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“La guerra non restaura diritti, ridefinisce poteri.”
(Hannah Arendt)

Telegiornale

Chiudi la porta, fallo tu soldato
Lì dentro tutto quello che ho lasciato
nel nulla svanirà oltre la soglia
e poi dovrò avvisare anche mia figlia,
lasciarle detto dove mi hai portato
Chiudi la porta, fallo tu soldato
Sul marciapiede c’è un fagotto rosso,
rosso di sangue, lei l’aveva addosso
È in tela di cotone, quadrettato
e giace nella strada abbandonato
accanto a lei, che è un corpo freddo e morto
Pietosamente le han coperto il volto
C’è questa disumana narrazione
che si ripete ad ogni nuova guerra
ed ha diverso peso l’emozione
quando non è la mia ma la tua terra
Misuri a fotogrammi l’empatia
guardando un viso in fotografia
Deciderà per te il telegiornale
per chi soffrire e quanto stare male?
Deciderà il racconto degli inviati
chi saranno i sommersi e chi i salvati?

Li ricordate i bambini di Kabul?

Li ricordate i bambini di Kabul?
Laggiù a Kabul i piedi dei bambini
indossano calzini per la corsa
Piedi veloci, piedi piccolini
mappati con la strada che han percorso
Laggiù a Kabul le mani dei bambini,
le dita chiuse a pugno strette e dure,
trattengono frammenti di destini
esplosi in onde nere di paura
E gli occhi dei bambini di Kabul
li ricordate ora che ne tace
ogni giornale? Non ne parlan più…
– Ormai sono lontani, son laggiù –
Ma c’era in ogni sguardo una domanda,
la fretta di raggiungere un futuro
sfuggito in volo dall’aeroporto,
voglia di un letto caldo e più sicuro
e il loro sguardo a noi era rivolto
Qualcuno li ricorda i bimbi di Kabul?

Interrogatorio

Sì maresciallo, ho sfondato la porta.
No, non è vero, non ho mano esperta.
Non ho rubato, non ho fatto danni,
(ho solo steso e asciugato i miei panni)
Sì, lo so bene. Non è casa mia.
(quella è un ricordo, è ormai fantasia)
Pioveva forte, la notte era scura.
Nella campagna una casa sicura…
Mi è apparsa vecchia, deserta e sola.
Come una nenia che ti consola
piangeva pioggia dalla grondaia.
Sì maresciallo, ho percorso l’aia
fino all’abbraccio con le sue mura.
La legge dice che è pena sicura,
che è violazione di proprietà.
Lei, maresciallo, che ha la mia età,
ha mai provato in un giorno soltanto
a perdere tutto, tranne il suo pianto?
Non sto chiedendo la sua compassione
ma di cercare dentro quel nome
che sta scrivendo sulla tastiera
l’uomo che sono. È la mia preghiera.

Sara Ferraglia  è stata finalista e vincitrice di numerosi premi nazionali fra cui: Premio speciale 28^ edizione Premio Ossi di seppia (SV), 2^ classificata Premio Giovanni Bertacchi ( TO ),  più volte vincitrice nelle varie edizione del Premio Giovanni Pascoli L’ora di Barga ( LU). Sue opere sono presenti in diverse antologie poetiche e sono raccolte nel blog Saràpoesia.blogspot.com
A Sara piace “la contaminazione” fra le diverse forme artistiche e le sue poesie sono state spesso affiancate a fotografie in mostre di grande successo. Molte sue poesie sono state inserite in vari spettacoli teatrali, il più recente dei quali, è “Le donne che conosco”, per la regia di Sabina Borelli e le musiche di Elisa Sandrini, composte sui testi stessi delle opere poetiche.
La rubrica di poesia Parole a capo curata da Gian Paolo Benini e Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Ferraraitalia. Per leggere i numeri precedenti clicca [Qui]

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Benini & Guerrini


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
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Francesco Monini
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