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“Je suis Paris” come espressione attaccata sulla giacca o declamata a voce alta: “Resistere, resistere, resistere contro il terrorismo”. Sono espressioni giuste e apprezzabili ma anche troppo facili e passive, simboliche. Personalmente non sono un parigino e nemmeno parlo una parola francese. Sono un cittadino di Monaco ( e da un pezzo anche di Ferrara ). Devo resistere nella mia vita concreta dove vivo e dove sono radicato contro le barbarie di ogni tipo, la distruzione dello Stato di diritto , la corruzione diffuso.
Oggi non si puo parlare o scrivere solo sulla cultura dentro la mura di Codigoro, di Ferrara, di Monaco nemmeno d’Europa. Dobbiamo aprire le finestre delle nostre case talvolta soffocanti e piene di polvere culturale, ma piene anche di una storia civile, umana fatta di grandi valori per quale si deve “resistere, resistere, resistere”.
Ma non dobbiamo solo difendere il nostro gran tesoro di cultura, d’arte, di valori democratici. Dobbiamo anche aprire le nostre finestre per nuovi orizzonti culturali. In questi tempi di “cash & carry“ e dell’elogio della irresponsabilità come virtù ci mancano uomini che rappresentano altri valori di vita.
Come ha scritto una volta Claudio Magris, “valori freddi, i quali stabiliscono condizioni di partenza uguali per tutti, permettono a ognuno di coltivare i propri valori caldi, di inseguire la propria passione”. Difendere i “valori freddi” della civiltà e della democrazia in un modo non retorico e clamoroso contro l’inciviltà e disumanità. Ogni atto terribile e crudele come quell’attentato di Parigi due settimane fa crea subito una valanga di frasi retoriche, piene di un pathos vuoto, che servono a nulla, tranne che ad appagare il proprio narcisismo e la vanità di presentarsi come un uomo civile.
Ma mi pare più serio e sobrio ricordare una bella frase di Primo Levi, scritta avendo un’esperienza davvero terribile sulle spalle. “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”

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Carl Wilhelm Macke

È nato nel 1950 a Cloppenburg in Bassa Sassonia nel nord-ovest della Germania. Oggi vive a Monaco di Baviera e il piu possibile anche a Ferrara. Lavora come scrittore e giornalista. E’ Segretario generale della rete globale “Giornalisti aiutano Giornalisti (www.journalistenhelfen.org) in zone di guerra e di crisi, e curatore dell’antologia “Bologna e l’Emilia Romagna”, Berlino, 2009. Amante della pianura.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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