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Non ti meravigliare se la tua banca nei prossimi giorni ti manderà una lettera in cui ti comunica due novità: primo, se tieni più 100.000 euro sul conto corrente ti verrà applicata una commissione aggiuntiva; secondo, con un breve preavviso, la banca potrebbe decidere di chiuderti il conto, perchè le costa troppo.(NB Per adesso questa decisione riguarda i conti aziendali, non quelli intestati a persone fisiche. Per adesso.)

Prima di cominciare a inveire contro le banche ladre (ho pochi soldi e non me ne danno, gli lascio tanti soldi e non solo non me li pagano, ma me li fanno pagare), conta fino a dieci e respira. Dal punto di vista puramente industriale la scelta ha una sua razionalità: i tuoi soldi la banca li depositava presso la Banca Centrale Europea, che questo deposito lo remunerava – poco, ma lo remunerava.
Adesso invece siamo in una inedita situazione di tassi negativi: vuol dire che la BCE accetta il deposito della banca, ma invece di remunerarlo si fa pagare dalla banca – poco, ma si fa pagare. Si tratta di una misura di politica monetaria espansiva: in questo modo la BCE, in una fase di economia stagnante, stimola le banche a prestare i soldi ai clienti (da cui incasserebbero degli interessi: pochi, ma li incasserebbero) anzichè lasciarli dormire in BCE, dove da ora in avanti saranno le banche stesse a dover pagare per il deposito.

Come tutte le misure di politica monetaria, il riflesso sull’economia dei tassi negativi dipenderà da come si comporteranno le banche, ma anche da come andrà l’economia reale. E’ uno stimolo, non è un automatismo. La misura in sè potrebbe indurre le banche a riaprire i cordoni della borsa del credito: ma non si prestano soldi a qualcuno che, interessi o meno, non appare in grado di ridarteli. Non lo fareste neppure voi per un vostro amico, figuratevi se lo farebbe la banca, di cui non siete nemmeno amici. Di conseguenza, tu che stai imprecando perchè ti vogliono far pagare il deposito dei tuoi soldi, non passare dalla rabbia all’esaltazione pensando che il tuo sacrificio aiuterà tuo figlio ad avere il mutuo che gli è stato negato. Se nutri troppa fiducia in questo automatismo, potresti dover aspettare troppo: i soldi a tuo figlio fai prima a darglieli tu, così intanto abbassi il saldo del tuo conto e non rischi di pagare la commissione di elevata giacenza.

A questo punto potresti sollevare un’obiezione: ma perchè mi fanno pagare se lascio tanti soldi e non mi fanno pagare se ne lascio meno? Se la gestione di un conto per la banca è un costo, lo è anche se il conto ha una giacenza bassa. L’obiezione è sensata, anche se la banca non può arrivare al parossismo di chiudere tutti i suoi conti correnti perchè le costano troppo (non è scema). Infatti, la banca si riserva la facoltà di chiudere il tuo conto (quello con troppi soldi dentro) solo se non gli affianchi almeno un investimento. Se hai anche dei soldi investiti (in fondi, polizze, gestioni patrimoniali) il conto non te lo chiude (ancora una volta, non è scema), anche se la commissione di giacenza potrebbe fartela pagare lo stesso, allo scopo di convincerti a dirottare parte della tua liquidità in uno strumento finanziario, che serve a dare un rendimento al tuo denaro.

Cosa non quadra in questo discorso? Nulla, se non fossimo in piena epidemia mondiale, e se il mercato dei prodotti finanziari fosse efficiente. In effetti il conto corrente non è uno strumento di investimento (non lo è mai stato), ma uno strumento di servizio. C’è però un problema contingente, che speriamo resti contingente e non diventi strutturale: l’enorme incertezza economica, che mantiene i detentori di denaro costantemente all’erta, e non propensi ad impegnare i soldi  – e questa è senza dubbio una concausa dell’aumento dei depositi liquidi.  Inoltre c’è il problema dell’efficienza del mercato finanziario: il quale, almeno in Italia, è caratterizzato da una eccessiva complicazione dei prodotti al dettaglio, da una scarsa trasparenza e da una “consulenza” spinta, dai piani altri, verso la pura vendita.

L’eccessiva complicazione è sempre sospetta. Ad essa si associa regolarmente una scarsa trasparenza, il che rende il sospetto una certezza: se nel contratto mi viene omesso qualcosa, o mi viene scritto in caratteri minuscoli con una nota a piè di pagina, o mi viene scritto in modo incomprensibile per una persona di cultura media ma inesperta di finanza (ma chiedete a molti “esperti” se vi sanno decodificare le clausole di un prodotto finanziario), vuol dire che la complicazione non è nel mio interesse.

La consulenza inquinata dalle pressioni non è una responsabilità dei bancari – che peraltro sono dei “consulenti” in termini atecnici: possono più propriamente essere definiti degli esperti dei loro prodotti, quelli che la banca mette loro a disposizione, i prodotti della casa o delle case con le quali esistono degli accordi commerciali. Sotto questo profilo essere cliente della banca A o della banca B può fare differenza, se in genere i prodotti della banca A sono più efficienti(cioè hanno un miglior rapporto tra rischio e rendimento) di quelli della banca B. Ma tutte le banche hanno prodotti dignitosi e altri meno buoni. Altri ancora, roba da cui stare alla larga. Un consulente preparato, che dia dei suggerimenti sull’intera gamma di prodotti disponibili e che sia realmente indipendente dalle pressioni (e dai regali) delle case di produzione sarebbe l’ideale. Peccato che la sua consulenza giustamente debba essere pagata, e nel nostro paese non è ancora maturata la convinzione secondo la quale è meglio pagare due volte ma in modo trasparente (una per la consulenza e una per le commissioni del prodotto, che ci sono sempre) in cambio di uno strumento efficiente, piuttosto che pagare senza accorgersene, pensando che sia gratis e per uno strumento che forse, per efficienza, non è nella parte alta della gamma.

In tutto questo non vi è nulla di scandaloso: se siete in giro per cambiare macchina e andate alla Fiat, il “consulente” non vi proporrà mai una Renault. Basta che il rapporto sia chiaro. Quella che è scandalosa è la quantità di disastri finanziari che hanno coinvolto i risparmiatori in questi decenni, il che fa riflettere sulla qualità del nostro management (quello al top, perché gli scandali finanziari non sono mai colpa degli sportellisti, che però sono quelli che si beccano gli insulti) e sulla cultura di base delle persone, che una certa parte del sistema ha interesse a mantenere ignorante, e quindi manipolabile. Questa situazione rende ancora più urgente un cambio di paradigma, nella direzione di un’alleanza di interessi tra chi rappresenta i bancari onesti, coscienziosi e desiderosi di lavorare per la clientela (la stragrande maggioranza), e chi rappresenta i risparmiatori “normali”, senza velleità speculative.
Solo una saldatura tra questi interessi può contrastare la deriva delle vessazioni commerciali, che spingono le reti di vendita (persino in tempi in cui la legge vieta gli spostamenti non necessari) a convocare clienti per piazzare loro prodotti ad elevato commissionale, con buona pace della sbandierata ‘centralità del cliente’ e delle ‘risorse umane’.

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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