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In questo paese la verità non esiste e non si può dire: i cannoni di Mussolini , le vacche di Fanfani spostate da una stalla all’altra… qui tutto è una bufala, lo Stato vive sulle bufale ai danni degli altri paesi europei, sull’onesta e ingenua capacità professionale di tanti cittadini lasciando il potere alle varie mafie e mafiette che sporcano la piazza, è capace perfino di sovvenzionare il terrorismo perché l’interesse dei pochi e dei cosiddetti amici sia salvaguardato…”. Stavo ragionando così quando dalla televisione ho appreso della morte di Alfredo Reichlin, un comunista che non aveva paura di essere comunista, meglio non se ne vergognava, atteggiamento che purtroppo ha informato negli ultimi anni il grande partito popolare che aveva salvato l’Italia dai piccoli ma determinanti colpi di stato del periodo De Gasperi- Scelba . La storia dice altre cose, dice che De Gasperi aveva salvato il Paese dal pericolo comunista, disegnato da quell’intelligente ma volgare scrittore che era Guareschi, il quale aveva offeso, mi correggo, ha offeso la povera gente dipingendo gli uomini con tre narici e le donne con tre tette.
Credo che Alfredo Reichlin fosse guardato dalla borghesia con molto sospetto: era un aristocratico. Ricordo che molti compagni fasulli lo accusavano spesso di essere un aristocratico, il partito comunista non ammetteva simili cabrate politiche, purtroppo il perfetto comunista andava uniformandosi al disegno di Guareschi e, allora, era necessario passare, nemmeno silenziosamente, dall’altra parte, dalla parte che ho sempre definito dei“ golpisti”.
Oggi possiamo dire che l’Italia ha pagato un prezzo troppo alto la fuga verso un capitalismo becero. Ne parlammo con Reichlin in quei giorni drammatici della strage di Bologna e tornammo inevitabilmente sul discorso un anno dopo, a pochi giorni dall’anniversario del massacro, che aveva un terribile significato politico: aver colpito Bologna, la capitale rossa, aveva un significato chiaro, era necessario chiudere la stagione barricadera, stringere la mano a una borghesia che aveva concepito un piano diabolico. Reichlin mi chiamò al telefono e mi chiese: che cosa facciamo per il 2 Agosto? Gli risposi che ero imbarazzato, c’erano molte cose da dire ma sembrava che il partito avesse scelto il silenzio. Come?, chiese, vieni a Roma che ne parliamo. Chiusi nell’ufficio del direttore dell’Unità parlammo a lungo. Prima volle sapere a che punto erano arrivate le indagini. Punto morto gli risposi e gli spiegai che i magistrati bolognesi dell’ufficio istruzione avevano cassato tutta l’inchiesta della Procura, liberando dal carcere la ventina di neofascisti accusati a vario titolo della strage, a cominciare dall’omicidio del giudice romano Amato, considerato l’uomo che aveva messo più profondamente il dito nella piaga dell’attentato.
Reichlin mi guardò e, con fare cortesemente accusatorio, mi chiese: “perché non scrivi queste cose?”. Le ho scritte, risposi, ma, qui a Roma c’è qualcuno che cancella, taglia, censura. Alfredo alzò la cornetta e al telefono ordinò al redattore capo, mi pare rabbiosamente, “vieni qui per favore”. Quando il collega arrivò gli disse con voce dura: “Il pezzo sulla strage lo scrive Testa, ha tutto lo spazio che vuole e, quando arriva l’articolo, me lo portate qui, lo passo io”. Il pezzo uscì finalmente senza tagli

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Gian Pietro Testa


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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