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La foto in copertina (Foto di Dire.it – https://www.dire.it/) mostra tutto l’essenziale. Povere persone, famiglie, in fuga da paesi distrutti da guerre, coperte con mezzi di fortuna, inermi, affamate e semiassiderate (qualche giorno fa un bambino di un anno è morto di freddo). Il confine è quello tra Bielorussia e Polonia. A fronteggiarli, la guardia di frontiera polacca in assetto di guerra, come dovesse contrastare l’invasione di un esercito nemico.

La Bielorussia accoglie i migranti in fuga dal Medioriente (siriani e iracheni di etnia curda, soprattutto), offrendo loro visti turistici per farli atterrare nel paese – ma con la “promessa” di farli arrivare in Germania –  attraverso pacchetti della compagnia aerea di bandiera. Poi li addossa al confine con la Polonia, che non li vuole e progetta la costruzione di un muro. Nel frattempo le persone – attualmente alcune migliaia – che non riescono ad attraversare di nascosto il confine restano al freddo, soffrono e muoiono. Il dittatore bielorusso Lukashenko accusa l’UE di non avere un cuore perchè rifiuta di accogliere i migranti, che secondo lui vogliono approdare in Germania. La Germania tratta con lui, mentre l’Unione Europea accusa la Bielorussia di usare i migranti come strumenti di ricatto contro l’Europa che ha proclamato “sanzioni” contro il regime di Lukashenko. La Polonia vieta a Frontex (l’agenzia europea che si dovrebbe occupare del controllo della gestione delle frontiere) l’accesso alle zone dove sostano i migranti. Il vero braccio di ferro è sulle forniture di gas. Lukashenko minaccia di chiudere il gasdotto che passa dal suo paese per portare il 20 per cento del gas russo all’Europa. Putin, che appoggia Lukashenko, al contempo nega che un’ipotesi di blocco delle forniture possa mai verificarsi. L’Europa per correre ai ripari dovrebbe rivolgersi a fornitori alternativi (Norvegia, Libia). Nel frattempo il prezzo del gas sale.

Tra il primo ed il secondo paragrafo di questo articolo passa tutta la differenza tra l’essenza in-umana dei fatti e la gerarchia degli interessi in ballo. Tuttavia i due concetti non sono scollegati, bensì interdipendenti. La foto comunica una enorme disumanità della politica, che non riesce a (o non vuole fino in fondo) salvaguardare la salute e la vita degli esseri umani più deboli, compresi i bambini. Ma si potrebbe dire che questi esseri umani vengono sacrificati per il nostro benessere? Si potrebbe affermare che queste persone vengono lasciate al freddo in una foresta ostile per evitare a noi di rimanere al freddo nelle nostre case? Forse no. Però, se pensiamo a quanto le regolari forniture di gas e petrolio influenzano la produzione delle nostre fabbriche ed il lavoro di migliaia di persone; se pensiamo a quanto può incidere, sul bilancio familiare, un’impennata nei prezzi di queste materie prime, dovremmo trarre una conclusione meno drastica, ma non priva di cinismo. E’ un ragionamento cinico quello che induce il dittatore Lukashenko a utilizzare queste persone come arma di ricatto verso l’Unione Europea. Ma questo cinismo avrebbe la medesima forza ricattatoria, se dall’altra parte i ricattati accettassero il rischio di far subire ai loro cittadini le conseguenze di una (temporanea) crisi energetica?

«Certamente non ci facciamo intimidire dalle minacce di Lukashenko. L’autonomia in campo energetico nel medio termine sarà fondamentale e nel breve termine certamente dobbiamo lavorare per utilizzare al meglio le relazioni esistenti sia con il Nord Africa, che con la Norvegia e con la Russia». Parole di Paolo Gentiloni, commissario europeo all’economia. A voi sembrano parole rassicuranti? Personalmente le trovo scivolose. L’autonomia energetica “sarà fondamentale”. Potrebbe voler dire che, attualmente, l’autonomia energetica è un obiettivo, ma non una certezza. Qualcuno è così puro di cuore da pensare che l’Unione Europea non sarebbe in grado, se davvero lo volesse, di mettere in ginocchio il gambler bielorusso? Ma dietro Lukashenko c’è Putin. La Russia finge di fare da mediatore tra Europa e Bielorussia, in realtà utilizza la Bielorussia come avamposto per estendere la propria influenza (anche territoriale: ricordate l’invasione della Crimea?) ai confini di Stati, come la Polonia, che attualmente sono alleati (scomodi) dell’Unione Europea. Il muro di Berlino è stato abbattuto nel 1989, la cortina di ferro e il Patto di Varsavia non esistono più, ma la Russia sembra in grado di esercitare una forza crescente al cospetto di un’Europa debole, divisa, capace solo di un’ unione monetaria cui non ha fatto seguito nè un’ unione politica, nè economica, tantomeno sociale (ne parla anche Daniele Lugli, qui).

Il diritto occidentale garantisce la libera circolazione delle merci e dei capitali, ma ostacola la libera circolazione delle persone, soprattutto di quelle rese profughe da conflitti spesso alimentati dalle stesse democrazie occidentali. Nel frattempo gli ultimi, gli incolpevoli, gli indifesi, soffrono e muoiono, paradossalmente (e purtroppo non è la prima volta) individuati come nemici dai neofascisti, che non trovano di meglio che prendersela con gli ultimi, anzichè con i primi. E’ un mondo che ricostruisce muri per le persone, e contemporaneamente consente ai soldi di andare dove pare a loro. Davvero si fatica ad immaginare qualcosa di più disumano di questa costruzione umana.

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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