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Le donne sono impegnative. Hai due strade, o le usi o le ami. Se le ami, è tutto molto complicato perché in ogni scelta e in ogni parola è come andare a cercare il pianeta giusto nello spazio siderale. E tu puoi approntare tutte le astronavi che vuoi, ma non sai mai se e quando ci prendi. Perché quando arrivi, magari devi aspettare che il pianeta donna riemerga dal passaggio dietro alla stella che te l’ha nascosta. Se le usi, te ne freghi di quello che può volere la donna, non devi cercare niente, non è impegnativo, sei fermo e ti basta.
Giro questo messaggio, scritto da un amico, a mezza rubrica, a quelle amiche-pianeti guardate da molto lontano da uomini che non erano propriamente argonauti. Mi risponde subito S., riemersa e nascosta migliaia di volte, e che troppo spesso si è sentita dire sei impegnativa. Meglio, penso io. Ora lo sa anche lei che non è un difetto, ma un tratto distintivo che le fa perdere meno tempo. Mi racconta di avere chiuso da poco una storia perché, dopo qualche mese, il saldo era negativo.
“Ho messo in fila le cose, tirato una riga e il risultato non mi è piaciuto”. Le faccio notare che il suo lessico e le sue azioni stanno cambiando: un tempo, quel saldo negativo lo avrebbe visto, ma ignorato, sarebbe andata avanti illuminando e oscurando a piacere una storia. Avrebbe continuato, insomma, a ‘sotterrare i pensieri’, come diceva Natalia Ginzburg.
Ora, senza quasi accorgersene, fa una specie di contabilità non scritta, ma efficace. Tira una riga, non indugia più, non scusa e non accusa. Rimane un pianeta raggiungibile solo da chi può.
Poi, quanto all’amare o usare, concordiamo che sia proprio così e una scelta porta al movimento, l’altra fa rimanere fermi. Ma, a pensarci, dissento su una cosa con l’amico che mi ha scritto il messaggio: credo sia impegnativo anche il ruolo di chi usa perché serve la costruzione di una maschera fissa e ripetitiva, un personaggio, quasi un mestiere che, col tempo, si fa usurante e sempre meno interessante.

Siete mai riusciti a tirare una riga guardando lucidamente una storia? E quante maschere avete incontrato?

Potete scrivere a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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