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Ho qui davanti a me i pieghevoli colorati di rosa e di rosso relativi a conferenze e incontri del 25 novembre e dintorni, i fogli con gli appunti che ho preso, le foto di alcuni libri usciti di recente: tutti dedicati al tema della lotta alla violenza sulle donne. Uso la parola tema nella accezione di significato per cui credo stia andando tanto di moda sui media: “dal greco théma, argomento che si vuol proporre, soggetto di uno scritto, un ragionamento, una discussione” come recita lo Zingarelli.

Il tema della violenza sulle donne nei giorni scorsi ha riempito anche i palinsesti delle reti tv insieme agli spot sul Black Friday, è la ruota che gira nel percorso ciclico dei riti social(i). Voglio glissare  però sull’appiattimento delle notizie a cui siamo condannati a rischio di assuefazione e valorizzare invece un paio di eventi a cui ho assistito. La loro qualità mi spinge a darne conto perché più li penso più mi restituiscono il valore di una battaglia di civiltà.

L’evento più recente è avvenuto mercoledì, ultimo giorno di novembre, alle Opere Parrocchiali di Poggio Renatico: su invito del Club Rotary locale sono intervenute in qualità di relatrici Giulia Trombelli e Nina Komadina, laureate in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università di Trieste, nonché impegnate nel direttivo di Koliba, un collettivo online composto da ragazzi sotto i trent’anni che si occupano di informazione e divulgazione culturale sui social.

Insieme hanno presentato il libro di Valeria Fonte Ne uccide più la lingua. Il sottotitolo Smontare e contestare la discriminazione di genere che passa per le parole spiega eloquentemente lo scopo del testo.

Preparatissime, hanno inondato la platea con slide piene di statistiche e con informazioni e considerazioni critiche sulla violenza ai danni delle donne, sulla retorica con cui sono costruiti gli stereotipi linguistici, allargando la visuale dal libro a una vasta letteratura dedicata alle discriminazioni di genere.

Si sono rivolte a una sala piena di persone di ogni età, sapendo coniugare al quadro esposto poco prima riferimenti concreti alla esperienza di tutti, suggerendo il confronto tra le mentalità delle diverse generazioni presenti.

In particolare hanno suscitato gli interventi su frasi tratte dal libro come queste: “E tu perché hai fatto questo video?”, “Potevi dire di no, “Le vere molestie sono altre”, “Sei troppo aggressiva, calmati”, evidenziando la violenza che vi è sottesa: la violenza che relega le donne dentro le sbarre degli stereotipi, che le vogliono sensuali, prive di rabbia, pronte a colpevolizzarsi e soprattutto subalterne.

In ottemperanza alla tesi del libro di Valeria Fonte hanno fatto i conti con la “misoginia dei discorsi”, mettendo sotto la lente di ingrandimento il potere di certe parole ed espressioni come violenza maschile e patriarcato, paura e cultura dello stupro, che, liberate dalle incrostazioni semantiche degli stereotipi, vanno ricondotte al loro significato autentico e rivelatore.

Ora passo dal plurale donn-e al singolare, modificando la parte finale della parola mediante la desinenza –a. Resta intatto il tema della parola, che in linguistica si definisce come “ la forma ampliata o meno con cui si presenta la sua radice” (da Oxford Languages), ovvero la sua parte persistente nel sistema della lingua.

Armata di questa seconda accezione del termine entro nel bel romanzo di Viola Ardone, che ha per titolo un nome di donna, Oliva Denaro. Scelgo una pagina dove Oliva, dopo avere subito la violenza del suo” innamorato” al paese, deve decidere se accettare il matrimonio riparatore oppure se denunciare l’oltraggio che l’ha disonorata.

Si sente sola ed emarginata dal “coro paesano”, mai come ora che ha sedici anni ha ben compreso quale ingiusta discriminazione la penalizza rispetto all’altro sesso. Pensa al fratello gemello con cui è cresciuta: ”Se fossi nata maschio come Cosimino, avrei potuto restare con me stessa e non appartenere a un uomo. Invece sono nata al femminile e il femminile singolare non esiste”.

