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di Davide Tucci

«Le piccole imprese sono ridotte allo stremo. E la pressione fiscale, unita all’enorme rete burocratica, non ha fatto altro che aggravare la loro situazione. Se a questo aggiungiamo anche l’evento sismico di due anni fa, è chiaro che la luce in fondo al tunnel si allontana sempre di più».
Paolo Govoni, presidente di Cna Emilia Romagna, non usa mezzi termini mentre inaugura “TrendER”, il quindicesimo Forum Congiunturale della micro e piccola impresa sul secondo semestre del 2013. Un semestre che ha confermato il quadro di difficoltà di inizio anno, e che ha fatto registrare un’ulteriore diminuzione tendenziale del 7% sul fatturato totale (nel primo semestre si era fermata al 6,3%).

«E i dati per il primo trimestre dell’anno in corso non rasserenano affatto, per via dei livelli dei ricavi complessivi che si abbassano fino a toccare il -9,4%», dichiara il direttore regionale dell’Istat Marco Ricci. La serie di scivoloni, però, ha risparmiato Bologna, l’unica provincia in cui il fatturato totale è lievitato del 2,1%. La maglia nera va invece a Parma, in rosso per oltre il 22%.

L’unica nota positiva, per le aziende emiliane con meno di 20 dipendenti, è che il ridimensionamento è stato solo in parte attenuato dalla lieve crescita tendenziale dell’1,3% sul fatturato estero: «L’export ci fa guadagnare sempre mezzo punto di Pil in più, ma non è affatto sufficiente a condurci verso la ripresa economica», sottolinea Ugo Girardi, segretario generale Unioncamere dell’Emilia Romagna. «Occorre che tutti gli attori della produzione emiliana puntino all’internazionalizzazione», rilancia Morena Diazzi, direttore generale delle Attività produttive dell’Emilia Romagna.

Il settore in picchiata è ancora una volta quello dell’edilizia, in cui il calo tendenziale del fatturato complessivo del -10% conferma, negli ultimi di mesi dello scorso anno, i dati del primo semestre. Si tratta di una riacutizzazione della crisi. Anche gli investimenti nelle costruzioni continuano a diminuire per il quarto semestre consecutivo: a fronte di un’attenuazione del 15,3%, nella prima metà dello scorso anno, si è passati ad un calo di cinque punti (-20%).

Tra i pochi settori che resistono, l’unico in salita è il manifatturiero del legno mobile, che registra una crescita dello 0,4% rispetto ai primi sei mesi del 2013, seguito dai ribassi meno dolorosi della meccanica (-1,5%) e dei trasporti (-3,5%). Più sensibili, invece, i cali di fatturato della moda, che arriva a toccare il -14,7%, e dell’alimentare, al -16%.

«C’è una doppia polarità con cui bisogna misurarsi: ottimismo e pessimismo. Stiamo attraversando una Quaresima economica più lunga del previsto», cerca di stemperare Daniele Quadrelli, direttore generale della Federazione delle Banche di Credito Cooperativo dell’Emilia Romagna. «La stagnazione attuale non ha graziato neanche le banche, sentenzia. Il 2013, infatti, è stato l’annus horribilis del Credito Cooperativo, sia in Emilia che in tutto il Paese. Il nostro modello è totalmente in rivisitazione, rimanendo comunque ancorato al locale. Gli istituti di credito che compongono il sistema sono destinati a diminuire, perché lo stesso concetto di “territorialismo” sta cambiando. Dobbiamo sforzarci di capire quante sofferenze abbiamo ancora da metabolizzare».

[© www.lastefani.it]

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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