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Questa settimana ho deciso di mettermi in castigo, avendo parlato a sproposito della mia città, almeno così è apparso al mio sindaco. Ho deciso di prendere la strada dell’esilio per riflettere, spero di non dover chiedere l’asilo politico.
Insomma, me ne vado nel Buthan. Dov’è il Buthan? Il Buthan è un piccolo stato dell’Asia, verde e montuoso, che confina a nord con la Cina e a sud con l’India. È nella catena himalayana, a circa duemila metri e forse più di altitudine, ma l’altezza credo che mi farà bene: aiuta a guardare le cose con la necessaria distanza.
Il Bhutan è un modello di politica intelligente, di efficaci politiche di sostenibilità, di adesione ai concetti di giustizia e di bene comune intergenerazionale, di investimento sui saperi, l’apprendimento continuo, la cultura.
Qui la prosperità e lo standard di vita non vengono misurati con il PIL (il prodotto interno lordo) ma secondo il FIL, l’indice di felicità interna lorda, in inglese GNH, Gross National Happiness , un sistema rivoluzionario che ha attirato l’attenzione delle Nazioni Unite.
Secondo alcuni dati questo paese è uno dei più poveri dell’Asia, con un PIL pro capite di 2088 dollari (2010). Tuttavia, secondo un sondaggio, è anche la nazione più felice del continente e l’ottava del mondo.
Il concetto di “felicità interna lorda” realizzato in Buthan costituisce il principio guida di tutte le decisioni politiche del paese, dei processi di sviluppo socio-economico equo e sostenibile, della conservazione e difesa dell’ambiente, della promozione della cultura dei suoi cittadini, delle pratiche di buon governo. Come tale non ha eguali nel mondo in termini di rilevanza delle politiche per il benessere quotidiano delle persone. Molti paesi e nazioni industrializzate avanzate hanno formulato strategie globali di sostenibilità, eppure l’impatto di tali strategie sui processi legislativi e sui programmi politici di questi paesi è rimasto molto limitato. In questo senso il Buthan è davvero unico.
Le politiche sono oggetto di confronto sistematico e di revisione con il contributo dei cittadini per quanto riguarda il loro impatto su tutte le questioni della sostenibilità e sul benessere umano. In questo modo in Buthan amministratori e politici assicurano la priorità, oggi e domani, del benessere dei loro cittadini sugli interessi particolari o su altre preoccupazioni.
Nel Buthan la felicità si insegna a scuola, accanto alla matematica e alle scienze ai bambini vengono insegnate anche le tecniche agricole di base e la tutela dell’ambiente.
La Felicità Nazionale Lorda è la grande idea di un piccolo stato che può essere in grado di cambiare il mondo. Non è quindi una sorpresa che i paesi di tutto il mondo vedano nel Buthan un modello che ha tradotto i principi dello sviluppo sostenibile in politiche strategiche ed efficaci.
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha invitato nel 2011 i rappresentanti di questo paese a parlare del loro approccio per contribuire alla definizione dell’agenda dello sviluppo globale post 2015, nel 2012 il Buthan è stato ospite a New York del più importante incontro “Happiness and Well-Being: Defining a New Economic Paradigm”.
Thimphu, la capitale del Buthan, è divenuta la sede dell’International Expert Working Group for the New Development Paradigm con il compito di raccogliere conoscenze e di generare idee lungimiranti capaci di plasmare le economie a livello globale per un mondo nuovo e sostenibile. Le conclusioni dei suoi gruppi di lavoro sono state presentate all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre 2013.
Di fronte alla crisi economica mondiale, di fronte alla rapina del capitalismo finanziario, l’idea di sostenibilità appare come la grande opportunità per ricollocare al centro dello sviluppo le motivazioni delle persone, la qualità delle loro relazioni, la priorità accordata a rivedere la natura del benessere. Concetti completamente nuovi di progresso appaiono ora razionali e possibili e questo grazie a un modo di pensare che avrebbe soddisfatto Einstein, quello cioè di ricercare la soluzione ai problemi dell’umanità allontanandoci sempre più dalle forme mentis che li hanno generati.
Perché pensare diverso è sempre un buon esercizio che consente di accogliere le idee per confrontarsi e progredire, non per rinchiudersi offesi nella difesa dell’esistente.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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