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di Giovanni Brasioli

Ci sono mondi in cui l’istinto sostituisce il desiderio e l’appetito prende il posto del sogno, mondi in cui tutto diventa numero e vengono introdotti termini quali risorse umane, investimenti affettivi, consumatori; e poi c’è un mondo contrapposto, evocato da Sergio Gessi: giornalista, scrittore e docente universitario. Nel suo universo non c’è una scorciatoia per il paradiso e quindi non ci sono porte a cui bussare per chiedere oboli o assoluzioni; il percorso è senza tabù ed un racconto, spesso impietoso, intessuto di storie realmente accadute. “Spirito libero” è un contenitore di articoli, commenti, interviste con cui Gessi tratteggia un Paese in declino, raccontando le tristi ascese e le altrettanto tristi discese di alcuni dèi di passaggio: da Soffritti a Franceschini, passando per il Pci e gli altri partiti. Nemico del sentito dire, del sentito vivere e del sentito scrivere ‘il professore’ è convinto che anche quando la realtà tocca il buio più fitto c’è pur sempre qualche bussola in grado di indicare la direzione giusta. Sin dalle prime pagine l’autore si muove in “direzione ostinata e contraria”, scagliandosi contro l’idea-moloch secondo cui “se sei in dissonanza con il mondo non è il mondo che devi cambiare ma devi adeguare te stesso”. In un paesaggio di macerie – dove è stato insegnato alla gente a pensare che il contesto in cui vive sia l’unico possibile e immaginabile – Gessi (come scrive Paolo Pagliaro nella prefazione al testo) “procede con lo sguardo del corrispondente di guerra, freddo eppure partecipe”; diverte, commuove e restituisce un po’ di onore al moralismo ‘sano’, come quando spiega che il primo passo per la risalita dagli inferi è il recupero del rispetto autentico per gli altri e di conseguenza, per se stessi.
“Spirito libero” provoca il lettore interrogandolo sul da farsi, riga dopo riga, pagina dopo pagina, in un saliscendi etico che contrappone la scelta incondizionata al conformarsi. Il pronunciamento ideologico del professore declina al plurale esigenze spesso atomizzate, e ci ricorda quanto sia necessario ricominciare a pensare in una prospettiva utopistica, a costo di essere presi per folli, consapevoli che (per dirla con Nietzsche) “quelli che ballano vengono visti come pazzi da quelli che non sentono la musica”. Soltanto così si potrà creare un mondo più vivibile per tutti, anche per gli ‘schiavi, coloro che pur non avendo catene ai piedi sembrano ormai incapaci di immaginare una vera libertà.

Presentato alla libreria Feltrinelli di Ferrara da Andrea Cirelli, Tito Cuoghi e Gian Pietro Testa (che hanno dialogato con l’autore), “Spirito libero” è disponibile in tutte le principali librerie, anche online. La prefazione è di Paolo Pagliaro.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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