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4 Novembre 2016

L’omone

Tempo di lettura: 2 minuti


Antonio è un uomo sui quaranta, alto e imponente. Quando lo abbiamo incontrato la prima volta, mia nipote di 4 anni l’ha osservato incuriosita volgendo lo sguardo verso l’alto e sgranando gli occhi come per poterlo contenere tutto. L’omone – così è stato soprannominato per simpatia e così è ormai classificato nella mia rubrica dell’iphone – sa fare molti lavori: trasportatore, imbianchino, muratore, riparatore. Lo abbiamo conosciuto per caso, sulla pressione di un obiettivo impellente: sgomberare un’ampia cantina da una montagna di oggetti stipati e accatastati a segnare – come ere geologiche – il tempo di una vita. Prima di Antonio, abbiamo incontrato l’ottusa irrazionalità del servizio pubblico di Hera che per lo sgombero pretende che i cinque pezzi – che rappresentano il limite di prelievo per ogni servizio concordato – siano accuratamente elencati e comunicati preventivamente per telefono. In pratica l’operazione di sgombero della cantina avrebbe richiesto mesi, impiegati nell’improbabile redazione di liste di oggetti come assi, parti di motori inceppati, attrezzi di lavoro minuti e pesanti allo stesso tempo, vecchi elettrodomestici, e molto altro. In un primo tempo ci siamo rassegnati a questa regola irrazionale – anche se con desolazione – ma la difficoltà di dare i nomi a frammenti di oggetti sconosciuti è stata insuperabile!
Per questo l’omone ci ha salvato. Rapido e silenzioso ha sgomberato tutto, ci ha aiutato via via a smaltire i molti ingombranti e spesso pesanti oggetti non recuperabili e a donare quelli ancora utilizzabili. Sollevava gli oggetti come piume per metterli nel suo furgone capiente. Tornava ogni volta che ne avevamo bisogno. Così per un mese. Dovevamo dipingere il garage e lui si è offerto di farlo, dovevamo aggiustare mobili da montare nella cantina e lo ha fatto, gli abbiamo affidato il compito di imbiancare la casa e lui lo ha fatto in un giorno, ha riparato tutte le piccole cose che non andavano, ha aggiustato cassetti, ha piantato chiodi, limato porte anodizzate, aggiustato ante traballanti, sistemato serrature e cerniere dei mobili, spostato e montato pensili, stuccato e levigato là dove c’era bisogno. Tutto questo in pochissimo tempo e con un garbo che contrastava la corporatura imponente.
Involontariamente un giorno abbiamo buttato via la sua radio, credendo che facesse parte degli oggetti da smaltire, lui era sgomento “comeee, l’hai buttata viaaa? C’erano registrate le musiche del mio paese? Io come faccio adesso?” Il giorno dopo ci ha detto che ne ha trovato una nuova – che conteneva le musiche come l’altra – ovviamente gliela abbiamo pagata ed è stato un grande sollievo per noi sapere di non avere fatto un danno irreparabile.
Antonio viene dalla Moldavia, non so altro di lui.
Possiamo considerare questo un esempio di possibile concorrenza tra lavoratori italiani e lavoratori extracomunitari? Forse. Ma per fortuna per noi molti lavoratori extracomunitari che svolgono i più disparati lavori con impegno, flessibilità e intelligenza, hanno scelto di abitare nelle nostre città.

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Maura Franchi

È laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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