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“La giovinezza”, ultimo film di Sorrentino è anche il suo ultimo romanzo. Prima di vedere il film abbiamo preferito leggere il libro da cui è tratto, che è la sceneggiatura stessa che si legge come un romanzo.
A dire la verità, già qualche settimana fa, avevamo pensato a Sorrentino, in un’atmosfera degna della sua immaginazione, del suo spirito e dei suoi personaggi decadenti-felliniani: era una tiepida serata al club Petrovich di Mosca, locale creato nel 1997 in uno stile retro, nostalgico dell’era sovietica, invaso da ballerini notturni dall’aria stanca e un po’ perduta. Qui sfilavano personaggi degni delle pagine del grande regista, visi truccati alla ricerca di una danza che riportasse lontano, alla giovinezza perduta, corpi invecchiati e sconsolati alla ricerca di luce ed energia. E qui, allora, l’ispirazione, la voglia di leggere l’ultimo suo (capo)lavoro, “La giovinezza”. Detto, fatto. In volo. Al volo.

sorrentino-giovinezza
La copertina

Al club, come nelle pagine del libro, là, in mezzo a fiumi di alcol e bollenti spiriti, qui, fra i fumi di saune e bagni turchi, corpi agghindati o nudi di tutte le età sembrano abbandonati, in controluce, a calura e sudore. Il caldo dei riflettori, in un luogo, e quello dei bagni turchi, nell’altro, danno lo stesso senso di stanchezza e di fiacchezza, fisici tonici e lucidi si mescolano ad altri più rotondi e abbondanti. La fatica del benessere porta confusione, si prova ad allungare il futuro o a inseguire goffamente il passato della giovinezza. Ecco, allora, Fred Ballinger e Mick Boyle, due amici alla soglia degli ottanta, trascorrere una vacanza in un hotel di lusso sulle Alpi. Siamo in montagna, presso lo Schatzalp Hotel di Davos, lo stesso dove Thomas Mann, nel 1924, ha ambientato “La montagna incantata”. Fred è un direttore d’orchestra in pensione, Mick un regista in attività. Intorno a loro ruotano personaggi i cui contorni, anche fisici, diventano simbolici. Fra essi, un ex calciatore famoso sovrappeso copia conforme di Maradona, una splendida Miss Universo, un attore californiano che lavora sul suo prossimo ruolo. Tutti un po’ maschere, tutti un poco stravaganti e concentrati sulle loro vite da film.
Fred e Mick sono consapevoli del fatto che il loro futuro si va esaurendo e decidono di affrontarlo insieme. Sanno che il tempo sfugge inesorabilmente e spaventosamente. Ma, intanto, guardano con grande tenerezza e amore alla vita confusa dei loro figli, a quanti sembrano poter disporre di un tempo che a loro non è più dato. E mentre Mick cerca di concludere la sceneggiatura del suo ultimo film, Fred, che da tanti anni ha rinunciato alla musica, non intende tornare sui propri passi. Ma c’è chi vuole, ad ogni costo, vederlo dirigere ancora una volta e ascoltare le sue composizioni, il messaggero della regina Elisabetta, che desidera dedicare le sue celebri “simple songs” (in particolare, la “Canzone piacevole n.3”) al consorte Principe Filippo, in occasione del suo compleanno. Fred si sottrae, fino alla fine, quando si comprenderà la ragione vera (e immensamente dolorosa) di tale rifiuto. Melanie.
I due amici sfidano i ricordi e il passare del tempo, nell’amicizia, nel desiderio e nell’arte perduta ma che rimane. Alcune battute fra Fred e Mick da sole bastano a far capire le riflessioni dell’intero libro. “Dell’infanzia non mi ricordo niente. Solo una cosa continuo a ricordarla”. “Quale?”. “Il momento preciso in cui ho imparato ad andare in bicicletta. Sarò banale, ma che felicità! Proprio la felicità! E stamattina, come per incanto, per la prima volta, mi sono ricordato anche il momento successivo”. “Il momento in cui sei caduto”. “Come cazzo fai a saperlo?”. “È stato così per tutti. Impari a fare una cosa, sei felice, e ti dimentichi di frenare.” “Non è una grande metafora della vita?”. “Ora non traiamo conclusioni affrettate, Mick”. Proprio allora un ragazzino di undici anni passa in sella a una mountain bike. Fa tutta la strada su una sola ruota, in velocità, silenzioso come un fantasma. I due amici si voltano a guardarlo, estasiati. Poi Fred riflette e dice: “Sai una cosa Mick?”. “Cosa?”. “Io e te, secondo me, non moriremo mai”.
In quell’elegante microcosmo, sospeso in un’altitudine quasi atemporale, la vita sembra scorrere con un ritmo diverso, quasi a voler rallentare il passare dei giorni, a voler trattenere la bellezza dell’amore e della sensualità, a voler dimenticare la caducità dell’essere umano, tentando di fermare l’attimo, di goethiana memoria, in un imperituro momento che esorcizzi la paura dell’ineluttabile. In un turbinio d’immagini ed emozioni.

La giovinezza“, di Paolo Sorrentino, Rizzoli, 2015, 194 p.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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