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Anch’io (come tutto il mondo occidentale) la scorsa settimana mi sono fermato e ho ascoltato “DONDA”, il nuovo capolavoro dell’autoproclamatosi GENIO Kanye West.
Che dire?
Una cosa così non succedeva dal giugno del 1967, da quella settimana in cui tutto il mondo si fermò per Sgt. Pepper.
Che aggiungere?
Gesù.
Perché?
Perché nemmeno in tutti i miei anni di catechismo ho sentito così tante volte il buon nome di ‘sto Gesù come in quelle due ore di CAPOLAVORO firmato Kanye West o come si fa chiamare adesso.
Si può quindi dedurre che “Donda” sia un gran bel disco o – meglio ancora – un capolavoro?
Boh, non lo so.
Perché?
Perché non sono riuscito ad ascoltarlo per intero.
Mi dispiace ma dopo “Jesus Lord” – pezzo che è già un classico della musica mondiale e che penso verrà mandato a breve in orbita dentro una chiavetta usb al prossimo volo spaziale marchiato Elon Musk – ho spento.
Niente di personale, niente contro Gesù (anche se ho purtroppo il vizio di bestemmiare spesso senza rendermene conto), niente contro i dischi che durano due ore.
Semplicemente: mi è venuta sete e allora sono uscito un secondo ad acquistare una bottiglia di vino.
Ed è stata quella la vera rivelazione perché poco dopo aver aperto la bottiglia, sorseggiando ciò che qualcuno chiamò “il mio sangue”, ho realizzato che la vita è troppo breve per farmi raccontare di Gesù e di divorzi e di lutti familiari da un annoiato miliardario – mi si passi la volgarità – del cazzo.
E questo mica perché – ci tengo proprio a precisare – io abbia di meglio da fare, anzi.
Anche se poi mi pare di ricordare che, bevendo il vino, ho pensato per svariati e persistenti istanti che avrei voluto dare fuoco a ogni miliardario sulla faccia della terra risparmiando giusto Paul McCartney, non so perché: bevevo vino rosso e sono fatti miei.
Probabilmente sono uno stronzo e il mio è solo odio di classe ma per me l’odio è sempre un sentimento più che di classe, elegante oserei dire.
Soprattutto se generato da un riccone rimbambito che nel tempo libero si abbuffa da McDonald’s.
Comunque gli auguro buona salute (cit.) e spero vivamente che al prossimo giro il nostro eroe si ricandidi alla presidenza magari vincendo perché: è proprio quel di cui ha bisogno – e che soprattutto si merita – il suo Grande Paese.
Buona settimana e speriamo bene.

Fuckhead (Test Dept, 1986)

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Radio Strike


Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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