Prendere persone, metterle in posa davanti a una scenografia, scattare una foto-ritratto. E’ quello che si faceva una volta quando non c’erano i selfie, ma soprattutto quando la macchina fotografica era qualcosa di ingombrante, costoso, da manovrare con perizia da parte di un addetto ai lavori. Adesso che le foto impazzano ovunque e vengono scattate un po’ da chiunque, è interessante rimettere in scena la cerimonia della fotografia. Se poi gli amici e i parenti sono persone conosciute, il risultato è una carrellata di personaggi che non può non suscitare curiosità. L’idea è alla base della nuova mostra intitolata “Le muse quietanti” con le immagini scattate da Flavia Franceschini e allestita tra la casa-galleria Mlb di corso Ercole I d’Este e gli spazi dell’hotel Annunziata che si affaccia sul cannone davanti al castello in piazza della Repubblica.
A ideare la rassegna espositiva è Maria Livia Brunelli, gallerista ferrarese che dell’arte ha fatto uno stile di vita e che nella sua casa-galleria di corso Ercole d’Este da anni propone esposizioni di artisti contemporanei che con la città di Ferrara hanno un legame. La connessione può consistere nel fatto che l’artista a Ferrara ci è nato o ci vive ma, soprattutto, di solito sta nel fatto che su indicazione di Maria Livia l’artista prescelto lavora di volta in volta attorno a qualche elemento ferrarese per trasformarlo nel filo conduttore di un insieme di opere. Può essere una presa di possesso dei luoghi fisici della città, come è successo con le installazioni di animali a grandezza naturale di Stefano Bombardieri esposti per strade e piazze tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011. Oppure può essere un’elaborazione personale attorno alle opere in mostra in quel momento a palazzo dei Diamanti, come è successo con lo scultore e video artista Maurizio Camerani che nel 2014 ha ripreso con il suo segno a matita dettagli ricorrenti nell’opera di Henri Matisse, o Mustafa Sabbagh che sempre nel 2014 dal maestro fauve è partito per rimetterne in scena le figure nella sue fotografie di segno opposto, con posizioni e gesti paralleli a quelli dei quadri ma resi con la crudezza fotografica dei suoi colori scarni, quasi monocromi.
Adesso è la volta di Flavia Franceschini, scultrice, ma più in generale artista con una particolare propensione per una visione teatrale e ludica della creatività. Presenza attenta in quasi tutte le iniziative culturali della città – che siano artistiche, musicali e letterarie – Flavia fa dell’arte un mezzo di espressione continuo che sembra rendere più sognante e interessante tutto ciò che la circonda.
Ecco allora il titolo “Le muse quietanti” che – come dichiara lei stessa – è stato scelto dal fratello scrittore e ministro dei beni culturali, Dario Franceschini. Una parafrasi che riprende il nome di uno dei capolavori più noti di Giorgio de Chirico, quelle “Muse inquietanti” composte dai manichini in posa proprio nella piazza di Ferrara davanti al castello estense, simulacri di un’umanità immersa in un silenzio minaccioso e circondata da quel senso di vuoto opprimente che ritorna un po’ in tutti i dipinti metafisici.
Con le opere fotografiche di Flavia Franceschini l’inquietudine si dissolve e lascia spazio – appunto – alla quiete celeste del cielo di un fondale scenografico. Davanti a quelle nuvole dipinte si alternano in posa il giovane regista Massimo Alì Mohammed con la fidanzata scultrice Elisa Leonini, il gallerista Paolo Volta in sella con la moglie sulla moto enorme che si è voluto portare appresso nello studio, il disegnatore Claudio Gualandi con la consorte grafica Linda Mazzoni. Un’altra serie di immagini è scattata davanti a un pannello dove Flavia stessa ha dipinto uno scaffale pieno di libri, che fa da sfondo ai ritratti di chi sente di rappresentare la propria identità con la scrittura: il fratello Dario Franceschini con la moglie consigliera romana del Pd Michela De Biase, la giovane giornalista Anja Rossi e, in un altro scatto, il collega di penna Andrea Musacci. Particolarmente riuscita l’immagine della figlia di Flavia, Aurora Bollettinari, ritratta in un abito che sembra uscito dal dipinto della “Signora in rosa” di Giovanni Boldini accanto al fidanzato, l’artista romano Pietro Moretti con basco da pittore. Divertimento e coinvolgimento evidente, infine, nel ritratto che vede la stessa Maria Livia Brunelli in posa con abiti d’epoca e l’immancabile cappellino insieme con il marito Fabrizio Casetti e la bambina Lucrezia in tutù rosa in piedi sulla sedia per potere reggere l’ombrello di pizzo sopra la famiglia. Per una carrellata completa non resta che visitare la mostra
“Le muse quietanti” di Flavia Franceschini a Ferrara fino al 5 febbraio 2017 nelle due sedi: MLB home gallery, corso Ercole I° d’Este 3 (dalle 15 alle 19) e Art gallery dell’hotel Annunziata, piazza della Repubblica 5 (dalle 10 alle 24)
Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.
Se già frequentate queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.
Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani. Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito. Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.
Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta. Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .
Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line, le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.
Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.
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