Proprio il 25 novembre son andata a incontrare la scrittrice Viola Ardone a Ferrara presso l’Aula Magna della facoltà di Giurisprudenza. Ho condiviso l’evento con circa duecento studenti del Liceo Ariosto venuti a incontrare l’autrice napoletana intervistata dai loro compagni del gruppo Galeotto fu il libro su Oliva Denaro, il suo ultimo romanzo.  Le classi che si sono avvicendate in due turni hanno portato dei contributi originali: brevi filmati sui contenuti del libro, locandine e disegni coloratissimi che vengono proiettati nel corso delle interviste.

Ascolto gli interventi dei ragazzi “Galeotti” che stanno attorno alla scrittrice le rivolgono a turno le domande e le considerazioni che hanno condiviso tra loro e con le insegnanti: domande che sono andate in profondità sugli aspetti forti del romanzo, sul percorso di formazione della protagonista che vuole essere libera in un momento storico, la Sicilia degli anni ’60,  in cui nascere donna è una condanna.

Sugli altri temi che vi si intrecciano, i rapporti dentro la famiglia, il valore della scuola; sulla struttura narrativa, sui personaggi e sul contesto culturale non solo siciliano del secolo scorso contrassegnato  dalle battaglie per i diritti civili. Anche loro fanno molte osservazioni sul linguaggio, citano la maestra di Oliva che nel libro ripete “le parole sono armi non solo quelle difficili, anche quelle ordinarie, che ballano in bocca agli ignoranti”. Leggono passi in cui la protagonista prova su di sé il potere che hanno gli stereotipi, i retaggi culturali che le parole trasmettono come frecce acuminate.

Mi piacciono una volta di più questi giovani liceali che ho frequentato a centinaia facendo l’insegnante per quasi quarant’anni, una volta usciti dal Liceo fanno studi come quelli di Giulia e di Nina, leggono testi che non conosco e me ne trasmettono il valore. Mi domando quanto sia cresciuto il loro numero un anno dopo l’altro, quale incidenza possano avere sulla circolazione di idee più giuste. Quali visioni del mondo vadano ad aprire le loro parole tanto consapevoli.

Per finire l’incontro e salutare la loro ospite, si alzano in piedi ragazze e ragazzi della prima fila e pronunciano passandosi il microfono una frase ciascuno. Le frasi riprendono un modo di esprimersi di Oliva nei momenti decisivi della sua storia:

“Io sono favorevole al riscatto”
“Io sono favorevole al consenso”
“Io sono favorevole al rispetto reciproco”
“Io sono favorevole alla sorellanza tra le donne per affrontare ogni tipo di sopruso”

“Io non sono favorevole alla sottomissione”
“Io non sono favorevole alla vergogna”
“Io non sono favorevole alle ingiustizie”
“Io non sono favorevole alle libertà che si prende un uomo sul corpo di una donna”.

Infine tutti insieme “Il femminile singolare dipende da noi”.

Anche Viola Ardone è insegnante. Insegna Italiano e Latino in un Liceo della provincia di Napoli e qui oggi ha verificato quanto sia passata la sua lezione di grammatica. Mentre si alza per ringraziare e salutare a sua volta mi accorgo che si sta asciugando gli occhi.

Nota bibliografica:

– Valeria Fonte, Ne uccide più la lingua. Smontare e contestare la discriminazione di genere che passa per le parole, De Agostini, 2022
– Viola Ardone, Oliva Denaro, Einaudi, 2021

Per leggere gli altri articoli e indizi letterari di Roberta Barbieri nella sua rubrica Vite di cartaclicca [Qui]

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Roberta Barbieri

Dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Filologia Moderna all’Università di Bologna ha insegnato nel suo liceo, l’Ariosto di Ferrara, per oltre trent’anni. Con passione e per la passione verso la letteratura e la lettura. Le ha concepite come strumento per condividere l’Immaginario con gli studenti e con i colleghi, come modo di fare scuola. E ora? Ora prova anche a scrivere

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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