GRANDE TEATRO MUSICALE
Lazarus, migrante interstellare: il regalo d’addio di David Bowie al mondo
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Manuel Agnelli sul palco del Teatro Comunale di Ferrara con l’opera rock Lazarus di David Bowie ed Enda Walsh, regia di Valter Malosti
Voltati e affronta l’ignoto. (Turn and face the strange)
Dopo la prima nazionale al teatro Bonci di Cesena lo scorso mese di marzo, e molte tappe intermedie in giro per l’Italia, dal’1 al 3 giugno, è arrivato al Teatro Comunale di Ferrara “il regalo d’addio di David Bowie al mondo”, Lazarus, uno straordinario e potentissimo pezzo di “teatro musicale”, scritto dall’artista poco prima della sua scomparsa insieme al drammaturgo irlandese Enda Walsh.

La regia è di Valter Malosti, direttore di ERT / Teatro Nazionale, che ne ha curato la versione italiana confrontandosi con lo stesso Walsh. Nel ruolo del protagonista Thomas Jerome Newton uno dei nomi di punta della musica italiana, il versatile e potente Manuel Agnelli, cantautore e storico frontman degli Afterhours, affiancato dalla cantautrice e polistrumentista vincitrice della XIV edizione di X-Factor Italia Casadilego e dalla coreografa e danzatrice Michela Lucenti. Un ricco cast di 11 interpreti di talento: Dario Battaglia, Attilio Caffarena, Maurizio Camilli, Noemi Grasso, Maria Lombardo, Giulia Mazzarino, Camilla Nigro, Isacco Venturini; e 7 musicisti, tra i migliori della scena musicale italiana: Laura Agnusdei, Jacopo Battaglia, Ramon Moro, Amedeo Perri, Giacomo Rossetti, Stefano Pilia, Paolo Spaccamonti.

Malato, ma nel pieno della sua creatività e genialità, l’elegante e aristocratico “Duca Bianco”, definito dalla BBC come “il più grande intrattenitore del ventesimo secolo”, ha lasciato al suo pubblico una navicella spaziale lanciata verso il futuro, frutto della speranza, che, insieme al suo album Blackstar uscito due giorni prima della sua morte, è da considerarsi il suo testamento creativo.
E proprio con Elvis Presley che, sullo sfondo di una televisione sempre accesa che sa di passato e futuro canta il suo Black Star, inizia lo spettacolo. Quella stella nera, la morte, che porta subito al Blackstar di Bowie uscita l’8 gennaio 2016, un giorno di compleanno condiviso con Elvis.
Every man has a black star / a black star over his shoulder / And when a man sees his black star / He knows his time, his time has come.
Newton è solo, sprofondato su una poltrona nella penombra del suo appartamento. Una piccola stella nera al collo, un teschio sul tavolino, una tuta da astronauta.

Proprio quest’ultimo elemento riporta subito alla mente il romanzo originale del 1963, da cui la pièce prende spunto, The Man Who Fell to Earth di Walter Tevis (lo stesso autore del libro che ha dato origine alla fortunata serie televisiva La regina degli scacchi), e l’omonimo film di Nicholas Roeg, che ha visto Bowie nei panni di attore.
È l’infelice storia del migrante interstellare Newton, costretto a rimanere sulla Terra, prigioniero sempre più isolato nel mondo, chiuso in uno spazio angusto, in preda alla depressione e vittima dei suoi fantasmi e della dipendenza dal gin: un moribondo che non riesce a morire.
In questa situazione disperata, Newton riceve segnali dal passato attraverso la TV, capta visioni del futuro generate dalla sua mente, mescola realtà e sogni ad occhi aperti. Vari personaggi – forse fantasmi o forse sue proiezioni mentali un poco deliranti – si aggirano nello spazio claustrofobico del suo appartamento, buio e opprimente, pieno di oggetti (o nel continuum devastato della sua mente?).
Una pedana rotante, che fa intuire subito l’instabilità mentale del protagonista, fa da palcoscenico ad Agnelli e ai suoi compagni di viaggio che intonano le canzoni di Bowie con una passione che travolge fin dalla prima nota.

La band, composta da sette elementi, si integra perfettamente nella scenografia ed è potente nella realizzazione dei diciassette brani che compongono la colonna sonora dello spettacolo. Si può anche ascoltare la voce di Bowie direttamente in scena, in due diversi momenti (il grido “shut up!” al termine di It’s No Game e un frammento di D.J. durante uno dei momenti clou).
Troneggia lo stesso Duca, è presente con forza, è (forse) la storia della mente di un uomo che va in frantumi durante i suoi ultimi momenti di vita. Newton è chiaramente David Bowie, ma potrebbe essere anche ognuno di noi (nella locandina originale si evidenziavano le lettere US di Lazarus).

Giunto al termine della sua esistenza terrena, come l’artista (e si vede nelle battute dei personaggi), “l’uomo che cadde sulla terra” subisce un tiro mancino da parte della sua psiche devastata: l’illusione di una possibilità di fuga, la costruzione dal nulla di un razzo che lo riporterà tra le stelle. La speranza, quella che, alla fine, guida. I fantasmi che gli fanno visita sono proiezioni della sua mente lì per far emergere i ricordi dei momenti più disparati della sua vita.
E così Lazarus, opera incompiuta, diventa una collezione di frammenti di memoria intensi e futili, quasi alla rinfusa, dove la figura dell’alieno rappresenta tutti i “diversi”, o meglio quelli che la società considera tali.

