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Il chiasso vergognoso, sempre più stupido, sempre più insulso che da anni contraddistingue le campagne elettorali, ha raggiunto il diapason del rumore più molesto, assai simile, anzi quasi eguale, a quello dei bambini quando in casa sbattono due coperchi e a quel frastuono, beati loro, si esaltano, per cui appare del tutto fruibile la definizione coniata da tempo a proposito di colore che parlano, parlano e parlano senza saper che cavolo dicono, ecco per loro si dice in dialetto che sono dei “ciocapiat”.
La battaglia televisiva (e sulle piazze) dei nostri moderni ciocapiat, i quali si insultano a vicenda, urlando che bisogna cambiare senza poi chiarire che cosa, chi e come cambiare , la battaglia, dicevo, ha superato ogni peggiore previsione quando lo scontro uterino è avvenuto direttamente tra Berlusconi e Grillo, due pregiudicati che non possono entrare in Parlamento, ai quali il nostro strano Paese, contraddistinto da una società disattenta e qualunquista, ha concesso il privilegio di rappresentare la cultura politica italiana. Uno spettacolo indecoroso che dovrebbe essere vietato, come nei film a luci rosse, ai minori ancora da educare.
Il terribile è che, comunque, è da questa gente, che, a meno di un miracolo, in parte siamo e saremo governati. Che cosa dobbiamo aspettarci? Quali ideologie sociali li animano. Non si sa, non ce lo dicono semplicemente perché non lo sanno nemmeno loro. Gli esempi dimostrativi sono molti, a partire da uno, abbastanza clamoroso, ma del tutto non sottolineato da alcuno, che riguarda la candidata sindaco dentro alle mura estensi, candidata grillina. Si chiama Morghen, mi pare, quella che ha detto, senza sapere nulla in merito, ha detto basta grandi mostre a palazzo dei Diamanti, quelle mostre, che portano in città migliaia e migliaia di turisti, i quali affollano alberghi, ristoranti e bar, non dimenticando che le grandi mostre sono nate a Ferrara grazie all’intuizione e al coraggio di Franco Farina, mai abbastanza lodato, quindi la prima città italiana a inaugurare questo importante capitolo della cultura europea dovrebbe privarsi del suo fiore all’occhiello. Lo disse la candidata, la quale, tanto per essere precisi, ha un background politico di assoluto prestigio: la ragazza, infatti, ha confessato orgogliosamente di avere sempre respirato aria di estrema destra. Personalmente la cosa non mi tranquillizza affatto, ma non tanto perché la candidata ha simpatie fasciste, quanto perché il suo movimento l’ha scelta: la campionessa dei Quattro stelle (ho tolto una stella perché cinque mi sembrano invero troppe) dunque è questa e, allora, dobbiamo credere che tutti i suoi sostenitori sono di estrema destra? Non credo, ma tant’è, questa sembra la realtà politica, il forte substrato sociale da cui trae linfa e vita è un pensiero che al Paese ha portato guerre, lutti e ingiustizie, un pensiero che la storia si è incaricata di bocciare per sempre. Bene!

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Gian Pietro Testa


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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