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Presto di mattina /
La nuvola e l’aratro

Presto di mattina. La nuvola e l’aratro

La nuvola e l’aratro

All’ora del tramonto in cima alla collina
fa attenzione a come le ortiche e i frassini
resistono alla stagione secca
insegui a perdifiato la nuvola
e quando di lei resterà solo un colore
non cessi di meravigliarti la sua volontà
di ricominciare ogni volta di nuovo
le folle si trastullano
con i miracoli che accadono
nei libri contabili
tu cerca al contrario
stelle distinte
che trascinino sobbalzando
il peso del tuo aratro
(José Tolentino Mendonça, Estranei alla terra, Crocetti Editore, Milano 2023, 177).

È questa la mistica della missione e il suo messaggio: “Non senza l’altro”. La pungente ortica resiliente in luoghi desolati, non senza il frassino di rinascita e trasformazione, albero alto sui confini. Spazio di incombente leggerezza, la sfuggente nube riavvolge, ogni volta, il cielo rifatto nuovo; l’aratro che sprofonda sollevando zolle, non senza i suoi profeti, il sussulto di stelle trainanti il sogno di Dio e il sorriso dell’uomo.

Una fede ostinata e sorridente

Una fede ostinata e sorridente e dunque “una fedeltà innamorata” è stata quella di padre Silvio, così la sua profezia. L’ostinazione è come un aratro, direbbe don Primo Mazzolari, che solca i campi dell’umano, rivolta la terra, una zolla, un’altra zolla e la fa sorridere, perché dall’oscurità rivolge il suo sguardo alla solare luce, così che rifletta in essa la gioia, primizia ora e quella futura del fiorire e del fruttificare a suo tempo.

Così è stata la gioia della missione di padre Silvio, quella nascosta nei gemiti della terra, nelle sue ferite, tesoro nascosto nel campo di un aratore, perla preziosa di un mercante di pace per il Regno dei cieli.

Ostinato è l’amore di chi fronteggia l’immobilità, la chiusura, il dolore, e tuttavia pure sorridente è quello di chi abita il Vangelo e la vita della gente come fosse la sua scuola, la sua casa, la sua terra, il suo campo. Si potrebbe dire del Vangelo ciò che un proverbio africano dice della gioia: “il Vangelo è un seme strano, diventa albero nel tuo campo se lo semini nel campo di un altro”.

Ogni sincera mistica si fa terrosa di vita comune, vita condivisa

«Volgi il tuo sguardo, Padre misericordioso, a questa tua famiglia, perché risplenda ai tuoi occhi per il desiderio di te». Credo fermamente che p. Silvio abbia portato a compimento con la sua vita questa preghiera liturgica unitamente a quella del Padre nostro.

Scrive infatti: «Il discorso-preghiera di Cristo a dimensione mondiale prima della sua testimonianza nel sangue, mi è apparso più chiaro, un ideale storico che porta lo sguardo all’orizzonte, sostenuto dalla sua Presenza che sprigiona energia al di là di tutti i confini che conosciamo».

E non disgiuntamente al Pater, per p. Silvio, le beatitudini sono sempre state una bussola, perché, grazie a loro, ci è dato imparare dove sta il Cristo con il Padre suo, dove trovarlo, così da seguirlo ovunque egli vada, non avendo né tana né nido, ma errabondo nell’umanità di chi ha fame, ha sete, è nudo, straniero, in carcere, malato.

Nel resoconto dei suoi anni tra i baraccati dell’acquedotto Felice (1971-1975) maturò la svolta nel provare un nuovo stile di missione tra la gente, chicco di grano caduto nella loro terra scura, in obbedienza ai superiori. Scriveva: «Si delineò così l’inizio di un progetto di vita comunitaria: “vivere in mezzo alla gente, fratello tra fratelli, cercando insieme il volto del Padre, aiutandoci a risolvere i problemi del quotidiano nello spirito delle Beatitudini».

La vita che parla senza saperlo come la poesia

Così è pure lo scrivere e la scrittura, di p. Silvio, viva ed essenziale, dal di dentro. Ne mostra l’animo ma con sobrietà. Fluisce chiara, umile, interrogante, veritiera, ma delicata nei racconti più drammatici e crudi ed un intenso testo poetico sta all’inizio del dossier che documenta gli anni vissuti tra i baraccati.

Ha scritto Thomas Mann nella prefazione al libro Lettere di Condannati a morte della Resistenza europea (p. XI): «Ammiriamo la poesia proprio perché sa parlare come la vita, ma siamo doppiamente commossi dalla vita che parla, senza saperlo, proprio come la poesia».

«Scrivere non è il mio mestiere. Riporto un’esperienza vissuta insieme alla gente che abita nella periferia di Roma. Ha un valore particolare. È un momento del cammino di un popolo che vuole vivere: è la voce dei poveri che indica una via da seguire.

