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Ogni giorno a rovistare nei giornali alla ricerca di qualche notizia, nella speranza che qualcosa sia cambiato, che si stia muovendo, perché manca poco, accidenti. Notizia che però non si trova mai, nessun cenno del disgelamento del ghiaccio, al dipanarsi della matassa. Come è possibile? Mancano solo 7 mesi per decidere se sarà un deja vu o una nuova visione di città: diversa da quello che c’è adesso, diversa anche da quello che c’era prima.

Domenica, dall’altra parte, serrano i ranghi, lo avete sentito? Hanno le assise e all’ordine del giorno anche il destino dei prossimi cinque anni qua a Ferrara, con collegamento con la premier, soprattutto, con le idee molto chiare.

Ci si immagina perciò dall’altra parte una tensione altrettanto grande, anzi di più considerato lo scarto da recuperare. Del resto Ferrara si è svegliata dall’indifferenza, i cittadini si sono autoconvocati e hanno portato avanti delle battaglie importanti in nome del bene comune e contro il prevalere dell’interesse particolare di certe lobby intrecciate al potere.

La società civile ha dato segno di grande maturità in questi mesi, grinta da vendere, idee molto chiare, fino ad arrivare a indicare una via ai partiti, che invece sono gli unici a non dare segni vitali, che vadano oltre la superficie e a un certo modo di fare politica vecchio e superato e che non vogliamo vedere più. I cittadini hanno dimostrato di essere molto più avanti dei partiti, lo capite? Siete rimasti indietro.

Cari partiti ma cosa state aspettando, si può sapere? Quanto tempo ancora dovremo leggere febbrilmente tutte le cronache locali per cogliere qualche vostro segnale?

Ve lo dobbiamo dire: ci sentiamo un po’ delusi e presi in giro. Perché sul fronte del 9 giugno ci sembra la stiate prendendo un po’ troppo sotto gamba. Oggi ci giochiamo il destino dei prossimi cinque anni, lo avete capito?
Ma la domanda più importante è questa: pensate di potere vincere il 9 giugno o l’avete già data persa? Perché, ve lo diciamo con sincerità, sembrerebbe proprio di no, che non ci crediate neanche voi: da quello che fate (e non fate), dalla flemma che ci state mettendo (un anno per scrivere un programma, che ancora non c’è), dal giochetto di dire di volere un candidato civico solo per sembrare più disponibili e democratici, candidato che però vi scegliete voi, da soli, senza ascoltare la voce di noi cittadini.

Una via vi è stata indicata. Mettersi tutti intorno a un tavolo, partiti e società civile, per fare (in tempi stretti) un programma davvero condiviso e scegliere un candidato che davvero lo rappresenti. Quanto dobbiamo aspettare ancora? Lo capite che, senza di noi, non si vince?

Noi siamo pronti. Voi?

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Claudia Zamorani

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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