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Carissimo Garibaldi generale Giuseppe, mi perdoni se disturbo la quiete eterna che La circonda, ma in questi giorni ho pensato molto a Lei, alle sue gesta nella vecchia Europa e nel nuovo mondo e, soprattutto, ho pensato alla ideologia che ha mosso il Suo operato.
Ho sempre letto con interesse i Suoi discorsi, le Sue lettere, le Sue dichiarazioni, tutto convergente a un solo fine: liberare l’Italia e , se possibile, il mondo intero, dal sopruso di governanti padroni, di regnanti dispotici, di preti senza religione, di banditi con tanto potere in mano.

Le cito un passaggio di un Suo discorso a Firenze il 24 settembre del 1866: “E soprattutto guardatevi dai preti, i quali sono la principal cagione delle disgrazie d’Italia”. Se affermasse oggi pubblicamente questa Sua convinzione non avrebbe il beneficio di una qualsiasi citazione sui nostri media così mediocri e sempre a capo chino. Ma c’è una Sua asserzione, caro Garibaldi, che, pur con tutta la mia stima verso di Lei, non condivido, anzi giudico con estrema severità: ricorda il Suo famoso incontro con il re piemontese Vittorio Emanuele II a Teano? Era il 26 ottobre del 1860 e Lei, in sella al Suo cavallo, disse al ridicolo sovrano, anche lui sul real cavallo bardato, disse “obbedisco”, consegnando così l’Italia ai Savoia e a quella volpe impicciona di Cavour. Non doveva dire “obbedisco”, Lei non immagina quali drammi, mi correggo: quali tragedie quel verbo ha comportato per il nostro popolo. Il Paese, che Lei avrebbe voluto libero da padroni, fu, al contrario, regalato a governanti illiberali, ai fascisti, agli intrallazzi democristiani.

No, caro Generale, non doveva dire obbedisco, togliendo, così, agli italiani ogni forza di ribellione, soltanto un soffio di aria pura con la Resistenza, un soffio, non di più: lei pensava di avere unito lo stivale? Niente di più errato. Pensi che oggi, nell’éra – dicono – della globalizzazione, è tornato di moda il localismo più bieco, pensi, Generale, che qualcuno vorrebbe addirittura che la Sardegna, La Sua Sardegna caro Garibaldi, divenisse un cantone svizzero e non parliamo dei veneti, che vogliono costituirsi in repubblica indipendente, ma quando ci sono state le alluvioni del Po, quando le case e i campi venivano distrutti dalle acque , quando un monte cadde sui paesi che dominava, allora i soldi degli altri italiani andavano bene, nessuna voce gridò “Veneto indipendente”. E aumentano, sa?, le richieste di sdoganamento da questa nostra sbrindellata repubblica, per la quale milioni, sì milioni, di giovani italiani, hanno versato il sangue, non soltanto nel Risorgimento, ma nella prima Guerra mondiale e poi nella seconda, sono morti per un ideale, Generale mio, ricorda i versi del Manzoni “chi potrà della gemina Dora e dell’Orba al Tanaro sposa …scerner l’onde confuse nel Po, quegli ancora una gente risorta potrà scindere in mille correnti…”? Ora è tutto scisso, alla vostra barba risorgimentale, generale Garibaldi!

Io non sono un nazionalista, da vecchio comunista libertario penso che tutto il mondo sia paese, le nazioni hanno creato e stanno ancora creando guerre, violenze, signor generale, ma detto questo, aggiungo che i localismi evocati da gente ignorante sono una sfida alla democrazia, né stato, né chiesa, né servi né padroni, d’accordo, ma non i beceri localismi, per favore. La prego, Generale, non dica più obbedisco!

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Gian Pietro Testa


PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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