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La televisione gracchiava i consueti programmi consumistici, che definire con esattezza è complicato, una sorta di connubio tra ricette, quiz e opportunità per artisti scadenti di promuovere il loro ultimo lavoro, la stanza era illuminata da questo elettrodomestico che riempie le nostre giornate in modo compulsivo e lui era seduto sul suo divano rosso sorseggiando nervosamente una buona tazza di caffè. Il silenzio fu interrotto dalla moglie che voleva sapere a che ora avesse la sua solita riunione e lui rispose che mancava poco in quanto la riunione era stata convocata per le 20,30 e quindi doveva cominciare a prepararsi ad uscire. Con un malcelato fastidio Rossella evidenziò che si stava stancando di vedere Marco uscire di continuo dopo dure giornate di lavoro per dare un contributo a quel partito che ormai aveva cambiato del tutto i connotati, voleva, l’ingenua donna, svegliare nel marito le antiche pulsioni rivoluzionarie e sperava che egli aprisse gli occhi e si rendesse conto che quel partito in cui Marco aveva riposto le speranze e su cui aveva perso anni di impegno, ormai non era più un partito veramente di sinistra e non si occupava di ascoltare ciò che la base evidenziava. Ma sapeva, Rossella, che le sue erano manifestazioni di dissenso inutili, in quanto Marco con lo spirito del ragazzo era davvero convinto che, pur essendo minoranza, avrebbe potuto incidere sulle scelte di quel partito. Ascoltate le lamentele della moglie indossò il suo fiammante cappotto ed uscì in direzione di quella che un tempo era chiamata “sezione” e che ora , più modernamente, era definito “circolo”.
Gli anni e le stagioni si susseguirono celermente ed ormai i due coniugi erano diventati due vecchi brontoloni uniti da un imbattibile amore che concedeva loro il lusso di rientrare a casa e trovare l’altro ad accoglierlo con entusiastico affetto, la scena era sostanzialmente la stessa, una casa popolare acquistata negli anni della gioventù e pagata a fronte di tanti sacrifici, il quartiere periferico che si era popolato di quei nuovi italiani che col loro lavoro pagavano le pensioni ai vecchi come Rossella e Marco, le stanze cosi piene di storie appassionanti e di legami affettivi, solo qualche elettrodomestico era stato cambiato a causa dell’usura delle apparecchiature elettriche cosi come non era lo stesso il divano, quel bel divano rosso che tante loro effusioni aveva accompagnato era stato segnato dagli anni che erano passati e dalle unghie dei loro gatti che lo avevano eletto a loro personale graffiatoio. Ora avevano, non senza sacrifici, acquistato un nuovo comodissimo divano beige (più adatto alla loro età) che ospitava le loro chiccchiere e che li accompagnava nella visione dei programmi televisivi.
Ogni sera appassionatamente mangiavano di buon ora per godersi il loro talk show preferito, e attraverso il moderno elettrodomestico, potevano ricordare i bei tempi in cui i dibattiti televisivi erano animati ed a volte persino eccessivi, potevano ricordare i tempi in cui il partito a cui era stato militante Marco era un vero movimento politico in cui il confronto, lo scontro e la fucina di idee era costantemente presente nella dialettica interna, potevano ricordare il tempo in cui tutta la politica italiana si appiattì sul concetto che non c’era più bisogno di partiti con iscritti e militanti, e che essi servivano solo come comitati elettorali, potevano ricordare il giorno in cui apparve sulla scena politica un personaggio, che Marco osteggiò sino allo sfinimento, che accordandosi con l’allora leader opposto riusci, vincendo le successive elezioni, a porre la politica italiana alla cieca obbedienza di quello che allora veniva definito “l’uomo solo al comando” e ridusse le opposizioni interne a meri comitati di cittadini senza diritto di parola.
Mentre in tv passavano le immagini di quei lontani giorni i due coniugi si guardarono teneramente negli occhi, dai quali uscì una malinconica lacrima, si abbracciarono con forza, si diedero un ultimo appassionato bacio e si lasciarono andare aprendo le loro ali alla morte.

Ascolta il commento musicale: Giorgio Gaber, Il dilemma

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Stefano Peverin


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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