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“Sul fronte del lavoro è ormai chiaro che nessun automa, drone o robot potrà sostituire il lavoro creativo. Conoscenza e creatività, content design e in generale la costruzione di significato sono il nocciolo delle professioni che supereranno ogni possibile crisi”. La certezza che ‘la cultura ci salverà’ è quanto emerge chiaramente dal rapporto ‘Io sono cultura’, promosso dalla Fondazione Symbola, in collaborazione con Unioncamere, e il sostegno della regione Marche e di Sida Group, presentato alcuni giorni fa a Roma alla presenza del ministro Dario Franceschini e del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, dal segretario generale e dal presidente di Unioncamere, Giuseppe Tripoli e Ivan Lo Bello, e dal presidente di Symbola Ermete Realacci.

Si legge nel rapporto: “Il mondo sta attraversando un periodo di spiazzamenti e assestamenti (Brexit, Trump, migranti, Erdogan, Duterte, Kim Jong-Un, Maduro, Siria, ma anche Macron e Merkel, e un rosario di attentati di diversa matrice in tutti i continenti) che sembrano dominati da nuove paure cui si reagisce con rabbia e sconforto. Non è un caso che il nemico più odiato sia la cultura, tanto nella sua accezione antropologica di prassi, credenze e visioni quanto in quella più convenzionale di oggetti e azioni che ci rappresentano. Impossibile ignorare il disprezzo per la cultura degli altri nell’ostinarsi a considerarli marginali e importuni, così come l’eccidio e le devastazioni di Palmira. Distruggere la cultura inscena una rituale ‘damnatio memoriae’ in aiuto dei prossimi dominatori”. Nell’attraversare questo periodo di crisi il fattore umano agisce su due fronti: da una parte diventa sempre più insostituibile la creatività, l’umanità delle arti e della conoscenza. D’altra parte è sempre il fattore umano a guidare la politica interna e internazionale, molto spesso condotte sotto l’effetto di scelte umorali e contingenti. Ne sono la riprova il proliferare di nuovi populismi che propongono soluzioni di chiusura davanti al nuovo che avanza.

Giunto alla sua settima edizione, ‘Io sono cultura’ è l’unico rapporto in Italia che permette di quantificare il reale peso che cultura e creatività hanno sull’economia nazionale e rappresenta una occasione unica di scambio di sinergie tra operatori del sistema produttivo culturale e creativo (Spcc). Tale sistema si articola in cinque macro settori: industrie creative (architettura, comunicazione, design), industrie culturali propriamente dette (cinema, editoria, videogiochi, software, musica e stampa), patrimonio storico-artistico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici), performing arts e arti visive a cui si aggiungono le imprese creative-driven (imprese non direttamente riconducibili al settore, ma che impiegano in maniera strutturale professioni culturali e creative, come la manifattura evoluta e l’artigianato artistico).

Così come affermato nel rapporto, “ il tema ‘di cultura non si mangia’ è ormai superato, e l’attenzione del mondo produttivo a questo sistema così articolato è decisamente cresciuta”. E i numeri, a sostegno di questa affermazione, parlano chiaro: il Sistema produttivo culturale e creativo, fatto da imprese, pubbliche amministrazioni e organizzazioni no profit, genera 89,9 miliardi di euro e incrementa altri settori dell’economia, arrivando a muovere nell’insieme 250 miliardi, equivalenti al 16,7% del valore aggiunto nazionale. E’ un sistema che può vantare il segno più: nel 2016 ha prodotto un valore aggiunto superiore rispetto all’anno precedente (+1,8%), sostenuto da un analogo aumento dell’occupazione (+1,5%). Inoltre il Sistema produttivo culturale e creativo ha un effetto moltiplicatore sul resto dell’economia pari a 1,8. In altre parole, per ogni euro prodotto dal Spcc, se ne attivano 1,8 in altri settori. Gli 89,9 miliardi, quindi, ne ‘stimolano’ altri 160, per arrivare a quei 250 miliardi prodotti dall’intera filiera culturale, col il settore turistico quale principale beneficiario. Più di un terzo della spesa turistica nazionale, esattamente il 37,9%, è attivata proprio dalla cultura e dalla creatività. “Per questo – sottolinea il rapporto di Symbola – è assolutamente rilevante il fatto che, per i prossimi 10 anni, l’intera quota dedicata alla conservazione dei beni culturali dell’8 per mille destinato allo Stato sarà utilizzata esclusivamente per interventi di ricostruzione e restauro del patrimonio culturale nelle aree colpite dai terremoti del Centro Italia”.

“Cultura e creatività sono la chiave di volta in tutti i settori produttivi di un’Italia che fa l’Italia – commenta Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola – Consolidano la missione del nostro Paese orientata alla qualità e all’innovazione: un soft power che attraversa prodotti e territori, un prezioso biglietto da visita. Una forma di diplomazia economica, nel quadro di quella che si sta configurando come la nuova Via della seta tra Oriente e Occidente. Un’infrastruttura necessaria anche per affrontare le sfide che abbiamo davanti: uno sviluppo a misura d’uomo, le migrazioni, la lotta al terrorismo, i mutamenti climatici. L’intelligenza umana è infatti la fonte di energia più rinnovabile e meno inquinante che c’è. Se l’Italia produce valore e lavoro puntando sulla cultura e sulla bellezza aiuta il futuro”. Tutti questi segnali di fermento sono aiutati da riforme come quella dell’Art Bonus, il credito d’imposta introdotto nel 2014, a favore degli investimenti in cultura. Il risultato più evidente è stato un incremento del mecenatismo da parte di imprese o aggregazioni sociali, con il risultato di un avvicinamento del patrimonio culturale alla società civile. La produzione culturale stessa, svincolandosi dalle logiche promozionali e commerciali, assume dei caratteri etici.

La provincia di Roma, con il 10%, è al primo posto in Italia per incidenza del valore aggiunto del Spcc sul totale dell’economia. Seconda Milano (con il 9,9%), terza Torino, attestata sulla soglia dell’8,6%. Seguono Siena (8,2%), Arezzo (7,6%) e Firenze (7,1%). E ancora: Aosta, attestata al 6,9%, Ancona (6,8%), Bologna e Modena, entrambe al 6,6%. Quanto alle macroaree geografiche, è il Centro a fare la parte del leone: qui, la cultura e la creatività producono il 7,4% del valore aggiunto. Seguono, da vicino, il Nord-Ovest (6,8%) e il Nord-Est, la cui incidenza si attesta al 5,5%. Il Mezzogiorno, ricco di giacimenti culturali e un patrimonio storico e artistico di primo ordine a livello mondiale, non riesce ancora a tradurre tutto ciò in ricchezza; solo il 4,1% del valore aggiunto prodotto dal territorio è da ascrivere alla cultura. A livello regionale, il peso delle grandi aree metropolitane a specializzazione culturale e creativa si fa sentire. Il Lazio si colloca primo (8,9%) seguito dalla Lombardia (7,2%). Dopo la Valle d’Aosta, troviamo il Piemonte (6,7%) e le Marche (6,0%). Sul fronte dell’occupazione, i primi quattro posti sono ripetuti nell’ordine: primo è il Lazio (7,8%), seguito da Lombardia, Valle d’Aosta e Piemonte. La quinta piazza, in questo caso, è occupata dall’Emilia Romagna (6,5%).

Nell’oscurantismo generale, il non dubitare che l’essere umano sia cultura, creatività ed energia, rappresenta la possibile chiave di svolta per la costruzione di un futuro fatto di economia sostenibile e idee condivise.

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Simona Gautieri


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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