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In un tempo ricco di fonti di informazione, come mai la gente crede così facilmente a notizie infondate? Ciò è dovuto ai pregiudizi di conferma (confirmation bias): la tendenza a trovare informazioni che confermino le nostre idee su un certo tema, e a rifiutare le notizie che potrebbero invece contraddirle. In sostanza tendiamo a far parte di comunità che la pensano come noi, convincendoci reciprocamente di essere nel giusto.
Uno studio sul comportamento delle persone su Facebook (“Social determinants of content selection in the age of (mis)information”) ha analizzato il comportamento di un gruppo di utenti Facebook dal 2010 al 2014 con l’obiettivo di rispondere ad una domanda: navigando online le persone si confrontano con idee opposte alle loro, oppure tendono a formare gruppi chiusi dove confermarsi a vicenda le proprie posizioni? I ricercatori concludono che le persone tendono a frequentare comunità omogenee e a dare più valore alle notizie filtrate dagli amici. In sostanza gli utenti di Facebook tendono a condividere notizie che contengano un messaggio con cui concordano e a rigettare quelle che contengano messaggi contrari. Il risultato è la formazione di “gruppi omogenei e radicalizzati”. All’interno di questi gruppi le nuove informazioni si diffondono velocemente: l’esito è la proliferazione di teorie basate su informazioni infondate e paranoie.
Si tratta di un fenomeno noto come “polarizzazione collettiva”: persone con le stesse idee su uno stesso argomento tendono a parlare tra loro e finiscono con sviluppare delle convinzioni più forti di quelle che avevano in partenza sull’argomento stesso. La spiegazione psicologica è intuibile: attraverso il consenso degli altri tendiamo ad accrescere la nostra autostima, il pregiudizio di conferma si auto-rinforza, producendo un circolo vizioso: si inizia con una credenza e si trovano poi informazioni che la suffragano, ciò finisce con il rafforzare quella credenza e a radicalizzarla proprio in virtù della unanimità percepita. Se pensiamo al dibattito politico o a fatti di cronaca che suscitano emozioni forti, comprendiamo facilmente: su Facebook le opinioni altrui sono spesso ignorate e, quando vengono considerate, finiscono per rafforzare in ognuno le proprie convinzioni.
Si può concludere che i social producono disinformazione? Si dovrebbe in ogni caso avere maggiore cautela rispetto alla presunta democraticità della rete e alla sua efficacia rispetto all’espressione della volontà popolare. Si conferma la necessità di un’informazione riflessiva che non chieda schieramenti, ma solleciti un approccio critico, ricordando che la società di massa tende pericolosamente alla convergenza delle opinioni.
Una riflessione ancora più seria riguarda l’apprendimento: la necessità di mantenere il valore di uno studio individuale, di promuovere una cultura aperta che tratti ogni convinzione come provvisoria, di insegnare l’interesse alle confutazioni piuttosto che alle conferme. Se non siamo consapevoli delle dinamiche inevitabili che muovono la formazione dei nostri giudizi e del valore delle emozioni rispetto a questi, la rete finirà per essere un luogo assai meno libero di come possa apparirci.

Maura Franchi vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi presso il Dipartimento di Economia. Studia le scelte di consumo e i mutamenti sociali indotti dalla rete nello spazio pubblico e nella vita quotidiana.
maura.franchi@gmail.com

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Maura Franchi

È laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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