande capacità di fare informazione di qualità, di fare ricerche, interviste, filmare, montare servizi, con una particolare attenzione nel raccontare e scrivere le storie delle persone.” “In più – continua – si è distinta soprattutto per la tenacia, il coraggio e la modestia: è cosciente di non essere una giornalista professionista e che il suo impegno è perfettibile”.

Ferraraitalia ha partecipato alla giornata di solidarietà e mobilitazione internazionale per i siriani #AvecLesSyriens, al Trocadero a Parigi il 15 marzo scorso [vedi]

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Sara Cambioli

È tecnico d’editoria. Laureata in Storia contemporanea all’Università di Bologna, dal 2002 al 2010 ha lavorato presso i Servizi educativi del Comune di Ferrara come documentalista e supporto editoriale, ha ideato e implementato siti di varia natura, redige manuali tecnici.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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