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I lettori, soprattutto uomini, raccontano se stanno dalla parte di Nickname che rivendica il diritto all’oblio o di Riccarda che tende a ricordare: una lotta fra chi beve alla fonte di Lete e chi si bagna in quella di Mnemosine.

Il tempo sistema ogni cosa

Cara Riccarda, caro Nickname,
l’uomo è geneticamente portato ad abbeverarsi alla fontana Lete e per fortuna, altrimenti sarebbe una dannazione come afferma Nick. Ma credo che solo il tempo, nelle sue varie curve in salita e in discesa, faccia emergere i ricordi che pensavi di avere rimosso. Indipendentemente dalla fonte a cui bevi. Preferisco in ogni caso esercitare il diritto all’oblio e in questa dimensione del tempo, qualcosa accade.
Paolo

Caro Paolo,
vorrei ubriacarmi alla fonte Lete e dimenticare molto, ma non tutto: pretendo una dimenticanza selettiva che includa cose brutte e belle, lasci perdere le inutili, il tempo sprecato e le fatiche che potevo risparmiarmi.
Riccarda

Caro Paolo,
se ricordassi troppo andrei in cortocircuito, sia razionale che emozionale. Non so se sia genetica, ma temo di non avere scelta.
Nick

Democraticamente parlando…

Cara Riccarda, caro Nickname,
alla fine è così: io rivendico il diritto che lei dimentichi le mie sciocchezze, ma io ricordi le sue.
E.

Caro E.,
lei che ne pensa?
Riccarda

Caro E.,
onesto e birichino. Sospetto che non te ne freghi molto di cosa pensa lei 🙂
Nick

Chiudi gli occhi please!

Cara Riccarda, caro Nickname,
più che la dannazione di ricordare tutto, ho avuto la colpa di non volere vedere quando le cose le avevo proprio sotto agli occhi.
L.

Cara L.,
anche chiudere gli occhi è una specie di oblio momentaneo. Si oscura, si caccia in disparte il fastidio, sarebbe più facile dimenticare, ma non è così. I dettagli che, malgrado la nostra determinazione a cancellare, non vogliono essere scordati, continuano a riproporsi finché siamo costretti ad accendere la luce.
Riccarda

Cara L.,
non la definirei una colpa, ma una scelta. Ogni scelta, anche quella di chiudere gli occhi, porta delle conseguenze. Questa è responsabilità, non colpa.
Nick

Potete scrivere a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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