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Percorsi partecipati senza arroganza

Percorsi partecipati senza arroganza

Esistono moltissimi miti che parlano di alberi tanto che, ancora oggi, assistiamo a veri e propri riti ancestrali che si sviluppano intorno ad essi: nei riti arborei che si svolgono nel sud dell’Italia, tra Lucania e Calabria, si chiede scusa al bosco per l’abbattimento di un solo albero che parteciperà alla cerimonia come “re del maggio”. (https://www.repubblica.it/native/viaggi/2019/06/04/news/tra_terra_e_cielo_le_nozze_degli_alberi-227855511/).

Il rito è, nella fattispecie, un vero e proprio… percorso partecipato delle due comunità quella umana e quella arborea!

Come nei miti antichi, anche in questi riti gli alberi costituiscono un medium per raggiungere un’altra dimensione che alcuni definiscono convintamente, divina, altri semplicemente metafisica e che, più in generale, potremmo chiamare con una certa neutralità, invisibile.

Tanto per essere chiari c’è ancora una umanità e molti individui della specie umana che, adottando le parole di Cristina Campo, “…credono pochissimo al visibile, credono molto all’invisibile ed è forse la cosa che interessa loro di più…”.

Alcuni di questi miti come quello di Fetonte ricordato nel recente libro di Maurizio Bettini, Arrogante umanità (Einaudi, 2025), ci obbligano a una riflessione moderna sul nostro rapporto con l’ambiente: Fetonte, che va oltre la sua condizione di mortale arrogandosi il diritto di guidare il carro di suo padre Sole, è l’emblema della tracotanza umana.

Ma c’è un altro mito, che lega ancora meglio l’arroganza umana proprio agli alberi ed è il mito di Erisittone, raccontato per primo da Callimaco e ripreso come al solito da Ovidio nelle sue Metamorfosi.

Nella sacra Dotio sorgeva un bosco bello così fitto di alberi tanto che nemmeno una freccia sarebbe riuscita a trapassarlo. Vi erano pini, pioppi, peri e cotogni e pertanto l’acqua che sprizzava dai canali somigliava piuttosto a un’ambra preziosa e splendente.

Per questo la dea Demetra amava molto quel bosco e in particolare era legata a un antico pioppo la cui cima sembrava sfiorare il cielo. Un giorno però Erisittone, il signore del luogo, decise di eliminare il bosco sacro a Demetra  e con i suoi 20 servi si mise ad abbattere gli alberi cominciando proprio dal vecchio pioppo.

Demetra udì il canto di dolore del suo amato albero e, assunte le sembianze della sacerdotessa Nicippa, cercò di convincere Erisittone a fermarsi per non sdegnare la dea Demetra.

Ma Erisittone, in modo brusco e arrogante, le rispose: «Fatti indietro, che io non pianti la scure addosso a te, perché con questi legni io coprirò la dimora in cui offrirò banchetti, allegri e abbondanti, per i miei amici».

A questa risposta arrogante e irrispettosa Demetra, abbandonate le sembianze della sacerdotessa, si palesò in tutta la sua grandezza con la testa che toccava l’Olimpo e, mentre i servi fuggivano terrorizzati, rivolse a Erisittone  le seguenti parole: «Costruisci pure la tua dimora dove, cane cane, darai i tuoi banchetti che sempre più frequenti saranno in futuro». E subito scagliò su di lui la maledizione di una fame insaziabile.

Questa fame spinse l’empio Erisittone a mangiare qualunque cosa: ogni animale, il cavallo da corsa e persino la giovenca sacra alla dea Estia ma, come accade nei gorghi del mare, «invano e senza piacere, scendeva giù ogni cibo» senza saziare mai la sua voracità. Fino a quando il suo corpo si disciolse come una figura di cera.

Tagliare gli alberi, ci dice questo mito, è considerato un sacrilegio punito dagli dei e questa punizione è tanto più terribile quando il taglio viene effettuato per… puro edonismo o profitto e soprattutto quando tendiamo a sottovalutare quella speciale continuità che esiste tra la comunità arborea e quella umana.

È di questi giorni la protesta di alcuni residenti e ambientalisti per i tagli di alberi operati sulle rive del Volano, in concomitanza dei lavori del nuovo ponte e isola ecologica, previsti dal progetto Idrovia Ferrarese della regione Emilia Romagna

Anche questi sono tagli selvaggi che rispondono all’ ”esigenza” di far passare navi di classe europea sul Po di Volano e che però sacrificano quella pacifica convivenza tra comunità vegetale e umana. I tagli dovrebbero proseguire anche a dispetto della tutela in ambito Unesco del patrimonio fluviale e paesaggistico di questa zona.

Certo l’Unesco non è la dea Demetra e però al momento, grazie alla protesta della “comunità umana”, alcune piante si sono salvate e tra questa una bellissima e antica quercia.

Probabilmente non si tratterà di una quercia sacra. Ma non ne sarei così sicuro perché, ripetiamo con la Poetessa, c’è ancora una umanità e molti individui della specie umana che, nonostante tutto,  “… credono molto all’invisibile”.

Cover: immagine tratta da https://pixabay.com/it/images/search/free%20image/

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Giuseppe Ferrara

Giuseppe Ferrara – Nato a Napoli. Cresciuto a Potenza fino alla maturità Classica presso il Liceo-Ginnasio Q.O. Flacco. Laureato in Fisica all’Università di Salerno. Dal 1990 vive e lavora a Ferrara, dove collabora a CDS Cultura . Autore di cinque raccolte poetiche; è presente in diverse antologie. In rete è possibile trovare e leggere alcune sue poesie e commenti su altri poeti e autori. Tiene un blog “Il Post delle fragole”: https://thestrawberrypost.blogspot.com/

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