Ciclostilati e corrispondenza del Comitato Acquedotto Felice e di Nuova Ostia sono la documentazione più importante. Come ogni esperienza può avere un significato se ne è chiaro il suo limite. Scrivo alcune note personali perché l’esperienza proposta possa essere colta dall’interno. Sono credente. Avverto la forza che viene dal legame con l’evento di Cristo, come la responsabilità della coerenza mia e di quanti si riconoscono nel suo Nome. Anche la comunità cristiana è coinvolta nella storia dolorosa dei figli di Dio che vivono nelle periferie delle grandi città: Roma come altrove».

Corresponsabilità: la forza del rinnovamento

In quel dossier si comprende non solo il modo con cui egli avesse assimilato il concilio e vivesse i contrasti della sua faticosa recezione, ma già qui egli intravedeva la necessità della corresponsabilità, di lavorare in gruppi e dello stile sinodale per la chiesa a venire.

Scriveva: «Lo scontro che porta una chiarificazione è certamente positivo, non credo però che risolva il problema. Il “rinnovamento” è un fatto a cui ci avviciniamo nella misura in cui cresciamo tutti come corpo nell’esperienza viva di amore, di lotta, di libertà, di comunione, così come le ha vissute GESÙ

Quale proposta di vita sarebbe se la struttura ecclesiastica vivesse una realtà di partecipazione e di collegialità, la grande tesi del Vaticano II, in cui la libertà portasse alla ricchezza della comunione piena dei doni diversi che lo spirito dona al suo popolo?

Maturazione ed elaborazione collettiva di documenti; partecipazione comunitaria agli impegni di lotta che trasformano la società; gestione e finalizzazione dei “beni” del popolo di Dio; tutto questo sarebbe un motivo di crescita per la comunità cristiana, una proposta per la società».

Nihil fere sui, “quasi niente di sé”.

Son l’aratro per solcare:
Altri cosparga i semi,
Altri èduchi gli steli,
Altri vagheggi i fiori,
Altri assapori i frutti.
Son la sponda per il mare:
Altri assetti le navi,
Altri spinga le prore,
Altri diriga il viaggio,
Altri tocchi le mete.
(Clemente Rebora, Le poesie, Garzanti, Milano 1988, 134).

Nulla senza l’altro, e così mettendo mano all’aratro senza, evangelicamente, voltarsi indietro, si va ancora per il solco profondo. Padre Silvio, nel marzo 2017, mi scrisse come una conferma e una rinnovata consegna:

[Il ministero di chi accompagna nel dolore] «è il ministero che più manifesta Gesù, crocifisso e risorto. Credi, nella sofferenza di quasi due anni legata alla piaga da decubito e alle infezioni che si collegano, ho sentito tanto la vicinanza del Risorto e della sua Mamma. ‘Io non so, ma tu sai…’ al Pronto soccorso mi dicevo: “Davanti a tanto dolore, come un tunnel, lo sbocco non può essere che il Paradiso”».

È terra questa carne appena arata.
Aspetta il seme aspetta la sua acqua.
È carne questa terra ormai sbranata
come l’agnello nato per la Pasqua.
A Te mi stringo qui per terra Padre
che Ti sei fatto chicco per farmi grano,
per farmi Vita di questa terra madre.
Corpo che si fa pane; sangue, vino.
Ecco, qual seme denudato a terra
e quale vite che docile si innesta
M’offro al dolore come se fosse pioggia.
Lacero è il corpo, lacera è la veste,
un pianto di sale solca ogni ferita,
si nutre la terra della sua stessa sete.
(Giuseppe Ferrara, testo ancora inedito)

Sabato 18 ottobre vigilia della Giornata Missionaria Mondiale a Casa Cini alle ore 17 ci sarà la presentazione del libro: Silvio Turazzi, Missionis gaudium. La gioia della missione, Quaderno 55 del Cedoc SFR, Ferrara 2025.

Cover: immagine tratta da https://pixabay.com/it/images/search/free%20image/

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Andrea Zerbini

Andrea Zerbini cura dal 2020 la rubrica ‘Presto di mattina’ su queste pagine. Parroco dal 1983 di Santa Francesca Romana, nel centro storico di Ferrara, è moderatore dell’Unità Pastorale Borgovado che riunisce le realtà parrocchiali ferraresi della Madonnina, Santa Francesca Romana, San Gregorio e Santa Maria in Vado. Responsabile del Centro di Documentazione Santa Francesca Romana, cura i quaderni Cedoc SFR, consultabili anche online, dedicati alla storia della Diocesi e di personaggi che hanno fatto la storia della chiesa ferrarese. È autore della raccolta di racconti “Come alberi piantati lungo corsi d’acqua”. Ha concluso il suo dottorato all’Università Gregoriana di Roma con una tesi sul gesuita, filosofo e paleontologo francese Pierre Teilhard de Chardin.

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