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Evitare la morte è una cosa su cui devi lavorare. Se gli esseri viventi non lavorano attivamente per impedirlo, alla fine si fonderebbero con l’ambiente circostante e cesserebbero di esistere come esseri autonomi. Questo è quello che succede quando muoiono“.

Questa dichiarazione agli azionisti Amazon racchiude, in mirabile sintesi, la filosofia del superuomo postmoderno che l’ha rilasciata: Jeff Bezos da Albuquerque. La cronaca di questo progetto la potete leggere su diverse testate (per tutte, una: QUI). In sostanza, il patron di Amazon metterà un sacco di soldi dentro la società Altos Labs, che lavora sulla “riprogrammazione biologica”, ovvero la possibilità di rigenerare le cellule umane fino a rendere il medesimo essere umano non più umano, ma immortale.

Il CEO di Altos Labs è stato il direttore del National Cancer Institute degli Stati Uniti. Bezos sta reclutando inoltre, pagando loro ingaggi stratosferici, il miglior manager farmaceutico (Barron, dalla Glaxo), il miglior biochimico (Juan Carlos Belmonte), il premio Nobel per la Medicina 2012 (Yamanaka, scopritore delle cellule staminali “pluripotenti indotte”). E’ singolare il fatto che tutti questi scienziati abbiano un età che va dai 57 ai 60 anni. Bezos stesso è nato nel 1964. Verrebbe da pensare che stiano lavorando anzitutto per loro stessi, esattamente come Bezos. Tuttavia sarebbe semplicistico ridurre questo progetto al tentativo di trasformare una plurima crisi di mezza età in un elisir di lunga vita (se possibile, eterna). Perchè loro stanno invece lavorando per l’Uomo. Non ogni uomo, beninteso. Da questo punto di vista non c’è niente di rivoluzionario: gli eventuali benefici di questo faraonico sforzo saranno privati e riservati ai pochi che se li potranno permettere. Però l’idea che sta dietro a questo gigantesco laboratorio è racchiusa in quelle tre frasi.

Evitare la morte è una cosa su cui devi lavorare“. Non rinviare la morte, non curare la malattia, non migliorare la qualità della vita. No. Evitare la morte. Del resto, se l’obiettivo fosse meno ambizioso avremmo a che fare con quanto la scienza medica e biologica tentano di fare da sempre, cioè allungare la vita media del genere umano e se possibile renderne più piacevole (o meno sgradevole) la parte conclusiva. Qui si punta dichiaratamente a fare in modo che vi sia un’unica specie vivente che supera la natura, che la cambia, anzi, che oltrepassa le sue leggi e crea una propria natura, immortale per sè e gli altri eletti. Il fine sembra essere quello di poter diventare (chi potrà permetterselo) delle meduse immortali, l’unico organismo vivente avente una tale capacità di rigenerazione cellulare da essere considerato una vera e propria macchina del tempo, una concretizzazione dell’eterno ritorno: da medusa a polipo e così via per sempre, senza mai morire.

Se gli esseri viventi non lavorano attivamente per impedirlo, alla fine si fonderebbero con l’ambiente circostante e cesserebbero di esistere come esseri autonomi. Questo è quello che succede quando muoiono“. Capite qual è considerata la disdetta più grande, l’epilogo più disdicevole? Fondersi con l’ambiente circostante. Non c’è solo il rifiuto del “polvere sei e polvere ritornerai” della Genesi. C’è il sogno di porsi al di sopra della sola infinità filosoficamente concepibile, la sostanza, la divinità di Spinoza, il Deus sive Natura, unica realtà eterna ed infinita. Torniamo ad un antropomorfismo religioso, nel quale però non è Dio ad avere forma di uomo, ma è il Superuomo ad essere Dio, perchè quello che vale per l’universo non vale per lui. “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, il postulato di Lavoisier che fonda la legge di conservazione della massa, implica che dopo la trasformazione ciò che risulta dalla stessa non è l’individualità di prima. Invece no: Bezos vuole essere lo stesso di sempre, per sempre. Lui, e nessun altro. Lui non vuole diventare parte di un albero, di un seme, della terra, del mare. Non so nemmeno come pensi di esser stato concepito. Siamo oltre l’avidità, la smania di potere. Siamo alla trasformazione antropologica dell’imprenditore di successo in Superuomo.

La “cessazione dell’esistenza come essere autonomo” è l’altro orrore da superare, per Bezos e i suoi scienziati. E’ straordinario come voglia pervenire attraverso la ricerca scientifica all’estrema realizzazione, una realizzazione hardcore, dell’antropocene. Non gli basta più essere l’uomo più ricco del mondo, non gli basta più piegare la natura (anche la natura umana) ai propri interessi economici, non gli basta più avere tanti soldi da potersi comprare un’isola, un continente, un pianeta, per farci quel cazzo che gli pare. A questo tipo di uomo, tutto questo non basta più, perché, sfortunatamente, tutto questo presto o tardi finirà. E’ il concetto di finitezza che non può accettare. Tutto questo non può finire, e non finirà. Costi quel che costi, agli altri, compreso l’universo (non parliamo dei poveri topi da laboratorio).

Siamo al cospetto di un gigantesco disturbo narcisistico della personalità, che si autoalimenta del suo stesso successo. Mentre però un megalomane fallito è pericoloso per sè, un megalomane di successo è pericoloso per gli altri. Una manica di megalomani di successo apre prospettive che definire fantascientifiche è ottimista e riduttivo, a meno che non ci abituiamo all’idea che le nostre utopie saranno distopie, e iniziamo ad amarle, nostro malgrado. Un po’ come nel sottotitolo de Il dottor Stranamore di Kubrick: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba.

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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