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Giù la maschera degli imbonitori: ecco il programma della città che vogliamo.

La città che vogliamo ha le scuole aperte tutto l’anno, anche d’estate, e tutto il giorno, anche di pomeriggio. I ragazzi non vengono più risucchiati nell’imbuto della solitudine digitale perché nella scuola, terminate le lezioni, sono accolti, socializzano tra pari, trovano una sponda nello studio, praticano gratuitamente attività sportive, ricreative e culturali.

Quando i genitori finiscono di lavorare, si torna a casa assieme.
Ognuno fa il suo mestiere. Le istituzioni assicurano servizi e welfare, come dovrebbero. I genitori lavorano e fanno i genitori, e sulle donne non grava più il peso defaticante del welfare famigliare che le sfianca e, oltretutto, le discrimina. Più servizi, più Fil, più occupazione femminile, più Pil, che alla fine è quello che (solo) pare contare nei report. Si corre perfino il rischio che cresca la natalità e che si alzi di qualche grado la temperatura del gelo demografico in cui siamo sprofondati da tempo ormai.

La città che vogliamo ha cacciato maghi, illusionisti e imbonitori. Con un profluvio anestetico di volute roboanti e di eventi spettacolari hanno dato esibizione della propria grandezza muscolare, dietro cui però c’è il nulla se non il tentativo goffo di nascondere gli olezzi che provengono delle stanze del palazzo del potere, usando la leva della distrazione di massa. Ma le maschere sono cadute, finalmente.

La città che vogliamo mette al centro i Quartieri, la partecipazione e valorizza il proprio tessuto sociale, composto da associazioni, piccole attività imprenditoriali, artigianali e culturali. Le ascolta, le incontra, si cresce assieme. Di certo non le spegne con la scusa del decoro, come invece succede oggi.

I Quartieri, oggi dimenticati, saranno il cuore di questa città.
In ogni quartiere ci saranno assemblee periodiche aperte ai cittadini, e parteciperanno anche gli amministratori per un confronto continuo che non si chiuda una volta archiviata la propaganda elettorale. Oggi a Ferrara non c’è più uno spazio pubblico dove incontrarsi per parlare, per conoscersi.

In ogni quartiere ci sarà anche un Consiglio dei Ragazzi, i cittadini del futuro e del presente, che con le loro idee potranno essere di grande stimolo per migliorare la città, intanto che imparano le regole della democrazia e della partecipazione.

Nella città che vogliamo il sindaco continuerà, nell’interesse dei minori, a trascrivere i certificati di nascita, nell’attesa di una legge nazionale che garantisca il riconoscimento dei figli di tutte le coppie omogenitoriali.

La città che vogliamo accoglierà gli immigrati come cittadini di serie A, perché sono cittadini di serie A, e di cui tra l’altro c’è anche un gran bisogno, e non li andrà certo a cercare in singolari battute di caccia indegne di un paese civile.

In onore di tutte le donne coraggiose e contro qualsiasi discriminazione, la fermata dell’autobus di fronte al Castello di Ferrara sarà la “Fermata Rosa Parks”.

Se vi piace il nostro programma, condividetelo, passate parola.

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Claudia Zamorani

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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