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Caro diario,
oggi è uno dei giorni più tristi della mia vita.
Ho deciso.
Smetto di andare a danza.
Ricordo quando ho iniziato.
Ricordo tutto.
Avevo otto anni e la sala mi sembrava enorme.
Ero strafelice.
La mamma mi diceva un sacco di cose, ma io non riuscivo a staccare gli occhi dalle ragazze più grandi che, leggere come l’aria, rientravano ancora danzando nello spogliatoio, mentre noi, le più piccole, stavamo per iniziare la nostra prima lezione con la nostra giovane insegnante.
Mi piaceva tutto di Debbi.

 

Oggi ho salutato Debbi.
Le ho detto che non riesco più a seguire, lo studio, l’Università a Bologna poi…
Poi sono scoppiata a piangere
Non sarò mai una ballerina!
Fino a che nessuno te lo dice in faccia, continui ad andare avanti, fai le stesse cose che fanno le altre, non vuoi ammetterlo, anche se hai capito.
Si, Debbi è molto brava a mascherare ciò che pensa veramente, ma il suo sguardo parla chiaro.
Quando posa gli occhi su di me il tempo non passa mai.
Aspetto le sue parole come il giudizio di Dio.
Basta una sua inflessione di voce differente a farmi capire che non vado bene.
Da fuori nessuno se ne accorge, lei si.
Ma io non mi piego.
Continuo.
Io sono brava, Debbi!
Come Irene.
Adesso mi dirà che Irene viene tutti i giorni ad allenarsi e fa Medicina a Bologna!
Irene ha le gambe lunghe fino al cielo e sottili.
Io ho delle belle gambe, ma sono come quelle della mamma.
Debbi le vorrebbe come quelle di Irene.
No Debbi, non mi interessa cambiare corso, ho capito.
Mi sento come quando mio fratello mi svelò che Babbo Natale non esisteva, che erano i genitori!
In un attimo la polvere magica del Natale cadde per terra facendomi vedere le cose come erano in realtà.
La realtà non mi è mai piaciuta.
Tutti dicono che sono una ragazza con la testa sulle spalle, ma io la testa la lascio da sempre viaggiare lontano.
Lontano da chi non è gentile.
Lontano da chi ti mette in difficoltà.
Lontano da chi ti fa sentire inferiore.
E allora quando mi sentivo un po’ giù di corda, in camera mia ballavo e sognavo.
Tutto così tornava al suo posto.
Quando i miei genitori erano fuori, accendevo tutte le luci della sala da pranzo, spostavo il tavolo, mettevo su la musica e ballavo fino allo sfinimento.
Una ballerina, volevo diventare una ballerina.

 

-Accidenti… l’armadietto!
Non ho svuotato l’armadietto.
Torno indietro adesso, qui non ci voglio più mettere piede, almeno per un po’!-
-Ire, ma sei ancora qui!-
– Si… non voglio andare a casa-
-Ah, beh… scusa… devo aprire l’armadietto alle tue spalle. Non vuoi tornare a casa?
Ma perché non vuoi tornare?-
-Da quando non c’è più mamma…-
-Si, ho saputo, terribile.
Ascolta, ho una idea. Vieni da me questa sera! Mio fratello è dalla sua ragazza, e tu puoi dormire lì. Domani poi andremo in stazione assieme!-
-Sai che ti dico di sì! –
-Posso abbracciarti?-
-Certo… dai vieni qui-
-Ma cosa stavi prendendo dall’armadietto?-
-Che armadietto?
Ah si, l’armadietto! Nulla, sai le cose da lavare, se no per venerdì non saprei proprio cosa mettermi, non ho più nulla di pulito!-

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Roberto Paltrinieri


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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