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Presto di mattina /
Nelle tue mani

Presto di mattina. Nelle tue mani

Nelle tue mani

“Se lo Spirito scegliesse lei?” domanda la giornalista al cardinale Prevost due giorni prima del conclave.
Risposta: “tutto è nelle mani dello Spirito santo… nelle sue mani”.

 È Re, più in alto dei gioghi dell’Alpe
regge gli ardori meridiani;
senton le vigne le sue mani calde
calarsi sui grappoli sani:
la roccia, disfatta e più bionda,
in altissima luce affonda.
(Carlo Betocchi, Tutte le poesie, 34).

Perde
calore in cielo l’aereo tremore,
a intervalli cadono le messi ne’ campi gialli,
esse salendo a Dio
saranno nelle sue mani come un fiore
in quelle d’una giovinetta che le ha belle.
(Mario Luzi, Tutte le poesie, 30).

 Dignitas humana

Rerum novarum / Desiderio delle cose nuove, così l’incipit dell’enciclica di papa Leone XIII (15 maggio 1891) circa la necessità e urgenza vitale – come diceva spesso – di «accrescere e migliorare le cose vecchie con le nuove». Al centro dell’attenzione era soprattutto la questione operaia, riflettendo l’Enciclica dava inizio al cammino di apertura della chiesa verso la società e il mondo del lavoro.

Ma tutto questo veniva fatto a partire dal tema della dignità umana: «A nessuno è lecito violare impunemente la dignità dell’uomo, di cui Dio stesso dispone con grande riverenza, né attraversargli la via a quel perfezionamento che è ordinato all’acquisto della vita eterna. Che anzi, neanche di sua libera elezione potrebbe l’uomo rinunziare ad esser trattato secondo la sua natura, ed accettare la schiavitù dello spirito, perché non si tratta di diritti dei quali sia libero l’esercizio, bensì di doveri verso Dio assolutamente inviolabili» (Rerum Novarum, 32).

Dignità umana che la recente dichiarazione del Dicastero vaticano della fede (25.03.2024) qualifica come “dignità infinita”, cui si deve “un rispetto incondizionato”.

Dignitas infinita

«Una dignità infinita, inalienabilmente fondata nel suo stesso essere, spetta a ciascuna persona umana, al di là di ogni circostanza e in qualunque stato o situazione si trovi. Questo principio, che è pienamente riconoscibile anche dalla sola ragione, si pone a fondamento del primato della persona umana e della tutela dei suoi diritti. La Chiesa, alla luce della Rivelazione, ribadisce e conferma in modo assoluto questa dignità ontologica della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio e redenta in Cristo Gesù.

Da questa verità trae le ragioni del suo impegno a favore di coloro che sono più deboli e meno dotati di potere, insistendo sempre «sul primato della persona umana e sulla difesa della sua dignità al di là di ogni circostanza». Di tale dignità ontologica e del valore unico ed eminente di ogni donna e di ogni uomo che esistono in questo mondo si è resa autorevole eco la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (10 dicembre 1948) da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite”» (Dignitas infinita, 1).

Papa Leone XIV

Nato il 14 settembre 1955 a Chicago, negli Stati Uniti, dell’Ordine degli Agostiniani, Robert Francis Prevost è stato missionario in Perù per molti anni. Nominato recentemente da papa Francesco prefetto della Congregazione dei vescovi è stato fatto cardinale il 30 settembre 2023.

Il cammino del “Papa delle due Americhe”, potremmo dire, si è sviluppato attraverso un duplice e parallelo percorso: il sentiero tracciato dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che inizia ricordandoci che «tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti» (Articolo 1) e il sentiero della dignità infinita che sgorga dalla gioia del vangelo e dalla vita di Gesù di Nazaret.

Si legge ancora nella Dignitas infinita: «Fin dagli inizi del suo pontificato, papa ha invitato la Chiesa a “confessare un Padre che ama infinitamente ciascun essere umano” ed a “scoprire che “con ciò stesso gli conferisce una dignità infinita”, sottolineando con forza che tale immensa dignità rappresenta un dato originario da riconoscere con lealtà e da accogliere con gratitudine.

