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Fare campagna perché le persone continuino a istruirsi anche dopo l’età della scuola può lasciare stupiti o dare l’impressione di una pedanteria pedagogica. Così succede nel Regno Unito dove la “Campaign for learning” ha pure un sito web, e pubblico e privato sono impegnati a promuovere l’apprendimento permanente, perché convinti del potere dell’istruzione continua.
Nulla del genere abita in Italia, terra di università popolari e della terza età, ma assolutamente analfabeta in materia di lifelong learning.
Neppure il nostro ministero dell’istruzione, università e ricerca brilla nel campo.
Oltre ai Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA), concepiti in chiave puramente scolastica, non va, mentre continua a marcare ritardi nell’attuazione delle disposizioni previste dall’articolo 4, comma 51, della legge 92 del 28 giugno 2012, più nota come la famigerata “legge Fornero”, tanto per intenderci sui livelli di consapevolezza del nostro Paese e della sua classe politica.
Aver riconosciuto che l’istruzione non abita solo tra le mura delle scuole e dell’università perché, oltre ad essere formale, può essere anche non formale e informale, avrebbe dovuto per lo meno portare a promuovere politiche di educazione permanente, di qualificazione, di valorizzazione e di coordinamento di tutto ciò che si muove su questo terreno.
Nessuno al Miur, ma neppure la politica, credo si sia mai posto l’obiettivo di realizzare l’ apprendimento permanente nella nostra società.
Conferenze, tavole rotonde, webinar, eventi culturali e tutto quanto si muove senza un filo conduttore nella brulicante fucina delle iniziative pubbliche e private, invece di andare deserto o sprecato, potrebbe costituire i tanti tasselli di un più vasto programma di istruzione continua. Un modo per consolidare come abitudine sociale l’apprendimento per tutta la vita ai livelli locali come a livello nazionale, con vantaggi notevoli per le comunità, le persone, l’economia e il lavoro.
Mentre ci si occupa d’altro, con gli edifici scolastici precari, oltre al personale che vi lavora, la fuga dei giovani all’estero, e le percentuali di dispersione scolastica che aumentano insieme alla povertà educativa, l’apprendimento, nel frattempo, si è arricchito di aggettivi che prima neppure avremmo preso in considerazione.
A partire dall’apprendimento “verticale”, che suggerisce l’idea di un apprendimento in piedi, dal basso verso l’alto, come la spinta nella vasca di Archimede.
È, appunto, l’apprendimento che accompagna tutta la vita, che ritiene insensato che si possa interrompere l’attività del sapere e dell’imparare una volta abbandonati i banchi di scuola e trovato un lavoro. L’apprendimento come processo che avviene ovunque, dinamico e continuo, che accompagna tutte le età della vita. Che cresce con le persone e fa crescere le persone, rendendole migliori, più attrezzate, più competenti, più ricche dentro, che ha bisogno di offerte e di occasioni, di ambienti stimolanti e propositivi.
Una verticalità che per svilupparsi necessita dunque di orizzontalità. Orizzonti di saperi. L’apprendimento “orizzontale”. È la dimensione spaziale dell’apprendimento e dei suoi luoghi. L’apprendimento come processo diffuso che può accadere in ogni contesto e non solo nei luoghi tradizionalmente deputati alla formazione. L’apprendimento che si allarga a comprendere le esperienze della vita in una dimensione del tempo che è quella delle occasioni che abbracciano la larghezza e l’ampiezza della vita con il succo prezioso delle sue offerte, opportunità e attrazioni. Comprende il tempo e gli spazi dell’esistenza di ciascuno di noi in cui si allargano gli apprendimenti.
In fine il deep learning, espressione sottratta all’intelligenza artificiale, ma utile al nostro discorso.
L’apprendimento “profondo”. Riguarda la nostra vita, la necessità inesauribile di apprendimento. Perché ogni angolo della vita, ogni anfratto ci richiede di sapere, vagliare, criticare. E allora apprendere è una corrente che non si può interrompere, che fa erompere il diritto delle persone a vivere in una società che metta a disposizione di tutti non solo l’informazione ma la formazione, le conoscenze, i saperi, le competenze, soprattutto per gestire l’informazione, che contrariamente ai saperi, ci proviene in abbondanza da tutte le parti.
L’apprendimento profondo è la terza dimensione che consente di partecipare pienamente alla vita della comunità, spiega il senso di una società che promuove l’educazione permanente come recupero pieno del significato dell’istruzione al servizio delle persone e della possibilità di essere se stesse.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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