Gian Carlo Suar a differenza degli altri suoi coetanei ci racconta non un episodio della sua vita ma, in un breve testo,  quasi un intero secolo della sua famiglia.

Gian Carlo Suar

L’esperienza di Gian Carlo parte dalle origini della sua famiglia in Francia, l’immigrazione sulla costa maremmana del Tirreno, la precarietà delle condizioni di nascituro, quando la natalità infantile era affidata quasi sempre alla fortuna.Non manca il passaggio attraverso la guerra, la solidarietà patriottica del padre con i partigiani e la messa a disposizione delle sue conoscenze professionali per una nobile causa, inoltre la scuola e la laurea, la professione e il  trasferimento a Ferrara con la Solvay.
Come il padre, mette a disposizione la sua professionalità e le sue competenze, acquisite nell’attività lavorativa presso la Solvay, colloquiando con il famoso oncologo Cesare Maltoni per una missione superiore finalizzata a “fare in modo che l’uomo non venga a contatto con quelle sostanze che provocano mutazioni nel DNA e favoriscono la trasformazione neoplastica delle cellule”.

Dalla “Maremma amara” alla Solvay a Ferrara, fino al rapporto con l’oncologo Cesare Maltoni

di Gian Carlo Suar

Sono nato al mare di Maremma, in provincia di Grosseto.

La levatrice, Quinta, non si sbrigava, attraversò la malaria, da Gavorrano, un grosso paese a una decina di chilometri sull’entroterra, pur di prendermi in tempo per il parto.

Li vicino c’era la casa del ferrarese Italo Balbo, già gerarca fascista …  lui impegnato in imprese aeree, io impegnato nell’impresa di nascere. Si, perché ho quattro fratelli che non ce l’hanno fatta a nascere o a sopravvivere, … ai miei tempi, la Maremma era amara veramente.

Mio babbo costruì una veranda in casa per non fare entrare il mare in cucina. Ora la baracca non c’è più, ma io non ci voglio più andare là perché non riesco più a capire i cambiamenti, … 94 anni, quasi 95 sono tanti.

Durante la guerra, io avevo 10 – 15 anni, mia madre faceva la maestra nel rifugio ai bambini del luogo.

C’erano quelli ai quali  insegnava la prima e a chi la quinta, nessuno imparava niente ma tutti stavamo volentieri con lei, anche perché o si stava con lei o si stava con le bombe.

Mio padre era laureato in Chimica, ma fece poi degli esami di Farmacopea perché, con i partigiani di Massa Marittima, espropriò una farmacia e s’inventò mille chinini contro malaria, carbonchio, febbri maltesi, per curare le schegge di guerra, per sterilizzare il latte per i neonati orfani. Da vivo, per questo suo impegno, non lo ringraziò nessuno, solo i contadini che ci portavano il cacio pecorino e il burro appena fatto.

Da morto, gli dedicarono una targa e tanti complimenti alla vedova.

Il mio bisnonno era un trovatello, fu rinvenuto di sera sul litorale di Tolone  in Francia e pertanto gli fu assegnato Soir, come cognome.

Più tardi diventò emigrante, attraversò il Tirreno, non so con quale povera barca, e approdò dapprima in Corsica e poi a Castiglione della Pescaia, da noi detta “Castiglioni”.

Ora io mi chiamo Suar, ma in origine mi chiamavo Soir, … nel ventennio italianizzavano tutto, pure i cognomi.

Ero un buon calciatore, mi prese la Roma per la formazione Primavera … stavo ancora in panchina quando il babbo mi riportò a casa perché dovevo studiare.

E infatti studiai, con profitto, all’Università di Pisa.

Di giorno, facevo la campagna zuccheri a Cecina dove  andavo col Postale, di sera, masticavo libroni grazie ad un lume a petrolio e poi cantavo in un’orchestrina di amici, alle rotonde sul mare.

Laureato in Chimica industriale, diventai ufficiale di aviazione e l’avrei fatto di mestiere, ma partecipai ad un concorso in Solvay, … speravamo in famiglia che io andassi nella sede di Rosignano, vicino a casa, invece  arrivai secondo e così fui destinato a Ferrara.

Trovai molti amici nell’allora Montedison: ricordo ad esempio Mimmo Ursino, Giorgio Agostini, pure lui delle mie parti, di Orbetello e soprattutto Nino Rosa, il mio migliore amico.

Quante partite della Spal abbiamo visto insieme e quanta solidarietà fra noi e fra le nostre famiglie. È mancato troppo presto Nino, sento che non c’è, era assai buono d’animo.

In azienda feci carriera, forse anche perché conosco il Francese come l’Italiano: mi mandavano sempre a Bruxelles, ma un po’ litigai con i miei capi.

Sull’impianto, alcuni si lavavano le mani con il cloruro di vinile, monomero usato per la produzione del PVC, che si rivelò tossico, con gravi danni per la salute.

Io non ero d’accordo, impedivo più che potevo questa pratica pericolosa, inviai di nascosto alcuni fax con dei dati importanti al dottor Cesare Maltoni, medico romagnolo, che faceva ricerche sull’effetto negativo sulla salute di tale composto chimico.

Cesare Maltoni, (Oncologo italiano di fama mondiale, uno dei pionieri degli studi sulla cancerogenesi ambientale e industriale, fautore della prevenzione primaria, ossia fare in modo che l’uomo non venga a contatto con quelle sostanze che provocano mutazioni nel DNA e favoriscono la trasformazione neoplastica delle cellule) scoprì che il cloruro di vinile monomero era cancerogeno, fu molto bravo.

Ci incontrammo una volta, sempre in segreto.  Rifarei tutto.

Cover: petrolchinico ferrara, archivio Cgil