Proprio su tale riconoscimento ed accoglienza è possibile fondare una nuova coesistenza fra gli esseri umani, che declini la socialità in un orizzonte di autentica fraternità: unicamente «riconoscendo la dignità di ogni persona umana, possiamo far rinascere fra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità» (Dignitatis infinita, 1).

Così come il nome di ogni papa racchiude un seme che si farà pianta, con uno sguardo di fede e uno stile pastorale rivolto a Dio e all’umanità, quello prescelto da papa Prevost mi fa pensare a una pianta il cui seme contiene due cotiledoni, foglie embrionali: dignitas humana e dignitas infinita.

Due gemme piccole, nell’ombra della terra in attesa del sole, i cui fiori e i frutti presentano la massima varietà di forme, spuntano con le radici e hanno un compito nutritivo finché la pianta non sia riuscita ad attivare la funzione di fotosintesi. Sono respiro per la pianta ancora senza foglie, come la dignità è respiro di umanità ancora senza pace.

Certo, il nome Leone rimanda al passato, fa pensare a Leone XIII e alla questione sociale e va anche più indietro nel tempo, a Leone I, detto anche Leone Magno per il suo impegno per la pace profusa nel 452 e nel 455, quando, disarmato, dissuase Attila e poi i Vandali d’Africa, guidati dal re Genserico a continuare l’invasione dell’Italia.

Non sorprende allora che le prime parole del papa siano state per la pace, quella donata a Pasqua dal Cristo risorto ai discepoli e all’umanità: soffio del suo Spirito: «Una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Proviene da Dio, Dio che ci ama tutti incondizionatamente. Ancora conserviamo nei nostri orecchi quella voce debole ma sempre coraggiosa di Papa Francesco che benediva Roma!».

Ma si può pensare anche a un altro Leone, che ci fa ritornare a un presente aperto ad un futuro di pace, a quella fraternità universale così insistentemente evocata da papa Francesco nella Fratelli tutti.

Mi riferisco a frate Leone, fedele custode delle origini francescane; pecorella di Dio lo chiamava Francesco d’Assisi. Nel papa che ci ha lasciato e in colui che è venuto mi piace allora pensare che Francesco e Leone stiano di nuovo camminando insieme con noi nel solco dell’Evangelii gaudium e dell’opzione preferenziale per i poveri, per il riscatto della loro dignità.

Ancora insieme come quella volta – si narra nei Fioretti – quando Francesco spiegava a frate Leone in cosa consistesse la “perfetta letizia”. Sta questa tutta nella sequela e nell’imitazione del Cristo, nel suo abbandono al Padre, servendo umanità.

Così scrive sant’Agostino: «Perciò, fratelli, se il nostro amore è sincero, imitiamo anche noi. Non potremmo infatti rendere miglior frutto di amore di quello che è l’imitazione dell’esempio: Cristo in realtà “patì per noi lasciandoci un esempio perché ne seguiamo le orme”» (Discorso 304, 2.2).

Francesco d’Assisi, dopo aver trascritto la benedizione del libro dei Numeri, concluse con queste parole «il Signore benedica te, Frate Leone».

Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere il suo volto per te
e ti faccia grazia.
Il Signore elevi il suo volto su di te
e ponga su di te la pace
(Nm 6,22-27).

Benedica te Leone XIV.

Cover: immagine tratta da https://pixabay.com/it/images/search/free%20image/

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Andrea Zerbini

Andrea Zerbini cura dal 2020 la rubrica ‘Presto di mattina’ su queste pagine. Parroco dal 1983 di Santa Francesca Romana, nel centro storico di Ferrara, è moderatore dell’Unità Pastorale Borgovado che riunisce le realtà parrocchiali ferraresi della Madonnina, Santa Francesca Romana, San Gregorio e Santa Maria in Vado. Responsabile del Centro di Documentazione Santa Francesca Romana, cura i quaderni Cedoc SFR, consultabili anche online, dedicati alla storia della Diocesi e di personaggi che hanno fatto la storia della chiesa ferrarese. È autore della raccolta di racconti “Come alberi piantati lungo corsi d’acqua”. Ha concluso il suo dottorato all’Università Gregoriana di Roma con una tesi sul gesuita, filosofo e paleontologo francese Pierre Teilhard de Chardin.

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PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)