Mancano poco più di dieci anni al traguardo del 2030, la deadline dell’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile. Era, dunque, inevitabile che qualcuno come Greta, quindicenne, si domandasse che sarà della sua vita fra dieci anni, quando dovrà fare la sua parte in questo mondo.
Quegli obiettivi difficilmente saranno raggiunti, se non ci scuotiamo dal nostro torpore. Non c’è tempo ci dicono ragazze e ragazzi più adulti di noi, è necessario accelerare e affrettarsi, il futuro viene da sé, ma non sarà mai quello promesso se non ci diamo da fare tutti e subito.
Perdiamo l’anima e il clima, è come dire il dentro e il fuori. Nell’Antropocene i moti di spirito e la poesia della natura si dissolvono, e lo sturm und drang sconvolge il pianeta anziché i cuori e le menti. Madre Terra mostra sempre più i segni dell’usura ai suoi figli distratti, troppo impegnati per prendersene cura. Ora, i nipotini, con in testa Greta, si stanno muovendo.
Res cogitans e res extensa non comunicano per mezzo della ghiandola pineale, la loro comunione pare più intensa di quanto abbiamo supposto finora. Natura e cultura, ‘nature and nurture’, altro non sono che un esile balbettio. Così dal recupero del fuori dipende la sostanza del dentro: la salvezza dell’anima passa ora per la rinascita del clima.
Non c’è da stupirsi se a ritornare a ricordarcelo è l’innocenza di una ragazza di quindici anni.
La nostra narrazione, la nostra comprensione degli eventi, non può essere pensata come un fenomeno del cervello a prescindere dalla nostra carne, dalle nostre cellule, dal nostro sangue. Aria, calore e temperie respiriamo, di loro si nutre il corpo come la psiche.
A bruciare, a inaridire non è solo la Terra, anche noi subiamo il mutamento di clima nel nostro essere, nei nostri pensieri e nelle nostre azioni. È la biosfera ad essere allarmata e di questa biosfera noi non siamo una presenza a caso.
Eros morto, rinasce nella carica di vitalità dei più giovani pronti a giocarsi la vita per salvare il grembo fertile della madre Terra.
Il principio di piacere che avrebbe dovuto indurci alla virtù, a preservare la casa che ci ospita, è stato sopraffatto dall’istinto di morte, dal desiderio di possedere qui un regno che neppure l’aldilà ci avrebbe mai potuto offrire.
Così abbiamo cosparso le nostre vite di veleni di morte come fossero larve di piacere, abbiamo preferito drogare le nostre menti anziché nutrirle di intelligenza.
Ce lo dicono questi ragazzi che fanno lo sciopero della scuola che gli abbiamo fornito insieme alla farlocca promessa del futuro. Il sapere a loro non serve per conoscere il passato, ma per salvare il futuro, per preservarlo da questo presente che rischia di bruciarlo, questa volta, per sempre. Chiedono di non essere cresciuti nel veleno, che il seno delle mamme che allatteranno le future generazioni nutra vite sane, anziché malate.
Queste ragazze e ragazzi sono il volto buono di Internet, degli sms e dei social, quelli che abbiamo criminalizzato per via del cyberbullismo.
Questa volta a vincere è stato il cyberdialogo, la cybercondivisione, il mondialogo, per dirla con le parole del grande scrittore argentino Ernesto Sabato. Mobilitati nel mondo per salvarlo dalle nostre mani.
È che dietro a queste ragazze e a questi ragazzi, uniti per parlare alle nostre orecchie sorde, noi adulti non ci siamo, non siamo i testimoni da citare. Facciamo la parte degli eterni adolescenti irresponsabili a cui i figli decidono di fare da genitori.
Ragazze e ragazzi, ancora sui banchi di scuola, che dimostrano di aver maturato una cultura e un’autonomia sconosciute alle nostre generazioni, coltivate a prescindere da noi, adulti, insegnanti e genitori, dalle nostre presenze o assenze.
La loro mente ha una inedita, vitale lucidità, tale da illuminare le nostre responsabilità, da far risaltare le nostre incongruenze e contraddizioni.
L’appello dei giovani della generazione di Greta con il quale hanno deciso di scuotere il mondo è molto di più dell’emergenza clima, è insieme, che lo vogliamo o no, la denuncia di una crisi globale di civiltà e di genitorialità.
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(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
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