“Bowie – afferma Malosti – era un’antenna sensitiva dello spirito del tempo e delle arti, percepiva umori e atmosfera, e poi digeriva e rimescolava tutto in una sintesi geniale, direi alchemica, visto il suo interesse per questa materia, in cui l’androginia e l’energia dionisiaca fanno esplodere l’interiorità e l’identità in mille frammenti e altrettante maschere”.
“Alla luce della sua morte – prosegue il regista – tendiamo a leggere tutto ciò che Bowie ha creato nei suoi ultimi anni come allegoria autobiografica, specialmente quando ci viene data una serie di indizi come quelli di Lazarus. Ma Bowie, come sempre nelle sue creazioni e nei suoi alter ego, usa la persona di Newton, mobilitandola come veicolo per una serie di temi costanti che troviamo nella sua musica: l’invecchiamento, il dolore, l’isolamento, la perdita dell’amore, l’orrore del mondo e la psicosi indotta dai media. Newton è allo stesso tempo Bowie e non è Bowie”.
Bravissimo Manuel Agnelli, alla sua prima prova come attore, dalle performance canore che portano a immensa empatia, belle sorprese quelle di Casadilego nei panni di Marley, e di Dario Battaglia, che impersona un Valentine che ricorda Andy Warhol. Chiude il quartetto dei protagonisti Michela Lucenti nei panni di Elly, l’assistente di Newton posseduta da Mary Lou, vecchio amore del protagonista, perfetta nel rendere palese la follia del personaggio con i movimenti sciolti del corpo.

Tantissimi gli applausi per questa compagnia che propone un prodotto al di fuori degli schemi comuni, in grado di toccare le corde del grande pubblico. Perché, come ha detto Manuel Agnelli durante l’incontro con il pubblico, bisogna avere coraggio di proporre altro, quell’altro che, se gli viene dato adeguato spazio, è in grado di raggiungere tutti. Davvero tutti.
Complimenti, allora, per questo saper osare.
Playlist: Lazarus / It’s No Game / This Is Not America / The Man Who Sold the World / No Plan / Love Is Lost / Changes / Where Are We Now? / Absolute Beginners / Dirty Boys / Killing a Little Time / Life on Mars? / All the Young Dudes / Sound and Vision / Always Crashing in the Same Car / Valentine’s Day / When I Met You / Heroes.
Una produzione esecutiva di Emilia-Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale realizzata insieme a importanti Teatri Nazionali: Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro di Roma – Teatro Nazionale e al LAC Lugano Arte e Cultura.
Il testo della versione italiana di Valter Malosti sarà pubblicato con la Nave di Teseo/Baldini di Elisabetta Sgarbi.
Interpreti / Personaggi: Manuel Agnelli – Newton; Casadilego – Ragazza, poi Marley; Michela Lucenti – Elly; Dario Battaglia – Valentine; Attilio Caffarena – Michael; Maurizio Camilli – Zach; Noemi Grasso, Maria Lombardo, Giulia Mazzarino, coro delle Teenager; Camilla Nigro – Maemi / Donna giapponese; Isacco Venturini – Ben / Il doppio di Newton; in video Roberta Lanave Mary-Lou
LAZARUS, di DAVID BOWIE e ENDA WALSH
ispirato a The Man Who Fell to Earth (L’uomo che cadde sulla terra) di Walter Tevis. Versione italiana Valter Malosti
Uno spettacolo di VALTER MALOSTI, con MANUEL AGNELLI, CASADILEGO, MICHELA LUCENTI, DARIO BATTAGLIA e (in o.a.) Attilio Caffarena, Maurizio Camilli, Noemi Grasso, Maria Lombardo, Giulia Mazzarino, Camilla Nigro, Isacco Venturini
la band (in o.a.)
Laura Agnusdei sax tenore e sax baritono, Jacopo Battaglia batteria, Ramon Moro tromba e flicorno, Amedeo Perri tastiere e synth, Giacomo “ROST” Rossetti basso,
Stefano Pilia chitarra, Paolo Spaccamonti chitarra
Progetto sonoro GUP Alcaro; scene Nicolas Bovey; costumi Gianluca Sbicca; luci Cesare Accetta; video Luca Brinchi e Daniele Spanò; cura del movimento Marco Angelilli; coreografie Michela Lucenti; cori e pratiche della voce Bruno De Franceschi; maestro collaboratore Andrea Cauduro; assistenti alla regia Jacopo Squizzato, Letizia Bosi; direttore tecnico Massimo Gianaroli; direttore di scena Lorenzo Martinelli / Stefano Orsini; macchinista Riccardo Betti; fonici Angelo Longo, Nicola Sannino, Giacomo Venturi; datore luci Umberto Camponeschi; sarta Eleonora Terzi; trucco e parrucco Nicole Tomaini; foto di scena Fabio Lovino
over: Manuel Agnelli in scena – foto Fabio Lovino
Simonetta Sandri
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