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Roberta Bergamaschi qualche tempo fa ha esordito nella narrativa con un romanzo intelligente e raffinato. Edito per la collana I libri dello Zelig (Mobydick editore), questo libro colpisce per il senso di misura delle sue parole, per l’incedere chiaro, rigoroso e un intreccio davvero interessante.
La storia dei protagonisti Marguerite e Moustache, per contrappasso, è quella della mancanza di parole, dell’incomunicabilità. Lavorano entrambi, con ruoli diversi, a un manuale di lingua francese per ragazzi, e i personaggi “messi in scena da una misteriosa Autrice”, corretti dalle istruzioni di Marguerite per il Disegnatore, prendono vita portando alla mente i Sei personaggi in cerca di autore di Pirandello. In fondo si tratta di un meta-libro. Un po’ come se qualcuno strappasse quel cielo di carta proprio mentre Oreste stesse per vendicare la morte del padre, sempre per dirla con l’agrigentino autore de “Il fu Mattia Pascal”.
“Istruzioni per il disegnatore” è un libro dotato di grazia e leggerezza, pervaso da una amara ironia. E questo ricorda Calvino. E’ un libro che parla di chi non sempre riesce a prendere la vita per il verso giusto. Parla del tempo e dei fallimenti, dell’egoismo e di una certa grammatica dei corpi e dei pensieri, che è grammatica dell’amore. Lo fa con consapevolezza. Suona note stonate, vibra colpi, avendo cura di risparmiare il dramma e il lieto fine. E’ come se chi scrive avesse ben chiaro che sarebbe inutile condividerlo fino in fondo, il dramma. E’ come se Roberta Bergamaschi dicesse che tanto, alla fine, ognuno rimane solo con la sua vita infilata al contrario, con gli errori, le incomprensioni, col suo dolore. E questo è il Buzzati de “Il deserto dei Tartari”.
Nella selva del mondo editoriale italiano il lettore è chiamato a un ruolo di ricerca sempre più attivo. Chiunque voglia scovare lavori di qualità rischia di rimanere preda di un’editoria attenta alle vendite, come è giusto che sia, a scapito del coraggio. E allora mi piace scrivere di questo piccolo libro elegante e sornione, della sua qualità.

“Istruzioni per il disegnatore”, collana I libri dello Zelig, Mobydick editore, romanzo d’esordio di Roberta Bergamaschi

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Sandro Abruzzese

Nato in Irpinia, vive a Ferrara dove insegna materie letterarie in un istituto d’istruzione superiore. Per Manifestolibri ha pubblicato Mezzogiorno padano (2015). Con Rubettino ha pubblicato CasaperCasa (2018) e Niente da vedere (2022). Sul suo blog, raccontiviandanti, si occupa di viaggio e sradicamento

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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