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Ha avuto più di un dubbio se scrivere qualcosa sulla presentazione della sua candidatura a sindaco della nostra città.
Una gremitissima sala San Francesco in via Savonarola, entri e senti musica country con due chitarre, molte facce nuove e moltissime mai viste, il deputato in ottava fila e col maglione, quelli della prima Repubblica e fine ’900 sparsi ovunque, ci sembra una scenografia fuori dagli schemi e questo rasserena e forse è l’effetto di un diverso passo.
Sciolto il dubbio, non solo per quel sentire, in tarda sera, la bellissima canzone, un capolavoro, di Roberto Vecchioni, ma anche per smentire, almeno in parte, quello che spesso si sente dire, cioè della freddezza di chi scrive sulla stampa della politica.
Cosa dire se non brevi e sentiti accenni e pochi passaggi di un linguaggio forbito di semplicità.
Un linguaggio gentile, una carrellata non stancante, alcuni passi significativi, toni lievi ma anche fermi, qualche cortese battuta, non c’erano avversari da individuare, se non quel cittadino bisognoso che chiedeva alla politica di fare la politica.
Un cattolico che non ha mai fatto un minimo accenno, una lettura di sinistra politica che da troppo non si sentiva in giro, un Renzi ante litteram, un continuiamo a cambiare, un chiamare squadra, collaboratori, rapporti con le persone solo con il nome, ricordandoli tutti, un dire che sarà l’ultima volta e poi si chiude, non ci pare poco, e con i tempi che ci coinvolgono anche nella rabbia, e molto altro di più, è cosa da non tacere.
Quando poi, in almeno quattro circostanze, è uscito, scavalcando le mura estensi, dalla città con una nuova prospettiva e visione la sala è scoppiata nell’applauso, quasi una liberazione da una antica condizione di chiusura, non più sopportabile. Per noi del giornale una soddisfazione; non perché sottolineato in molti articoli ma perché ci sembra la strada da percorrere.
Cultura, turismo, welfare del bisogno e i giovani…e ancora i giovani con il piglio dell’insistenza, ci pare la sostanza di chi si propone di ripetere il secondo mandato.
In questi giorni ha letto i due libri scritti dal Vincenzo D’Alessandro, che ci ha lasciato nel silenzio, e, sono certo, che avrebbe applaudito con un bravo tutto abruzzese.
Volutamente omettiamo il cognome, ma, possiamo dire in libertà… Tiziano vai avanti così e potresti, anche, essere l’ultimo moicano. Penso sia un dovuto apprezzamento.

[Per vedere il video integrale della presentazione cillccare il tasto ‘play’ posto sull’immagine del candidato Tiziano Tagliani]

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Enzo Barboni


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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