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ROMA, L’EXPO MANCATO E I MILIONI DI RYADH SEASON.

Sulle pagine del quotidiano La Repubblica Massimiliano Fuksas, controversa archistar romana, commenta la sconfitta di Roma nella vicenda dell’attribuzione dell’Expo affermando una cosa sacrosanta: Roma non può far pagare il suo cronico ritardo infrastrutturale ad altri.
La grande differenza tra le candidature italiane e quelle di altri paesi, anche europei, in queste “competizioni” è che questi ultimi nei loro dossier indicano anche le opere pubbliche o di uso pubblico realizzate o in corso di realizzazione, che supporteranno quindi l’arrivo di tanti visitatori mentre le città italiane aspettano l’evento, se arriva, per farle perché sono state incapaci di realizzare prima con i canali di finanziamento ordinari.

Parigi, quando perse la competizione con Londra per le olimpiadi, il giorno dopo avviò la rigenerazione urbana del quartiere di Batignolles che doveva ospitare il villaggio olimpico e che oggi è vivo e ben funzionante, con un bellissimo parco usatissimo dai parigini.
A Roma con l’Expo si volevano sanare delle ferite come le vele incompiute di Calatrava, un progetto già nato vecchio, il cui cantiere è fermo dal 2009.

Riad si è dunque aggiudicata l’Expo e Fuksas è tra i progettisti di Neom Line, simbolo del rinascimento saudita (di renziana memoria). Infatti l’architetto in questa intervista cita la città lineare come esempio di visione di futuro.

Probabilmente la ricca parcella pagata dalle società controllate dallo Sceicco Mohammad bin Salman fa dimenticare all’architetto romano che Neom è una città sanguinaria, perché diversi membri delle comunità locali che si erano opposte al progetto che li espropriava delle proprie terre, sono stati condannati a morte per terrorismo ed quindi uccisi.

Fuksas dimentica anche che il sogno green di una città di acqua, vegetazione e piste da sci (dove forse un giorno, chissà, si faranno le olimpiadi invernali) costruita nel deserto saudita. dentro due edifici paralleli lunghi 170 km, è un sogno per ricchi costruito da poveri migranti (come è successo a Dubai o nel Qatar) che arricchirà molte società e professionisti occidentali, come Webuild, e che ponendosi come enclave ecosostenibile diventerà una città abitata da ricchi, accentuando quindi le disuguaglianze con chi non lo è.

NEOM LINE – The Line, la città utopica verticale nel golfo di Aquaba, lunga 170 chilometri, larga 200 metri e alta 500.

Le diseguaglianze. Sappiamo (anche se molti il problema non se lo pongono) che queste costituiscono la faccia sociale della crisi climatica ambientale e che se questa crisi non l’affrontiamo associando questi due aspetti – diseguaglianze e crisi climatica –  il futuro potrebbe diventare ancora più distopico di quello che già.
Associando tale riflessione alle vicende dell’Expo, una riflessione che in prima battuta irrita e subito dopo induce alcune riflessioni è quella del presidente del presidente del comitato promotore Roma Expo 2030 l’ambasciatore Giampiero Massolo: “Si è votato per il mercantilismo, la diplomazia transazionale anziche’ transnazionale”, mentre l’ex Sindaco Virginia Raggi, presidente della commissione per l’Expo del Campidoglio, aveva parlato dell’Arabia Saudita come un regime che calpesta i diritti umani.

Queste affermazioni sono indicative dell’ipocrisia dei nostri apparati di governo locali e globali.

Che i Paesi del Golfo siano delle dittature sanguinarie lo sappiano da sempre, quotidiani seri come The Guardian o Le Monde gli hanno dedicato dossier molto approfonditi, così come numerosi ricercatori ne hanno studiato le politiche e gli apparati repressivi.

Il problema è più drammatico ed è nostro. Le nostre democrazie occidentali hanno delegato il futuro del mondo a questi paesi autocratici e sanguinari che controllano il mercato dell’energia fossile, dell’innovazione tecnologica e smart e ci propongono sogni green, certamente non per tutti, attraverso le immagini di un futuro tecno-ecologico che nasconde o elimina i conflitti e le disuguaglianze, alimentando con la nostra complicità delle gigantesche operazioni di greenwashing urbanistico.

Questi paesi dittatoriali stanno modificando gli equilibri e i baricentri del potere mondiale, politico e finanziario, è il loro approccio è certamente “mercantile”, come afferma Giampiero Massolo, ma forse doveva accorgersene e dichiararlo prima, visto che la squadra di calcio della Roma, di proprietà americana, che indentifica nel mondo del calcio la nostra capitale, concorrente di Riad nella gara dell’Expo, ha scelto come sponsor Ryadh Season per un valore di 8 milioni di euro a stagione.

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Romeo Farinella

Romeo Farinella, architetto-urbanista e professore ordinario di Progettazione urbanistica presso l’Università di Ferrara. Si occupa di problematiche urbane e paesaggistiche da almeno trent’anni. Prima di approdare a Ferrara ha vissuto in diverse città, tra cui Roma e Parigi e quest’ultima è diventata uno dei suoi temi principali di ricerca. Oltre a Ferrara ha tenuto corsi anche in Francia (Lille, Parigi), Cina (Chengdu), L’Avana e São Paulo e Saint Louis du Senegal. È stato direttore per alcuni anni del Centro di Ateneo per la Cooperazione allo Sviluppo Internazionale di UNIFE.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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